Soriano: la pampa è il mare di Osvaldo Soriano

Soriano: la pampa è il mare Incontro con l'autore di «Triste, solitario y final» Soriano: la pampa è il mare TORINO — Sulla soglia di un albergo schiacciato fra la stazione e il ristorante cinese, Osvaldo Soriano sta in attesa del suo libro, Mai più pene né oblio. Sapendo che sarebbe uscito in questi giorni da Einaudi, è ; partito da Parigi con la naturalezza di chi da tre anni viaggia clandestino, scrittore solitario che spia la nascita del suo romanzo in una città grigia e piatta. L'antico goleador, che un tempo inventava le reti col fiuto, l'ex giornalista di box che adorava Sonny Liston e cercava nella breve corsa del pugno la stessa traiettoria del pallone, oggi è appesantito e più tenuamente colorato. Dopo aver bevuto tutta la «ginieyra» di Buenos Aires è arrivato alla sicurezza multinazionale della Coca Cola, a cui dedicherà un articolo su una rivista marxista. In Italia è uscito tempo fa il suo primo libro, Triste, solitario y final, storia californiana tra cinema e Chan-j dler. Mai più pene né oblio invece è una storia argentina, immersa nel peronismo, in quei peronismi contrapposti che al tempo del ritorno di Perón dilaniavano il paese. — Per lei che cosa ha significato il peronismo? «Da piccolo ero peronista. Ero l'unico della mia famiglia Perón è stato presidente fino ai miei dodici anni, e mi ricordo un episodio che può spiegare quale tipo di fascino esercitava su di me. Quando avevo nove anni la maestra della mia classe era antiperonista nessuno lo di¬ ceva ma tutti lo sapevano. Un giorno mi ha interrogato sul generale San Martin* e io .non avevo studiato. Per cavarmela dissi che l'unico personaggio grande come San Martin era Ferón. La maestra mi lanciò uno sguardo di puro odio, ma dovette darmi dieci Così ho scoperto che anche solo nominare Perón dava il potere. «Quando Perón è tornato, dopo l'esilio, riusciva in qualche modo a offrire qualche promessa a tutta la popolazione argentina dalla destra alla sinistra. Perciò più che peronisti o no si poteva essere peronisti di un tipo o dell'altro. Poi di fronte all'avanzata delle sinistre, Perón ha dovuto proteggere quella borghesia che l'aveva fatto tornare, e per i giovani di sinistra è arrivato il momento del discacco. Così anche io mi sono avviato alla qualifica di giornalista "indesiderabile". Sotto Perón significava solo che era meglio se mi occupavo di sport, mentre con Videla è diventale, una condanna a morte e alla prigione Per questo un giorno sono partilo per andare a seguire un match di Monzon e non sono più tornato». - Abbandonata la redazione di L'opinion e di El cronista, .Soriano ha vissuto triste-, mente per un anno e mezzo ,a Bruxelles, rimpiangendo le notti di Buenos Aires, coi negozi sempre aperti e i tram che non si fermano, e poi ha trovato un ambiente più accogliente a Parigi, dove vive a duecento metri dalle spoglie di BalzaC, sepolto al Pére Lachaise. -— Com'è nato Mai più pene né obliò? «C'è uno spunto reale, una cosa successa a Cordova, dove il commissario di polizia ha arrestato il governatore della città accusandolo di essere antiperonista mentre la verità è che questo commissario era sempre stato un avversario di Perón, e il governatore un suo fedele. Per rendere più evidente l'assurdità, la malafede di queste lotte politiche ho trasferito l'episodio in un piccolo paese dove tutti si conoscono da sempre, e si sa benissimo chi è comunista, chi di destra chi peronista puro. Perciò quando il commissario del mio romanzo dice al sindaco "tu sei un infiltrato", sapendo benissimo che non è vero, è come se gli dicesse: "Tu sei un greco"». Questo termine «infiltrato», che è un po' la chiave di tutto il romanzo, ha per Soriano anche un significato parallelo, che, forse inconsciamente, lo ha guidato durante la stesura. Ha cominciato a scrivere dopo aver letto una diagnosi medica in cui si diceva che il cancro si era «infiltrato» nel corpo di suo padre, e l'ha portato avanti notte dopo notte mentre lo assisteva, concludendolo contemporaneamente alla morte del padre. Cosi il peronismo diventa un polipo che si infiltra nelle menti del paese, dapprima ambiguo e poi sicuramente mortale, come dimostra l'avvento di Videla. — Nel primo romanzo il cinema era un protagonista. In questo è presente invece come tecnica: le immagini, gli stacchi, le sequenze sono quelle di un film. Cosa significa per lei, il cinema? «E' l'arte che comprende tutte le altre, l'unica in cui possono unirsi letteratura, pittura musica. E' l'arte completa Ma deve comunque restare soprattutto immagine: a me piacciono i film con dieci parole, come quelli di Bresson». — E il linguaggio? «Sul linguaggio, la scrittura mi ha molto colpito una cosa clie mi ha detto Arpino, un po'in contraddizione con quello che penso io del cinema: che la scrittura recupera anche il cinema, perché può raccontarlo e andare al di là. Quando scrivo cerco di essere essenziale: prendo una penna e cancello tutte le frasi che non sono indispensabili tanto so che comunque il lettore deve metterci molto di suo, quando legge. Ogni tanto provo a fare lo stesso con Borges: lo leggo con una penna in mano, e provo a cambiare una parola, a togliere una virgola. Impossibile, Borges è sempre perfetto. Pgenso che sia uno dei due più grandi autori di lingua castìgliana». — E l'altro cni èv «Non so. Certe volte penso che sia Onettx, altre volte Marquez, l'unica cosa di cui sono sicuro è che uno dei due è Borges». — Come si vive a Parigi? «Bene. Mi trovo bene perché è una gran città. Ho vissuto per tanti anni in campagna, e trovo che in città ci si sente molto meno soli Dicono che la solitudine cittadina sia la più tremenda, ma per me non è cosi La mia malinconia nella città trova affinità, compagnia». — Non sente nostalgia della pampa? «Moltissimo. Per un argentino la pampa è il punto di riferimento. La Francia è piena di mare, di montagne, e i francesi appena possono corrono verso la riviera, invece gli argentini guardano a questo paesaggio piatto dell'interno. Noi non ci fidiamo del mare. R mare è un trucco». — n suo prossimo libro? «R mio prossimo libro è ancora una storia ambientata a Colonia Vela, durante una grande festa del paese. Un cantante di tango e un boxeur alla fine della carriera si incontrano e..». Soriano si interrompe, si guarda intorno e annusa nell'aria e nella geometria di Torino qualcosa di Buenos Aires. E' già scomparso, per inseguire questa sensazione di casa e per cercare i luoghi di un romanzo che ha molto amato, La suora giovane di Giovanni Arpino. Nico Orango Catherine e Osvaldo Soriano (Foto Michea Nazzaro)