Anche le battaglie dei giornali hanno fatto il Risorgimento

Anche le battaglie dei giornali hanno fatto il Risorgimento L'evoluzione della stampa in uno studio di Galante Garrone e Della Peruta Anche le battaglie dei giornali hanno fatto il Risorgimento A Galante Garrone F: Della Peruta LA STAMPA ITALIANA DEL RISORGIMENTO Laterza, Bari pagine 604, lire 14.000 CHE il Risorgimento, nelle sue varie fasi, dai prodromi all'unità, sia figlio dell'Illuminismo, attraverso i regimi francesi, repubblicano e imperiale, è verità acquisita, e confermata da ogni nuovo e più approfondito esame. Egualmente noto e studiato, l'apporto che a tale processo evolutivo è stato dato dai giornali e dai giornalisti, sull'esempio lontano del Caffè di Pietro Verri. Una parola definitiva, che rielabora assume e conclude gli studi in materia, è offerta da questo nuovo volume della Storia della Stampa Italiana, diretta da Valerio Castronovo e Nicola Tram" a glia, assai ricco anche di apparati bibliografici. La prima parte, curata da A Galante Garrone, disegna lo stento paesaggio iniziale e il lento e sempre più rigoglioso rifiorire della stampa in Italia durante la Restaurazione, negli anni in cui, dopo la caduta di Napoleone, più pesante si fa sentire il braccio armato della Santa Alleanza sui vari stati della penisola. All'inizio, nel regno austriaco del Lombardo-Veneto, maggiore erede del crollato sistema francese, persiste l'espressione deteriore di tale sistema: la stampa asservita al governo che, sotto la finzione di un giornalismo letterario, fa propaganda politica e combatte ogni tentativo di risorgente liberalismo. E' noto il tentativo che l'Austria fece di arruolare per un progetto del genere il Foscolo, che preferì l'esilio, così come è noto che viceversa un simile tentativo riuscì, nel '16, al governatore austriaco di Milano, legando al suo disegno Giuseppe Acerbi e la Biblioteca Italiana, tranello letterario in cui caddero dapprima il Giordani, il Monti, il Pindemonte e altri ancora. La polemica fra classici e romantici, le idee mutuate dalla Francia e dalla Svizzera, dalla Staèl, da Sismondi, da Pellegrino Rossi, dovevano servire* di copertura al sottile veleno austriaco. Scoperto il gioco, i migliori si ritirarono, mentre l'Acerbi veniva fiancheggiato da un austriacante d'ingegno come Paride Zajotti, che gli consentì di far vivere il sub periodico per più di vent'anni (L'Acerbi finirà console austriaco in Egitto). Al contrario, nella sua breve e combattuta esistenza, il Conciliatore, organo del liberalismo moderato lombardo, finanziato dal Porro e dal Gonfalonieri, redatto dal Pellico, a cui collaborarono i migliori ingegni del romanticismo italiano, rappresentò la prima voce di un'Italia che intendeva risorgere, attraverso l'incontro tra l'aristocrazia illuminata e un gruppo d'intellettuali borghesi uniti da una visione moderna dei problemi europei con una coloritura di liberalismo. Per questo il periodico,, pubblicato bisettimanalmente, in carta azzurrina, non ebbe lunga vita, dopo essere stato interdetto nella maggior parte degli stati italiani primo il retrivo Piemonte. In Toscana, proprio nell'anno del fallimento del primo tentativo liberale, tra il '20 e il '21, nascerà l'Antologia di G.P. Vieusseux, prototipo in Italia del giornalista-editore, di cui Galante Garrone traccia un ritratto incisivo. Inutile parlare della triste situazione della stampa nello Stato della Chiesa e nelle borboniche Due Sicilie, dove pure non era del tutto spenta l'eco dell'appello murattiano del'15. Nel decennio successivo più attiva, nei limiti consentiti dalle censure, fu l'opera della stampa nel preparare la costruzione dell'Italia unita: da sponde opposte, entrambi giovani giornalisti operarono per un fine analogo, anche se apparentemente contrario, Mazzini nell'Indicatore Genovese e Cavour nella Gazzetta Piemontese, Verrà più tardi il Politecnico di Carlo Cattaneo a preparare l'insurrezione milanese del '48, il solo moto italiano che vide schierati insieme, contro l'occupante austriaco, aristocrazia, borghesia e popolo, uniti negli spiriti e nell'azione. Il decennio che-precedette il '43 vide fiorire da un lato la stampa mazziniana, tra cui emerge la Giovine Italia, dall'altro svilupparsi l'«off ensiva liberale» in cui si distingono la fiorentina Antologia e la stampa piemontese che ha il suo animatore nel grande editore Giuseppe Pomba e che va dal Messaggere di Bròfferto, alla Gazzetta Piemontese e al Subalpino del Montezemolo. Non ci è consentito indugiare, estendendo l'esame del saggio magistrale di Galante Garrone, per passare subito alla seconda parte del volume, in cui Franco Della Peruta tratta del giornalismo dal 1847 all'unità. Illuminanti sono le pagine iniziali dedicate alla funzione svolta dalla stampa nella preparazione della grande crisi del '48, sia dai giornali dell'emigrazione, come ia parigina Gazzetta Italiana, finanziata da Christina Beigioioso, sia dai giornali clandestini che nei vari Stati ita¬ liani cercarono di sottrarsi7 alle leggi della censura, Nei mesi che precedettero 10 Statuto albertino e dopo la sua promulgazione si assistette a un improvviso moltiplicarsi di giornali, a Torino e a Genova, tra cui ci limiteremo a ricordare — e non potremmo fare diversamente discorrendo del saggio di Della Peruta, per la vastità crescente della materia e il rischio di ridurci a un elenco di testate e di giornalisti — fra ì giornali torinesi di diversificata tendenza liberale, la Concordia di Lorenzo Valerio e di Domenico Berti e il Risorgimento in cui in attesa delle grandi battaglie politiche, combatte sul fronte della stampa Camillo Cavour. Era intanto uscita l'Opinione che più tardi diretta da Giacomo Dina, fu il giornale cavouriano per eccellenza. Il Della Peruta analizza, non solo dal punto di vista politico e ideologico, ma anche da ■ quello tecnico, della stampa e della diffusione, la vita dei giornali sorti in ogni regione d'Italia nel biennio della prima indipendenza e successivamente nel decennio che porterà al decisivo '59 e all'unità Sono pagine che possiamo considerare conclusive su questa materia così importante per la storia del Risorgimento e per la nascita di un'opinione pubblica che va diventando nazionale. Additiamo sugli studiosi e ai lettori interessati a scoprire, al di fuori delle oleografie, la verità sulle orìgini della nostra vita come nazione unitaria, i capitoli in cui l'A. illustra il sempre più vasto panorama del giornalismo italiano tra 11 '48 e il '60 in cui emergono, nello schieramento politico testate che vanno dall'ancor vivente Gazzetta del Popolo, fondata dal Bottero alla stampa repubblicana, dominata da Giuseppe Mazzini che nella sua Italia del Popolo, ancor meglio che nei falliti tentativi insurrezionali seppe tradurre in realtà il suo binomio programmatico, in cui si affiancano pensiero ed azione. Rammarichiamo vivamente di non poterci diffondere di più su un volume come questo, in cui, in ogni pagina i due autori ribadiscono che la prima e fondamentale libertà in ogni reggimento civile, è la libertà di stampa. Guido Artom La prima tipografia e la sede di distribuzione delia Gazzetta del Popolo