Una modella chiamata Cervino
Una modella chiamata Cervino Una modella chiamata Cervino Laura e Giorgio Aliprandi Anton Garden IL CERVINO E LE SUE STAMPE Friuli e Verlucca, Ivrea . 203 pagine, 27.500 lire ARRIVATO sul Colle del Teodulo nel 1789, Horace-Bénédict de Saussure si trovò davanti la roccia del Cervino, «un obelisco», annotò nel suo diario, «di pietra triangolare che sembra tagliato con le forbici». Benché colpito dalla bellezza e dall'interesse geologico della montagna, Saussure non ci lasciò nessuna immagine di quelle pareti che fino allora avevano popolato le leggende delle vallate. Dovevano passare trent'anni prima che il pittore" J. J. Meyer, durante una sua visita a Zermatt, ne diffondesse il profilo misterioso e terribile. Ma anche i decenni seguenti, che pure videro l'intensissima produzione di album e di images volantes a servizio della propaganda turistica svizzera e più tardi italiana, non ci presentano che un'iconografia scarna ed episodica. Deserti e poco ospitali i luoghi, impervia e inaccessibile la vetta, il Cervino doveva restare fino al 1840 quasi del tutto ignorato da alpinisti e viaggiatori. Lo confermano gli storici della montagna e ora lo testimonia l'attenta e meticolosa ricerca - < < < « . t < < 1 - sulle vecchie stampe com-, piuta, per il versante del Breuil e del Vallese, da Laura e Giorgio Aliprandi e Anton Gattlen. Sono i paesisti tardo romantici di scuola svizzera — Hegi, Dikenmann, Buhlmann — a offrirci le prime incantate visioni. Nell'ambito di un'operazione culturale che aveva il fine di invogliare al viaggio diffondendo le irnmagini più accattivanti, i loro acquarelli, che poi venivano riprodotti in centinaia di copie dalle lastre incise, propongono rappresentazioni che attenuano le durezze del paesaggio, esibendo vasti panorami dalle tinte tenui e luminose.'' Diversa, invece, l'ottica delle prime puntuali ricognizioni, quella dell'ufficiale tedesco C. M. Engelhardt per esempio, che tendono, e siamo già verso la metà del secolo, a precisare la topografia e la toponomastica delle varie cime, o dello scienziato J. D. Forbes, un pioniere che negli stessi anni con Travels iìirough theAlps ofSavoy fa conoscere al gran pubblico la complessa vite dei ghiacciai, aprendo la stradar ad una schiera di inglesi che cominciano a prendere confidenza con il Cervino. Mentre al Breuil (la prima stampa della località porta la data 1851) salgono solo pastori, per Zermatt il giorno del decollo è vicino: l'Hotel du Mont Cervin apre con quat¬ tordici letti nel 1852 e quattro anni dopo ne conta già cinquantasei. Di questo decisivo momento della montagna le stampe sono una documentazione illuminante: l'attenzione degli autori non è più infatti rivolta al paesaggio o alla grande roccia, ma si accentra significativamente sulle prime attrezzature turistiche che dominano gli antichi rascards. Si infittiscono le guide, riviste nei testi e arricchite di panorami circolari, e tutto è pronto per la gloria e la tragedia di Edward Whymper, che del fatidico 14 luglio 1865 ci ha lasciato degli schizzi troppo noti perché siano esenti oggi dal rischio della retorica. I capitoli che seguono, fino alle soglie della fotografia e ai manifesti pubblicitari, che relegano il Cervino al ruolo di oggetto, non presentano sorprese, tranne alcuni scarti di gusto popolare nella rada produzione italiana. Costretti dalla convenzionalità figurativa del tema a schemi pressoché obbligati, pochi artisti hanno trovato un margine qualsiasi di libertà. Dobbiamo rifarci alla sontuosità cromatica di Walton, al realismo di Dorè, al nitore di Ruskin, se almeno hi qualche occasione vogliamo passare dal terreno della storia e del costume a quello dell'estetica. Domenico Astengo
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