Quante stelle in cielo?

Quante stelle in cielo? Racconti per ragazzi scritti dal Nobel Singer Quante stelle in cielo? Isaac B. Singer UN GIORNO DI FELICITA' Bompiani Ragazzi, Milano pagine 154,1600 lire I SAAC Bashevis Singer, premio Nobel 1978, è anche uno scrittore per bambini. Già conoscevamo i racconti di Zlateh la capra (Bompiani li ha presentati nel '70 e sono ora in nuova edizione) e la bella fiaba lunga di Masel e Shlimazel ovvero il latte della leonessa (pubblicato da Longanesi nel '71); ora abbiamo, nei «Tascabili Bompiani Ragazzi», Un giorno di felicità. Raccoglie le memorie d'infanzia dello scrittore, episodi che risalgono tutti ai primi 14 anni della sua vita, antecedenti alla grande guerra. La maggior parte delle vicende si svolge nel ghetto di Varsavia, in quella miserabile via Krochmalna dove Singer approdò con la famiglia nel 1908 (era nato nel 1904) e dove suo padre, Pinchos Menachem Singer, era rabbino. Il piccolo Isaac, Itchele come lo chiamano i suoi, non ha ancora quattro anni e già frequenta il cheder, la scuola elementare ebraica dove si studia soltanto religione. Non sa ancora scrivere, scarabocchia fingendo di farlo. Nella sua famiglia scrivono tutti, il padre, la sorella Hinde Ester, il fratello maggiore Israel Joshua; «scrivere significava' vivere » dirà più tardi. Tutte le sue opere nascono in jiddish, la lingua delle comunità ebraiche dell'Europa Orientale, che raggiunse l'America alla fine dell'Ottocento. In America Singer le pubblica, a puntate, sullo «Jewish Daily Forward», un giornale con soli 40.000 lettori; è il suo laboratorio. Anche i pezzi raccolti in Un giorno di felicità passano per questa palestra. Un buon numero di essi (quattordici su diciannove) erano già entrati, in forma appena diversa nel romanzo autobiografico Alia corte di mio padre', là l'accento era tutto sulla popolazione multiforme che affollava il tribunale rabbinico per sciogliere controversie, chiarire dubbi, riversare le pene del cuore. Qui invece, in primo piano, è il ragazzo che Singer è stato. Un bambino pensoso dalle domande bizzarre (quando ebbe inizio il' tempo? dove finisce lo spazio? e se le stelle sono davvero più grandi delia Terra come fanno a stare tutte hi quella stretta striscia di cielo sopra i tetti della sua strada?), alle quali i grandi non sanno dare risposte plausibili. I grandi sono bravi, invece, a raccontare storie, e anche Itchele: riesce a far credere agii amici perfino d'esser figlio di re, e di possedere la formula della Gabbala che. può far sprofondare il mondo. Sebbene in casa ne volessero fare un rabbuio, «sapevo già che avrei preso una strada diversa», racconta. «Volevo comunicare con il mondo, ma non per mezzo della Bibbia». II titolo. Un giorno di felicità, si riferisce alla prima avventurosa fuga dal ghetto: Isaac ha in tasca un rublo, guadagnato facendo commissioni. Vuole scialacquarlo fuori dal quartiere, ove tutti lo conoscono, lontano dagli sguardi di chi gli ha insegnato come siano più le cose proibite, nella vita di quelle permesse. L'avventura inizia con una scarrozzata, continua in un negozio di dolci, la libertà ha un sapore amaro, di Geenna Può sembrar strano che il narratore del mondo jiddish di Varsavia, tra tanti ricordi, chiami «felice» proprio questa giornata. Ma in fondo Singer non è mai stato il cantore di un buon tempo andato. I suoi racconti si muovono sempre tra la fuga dal Sinai e la consapevolezza di non poter prescindere dalle proprie radici se non a rischio di perdere se stesso. Queste memorie d'infanzia svelano anche particolari illuminanti. L'ultimo capitolo è dedicato a Shosha la piccola amica ispiratrice del romanzo che porta il suo nome. In Shosha il protagonista narratore, Aaron, ritror va la compagna d'infanzia e' la sposa benché sia mentalmente e fisicamente ritardata, facendone il simbolo di valori che il mondo razionalista e scettico non può capire. Nel racconto che conclude Un giorno di felicità apprendiamo che Singer tornò davvero adulto e già padre, a cercare la Shosha di via Krochmalna. Troverà nella medesima casa una bambina bionda identica a quella d'un tempo: non Shosha, ma sua figlia Basha, a cui la mamma ha raccontato tutte le favole che il piccolo Itchele inventava per lei. Teresa Buongiorno

Luoghi citati: America, Europa Orientale, Milano, Varsavia