Il ragazzo ebreo in un nuovo mondo di Gabriella Poli
Il ragazzo ebreo in un nuovo mondo Dopo la fine del nazismo, il personaggio di Joffo cerca di dimenticare la tragedia di Auschwitz Il ragazzo ebreo in un nuovo mondo Joseph Joffo LE VETRINE ILLUMINATE Rizzoli, Milano 182 pagine, 5500 lire TERZA sortita letteraria per Joseph Joffo. Fino alla quarantina Parigi e la Francia conoscevano 11 suo nome come quello del grande parrucchiere conteso dalla jet society; dal '75 nel suo Paese e fuori si parla di lui come ò\el •fenomeno Joffo». La prima opera fu « Un sacchetto di biglie», quasi un'autobiografia: era la storia dell'incredibile sfida di due ragazzini ebrei (l'autore e suo fratello Maurice) alla Gestapo che li incalzava. Una sfida vittoriosa, dove il sasso di Davide al sinistro Golia era la malizia allegra dei due minuscoli, inermi nemici del terzo Reich. Romanzo felice, nasceva da ricordi covati per decenni e usciti allo scoperto sospinti da un'urgenza inconscia: far sapere che — forse —non capiterà mai più a un padre ebreo di dover mettere sulla strada i figli bambini perché cerchino la salvezza. Raccontare è un'esigenza liberatoria. Ma anche un vizio difficile da domare. L'anno dopo quel primo libro fortunato, Joffo diede alle stampe •Anna e la sua orchestra», saccheggiando le memorie della madre e degli zìi, rivivendo in un'arrischiata prima persona la fuga verso l'Europa, dalla nativa Ucraina, di una famiglia di contadini ebrei decimati dai pogroms. Scrivevamo giusto un anno fa, su queste colonne, che Anna non ci pareva un'opera riuscita, malgrado il consueto zampino del fedele Klctz (lo scrittore amico di Joffo) e malgrado alcune pagine ed episodi d'innegabile vigoria. Ed eccoci alla terza fatica di Joffo, che dal rimescono dei ricordi attinge stavolta il momento magico dello schiudersi della propria crisalide. La guerra è finita. In una Parigi livida, ancora spenta e intirizzita, percorsa da truppe americane e da brividi di rinascita, il reduce quattordicenne Jo vuole avere una sua parte, «e non piccola», nel mondo che ricomincia. Mezzo Gavroche e mezzo d'Artagnan, il ragazzino ebreo ha in corpo una maledetta voglia di dimenticare e di •vedere' in grande». Macché salone di parrucchiere, dove il vuoto lasciato dal padre morto ad Auschwitz getta una lunga ombra angosciosa; macché la povertà di porta Clignancourt; macché studiare cose che non servono a niente. America, America: quella è la meta. . Insofferente della disciplina a cui il fratello maggiore lo richiama, Jo con i suoi inseparabili amici, Franck (che è Franck e basta, dio a «baby-foot» e a pulci) e Jeannot, lo zingaro dagli occhi di fuoco che mantiene madre e fratelli con un lavoro faticoso e spacca-polmoni, si butta nella borsa nera. Una borsa nera a misura di poveracci, quel tanto che gli serva a comprare il corredo per la boxe fantasticando trionfi, ricchezze ìnaudite,~defmito distacco dal ghetto decimato e bambole in lamé come al cinema. Le pagine del chewing-gum, di quella scivolata sul ghiaccio con la preziosa merce pericolante sul carretto; le pagine dello scontro con la banda rivale, delle coperte militari precariamente ritinte, del viaggio in autostop con il gran negro e seimila scarpe di contrabbando, sono tra le più divertenti del libro, che lievita con la letizia tra il tifo per il calcio e l'ubriacatura del ring; tra l'azzeccata figuretta del soldatino di Brooklyn, il primo fugace incontro d'amore, il possente respiro di Libertà assaporato nell'accampamento marsigliese di Béro, zingaro immortale. La fiammata di Jo finisce qui. Si spegne, nella calda estate del '46, con l'esame che non voleva affrontare, il certificato di studi che non voleva prendere, il salone di parrucchiere che appena pochi mesi prima gii dava il voltastomaco e adesso rappresenta il suo futuro. Addio ring, addio baby-foot; addio magia di un falò che divampa nella notte mentre •il vento di miseria e di libertà» degli zingari porta via le note di una chitarra. Se io fossi Klotz, l'influente amico di Joffo, gli suggerirei di chiudere con •Le vetrine illuminate» la sua esperienza di scrittore memorialista. C'è già, in questo libro, qualcosa di forzato e di pletorico, un ricorso talvolta gratuito alla fantasia E c'è qualche nota falsa che rischia di soffocare la genuina spontaneità di quel lontano, mitico Jo. Gabriella Poli
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