Dolci: tra i limoni dell'utopia

Dolci: tra i limoni dell'utopia A colloquio col «profeta» scrittóre che pubblica i versi scritti in tfenfanni Dolci: tra i limoni dell'utopia MILANO — «Chiude il Centro Educativo di Partinico. Danilo Dolci licenzia i dipendenti». «Un esibizionista-, vola in Svezia: doveva pagare ai collaboratori gli arretrati». Con questi titoli, i giornali nel maggio dèi "77 proponevano improvvisamente un'immagine ambigua di quello che era spesso stato definito «l'apostolo della Sicilia». Ma Dolci non si scompose, e dal Centro di Mirto non piovvero smentite e indignate proteste, la verità venne poi fuori da sola, senza clamore. Danilo Dolci si era recato a Tubinga, a trovare Ernst Bloch malato, dopo aver appena appreso, quasi casualmente, che. da tempo lo studioso tedesco era un finanziatore del Centro, e aveva poi proseguito per la Svezia, dove doveva incontrare un collaboratore: il Centro di Mirto non chiudeva, nessuno se ne andava né era licenziato. Abituato a essere al centro di battaglie e polemiche, Dolci si è spesso trovato coinvolto in titoli a sensazione sui quotidiani, per esempio quando nel '58 fu arrestato per aver partecipato a una manifestazione dei disoccupati di Partinico, o quando fu denunciato per pubblicazione immorale a causa di un episodio narrato nel suo libro Inchiesta a Pdtermo (Einaudi, 1957). Ogni tanto il suo costante lavoro a Partinico, dove nel 1959 fondò un Centro di Studi e iniziative, ottiene dei risultati clamorosi, come la diga che fu costruita dal 1963 al 1970 dopo anni di battaglie di Dolci e dei contadini locali. Grazie a questa diga 9000 ettari di terreno hanno finalmente l'acqua, e l'economia di una zona sta radicalmente mutando, assieme alla sua struttura sociale. Ma fra un episodio da prima pagina e l'altro, l'attività intensa e capillare non si interrompe: oggi Dolci continua a lavorare a Mirto, un terreno'a dieci minuti da Partinico dove è sorto un Centro per l'infanzia. Un anfiteatro, un mulino, casette di legno formano il piccolo complesso che ogni giorno accoglie decine di bambini della zona. Imparano a guardare e a fare, a conoscere e a conoscersi, e ogni sera riportano al paese la loro esperienza per riviverla con gli adulti. Sulla creazione, le vicende e le difficoltà incontrate da questa iniziativa sta per uscire per le edizioni Stampatori n ponte screpolato di Danilo uolci. Ma io stesso Danilo Dolci che insegna, educa, e combatte per la sua Partinico è anche un narratore e un poeta: nel '63 Einaudi pubblicò i suoi Racconti Siciliani e in questi giorni esce da Feltrinelli una raccolta delle sue poesie, Creatura dì creature. 1949-1978, con una prefazione di Mario Luzi e una nota di Andrea Zanzotto, che riunisce varie opere precedenti. — Come mai, Dolci, ha sentito il bisogno di racchiudere in un libro trent'anni di lavoro poetico? «Ricevevo in questi anni molte lettere di giovani, studenti che mi parlavano delle mie poesie trovate, lette su antologie di scuola, su altri miei precedenti libri. Ma il più delle volte queste poesie le avevo rielaborate, riscritte, erano diventate qualcosa di più ricco e definitivo. Cosi ho deciso, quattro o cinque anni fa, di risistemare tutti quei versi che ero anòdici scrivendo dal quarantanove ad oggi». — Allora questo - libre si può leggere come un diario parallelo dei suoi anni di battaglie e impegno civile? «Non vorrei assolutamente che si pensasse a una sociologia in versi. In realtà, dopo aver scritto poesie da ragazzo, quando sono andato in, Sicilia ho smesso perché lo sentivo come un lusso, mi sembrava che il problema più urgente e reale fosse quello di insegnare loro ad esprimersi, alle persone con cui entravo in contatto. La poesiamiè tornata necessaria quando ho capito che era una forma di comunicazione, una voglia di esprimermi nella quale c'era posto anche per le parole degli altri. Per esempio, Il limone lunare ('68-'69) è nata per la nostra radio, Radio Città Terrestre: l'ho letta ai microfoni perché la gente di Partinico la sentisse e poi intervenisse sui problemi intrecciali nei versi». In Non esiste il silenzio (Einaudi 1974) Dolci aveva raccolto col registratore i discorsi dei contadini siciliani, senza però catturarne la «voce», come sottolineò Pasolini in una sua nota su «Tempo», sostituendo al nastro magnetico se stesso e la sua sensibilità. Nei suoi versi è riuscito invece a restituire in modo più completo questa foresta di voci. «Ho sempre cercato di fare una poesia che potesse essere detta e ascoltata anche da gente che non sapesse leggeree scrivere. E'possibile che arrivi più facilmente all'orecchio di quanti hanno esperienza di questa vita che non di quanti si pongano a leggerla «a tavolino». Nel libro non è raro trovare, mescolate alle mie, versi, frasi di altre persone, che ho lasciato in corsivo e che sono come un nutrimento reciproco». — Quali sono i temi essenziali di questi trent'anni di poesia? «Sono due: il desiderio di far capire che il mondo è una sola città, e i continenti sono i suoi quartieri. Ma gli uomini non se ne accorgono, sono presuntuosi, e allora abbiamo una città-aborto. L'uomo è incorreggibilmente presuntuoso, per dire di qualcuno che è mite, compassionevole usa il termine «umano». Ma l'uomo è tutto fuorché umano, non c'è animale che semini più morte di lui, che distrugga come lui «L'uomo non ha fantasia: basta uscire con dei ragazzi e andare per un prato a vedere i fiori per constatare le infinite variazioni della loro architettura. Nessuna città, Chicago, Tokyo, ha un piano urbanistico altrettanto complesso e fantasioso. Se l'uomo riuscisse a guardare quello che lo circonda, potrebbe imparare ad agire con un progetto, una "visione", e sprecherebbe meno se stesso». Lo spreco è il titolo di un libro che Dolci ha interamente dedicato a questo problema nel 1960; lo spreco inteso non solo come fatto materiale, ma come problema culturale: è spreco arare la terrà con l'aratro a chiodo, ma anche la credenza nel malocchio, nelle fatture, è spreco. «Il secondo tema è il tentativo di instaurare un rapporto tra le singole creature, io cerco di cogliere i momenti che legano creatura a creatura cos'è il mondo se non una creatura di creature. Troppa gente pensa di finire dove finiscono i propri peli». '■ — Da quanto ha detto finora non viene fuori l'importanza che ha per lei la scrittura. •Ogni parola che ho usato] io l'ho vista nei suoi duemila anni di storia per me è molto importante il fatto ritmico, l'improvvisazione, la musicalità. Ma poi ci lavoro sopra Certe volte, posso essere in macchina con mio figlio, mi trovo in mente un verso, magari non lo capisco, allora lo lascio li, non cerco di chiarirmelo, è lui dopo un po' a' rendersi chiaro, a collegarsi con altre cose che ho pensato o scritto. Non accetto mai l'i¬ dea della "scagliuzza", guai a quella briciola che non si rende conto di far parte di un meccanismo più complesso, va incontro ad un fastidio cosmico. Ali'Ermitage c'è un piccolo quadro di Leonardo, dove il Bambino, in braccio alla Madre, tiene lo sguardo fisso su un fiore. Il suo sguardo dimostra che lo sapeva vedere con l'intensità di chi sa di poter diventare Cristo». — E' importante come si guardano le cose. •Adulti e bambini non è proprio detto che sappiano vedere, e pensare che il loro modo di esistere è frutto proprio di questa relazione fra sé e il mondo. Quanti non guarderebbero per due ore un gabbiano solo perché pensano di perder tempo e non produrre». E Danilo Dolci due ore a contemplare i voli dei gabbiani non se le nega, e riesce a farlo, pur preso com'è tra il Centro Studi di Mirto, le sue esperienze educative in America e in Russia, perché, come ha detto: •Fiumi di energia ci si sperdono intorno, visibili e invisibili mentre svagati fatichiamo per inventarci nuove vele e nuovi timoni a interpretare correnti ci urge nuova utopia, inesauribile». Nico Orango «Il mondò è una sola città, ma l'uomo ancora non lo capisce. Agendo senza un progetto ci sprechiamo Cerco ui cogliere i momenti che legano creatura a creatura. Mentre svagati fatichiamo a inventarci nuove vele e nuovi timoni, a interpretare correnti, ci urge nuova utopia, inesauribile» Danilo Dolci a Partinico