"Olocausto": un genocidio riscoperto alla televisione

"Olocausto": un genocidio riscoperto alla televisione Dagli Stati Uniti air Europa ii romanzo e lo sceneggiato "Olocausto": un genocidio riscoperto alla televisione NEW YORK — A nove mesi dal suo straordinario successo televisivo, l'America torna a discutere di Olocausto, n best seller di Gerald Green, filmato a puntate da Chomsky, Brodkin e Berger. Il motivo è la presentazione del programma nella Germania Occidentale, presentazione avvenuta tra violente polemiche, con risvolti pulitici anche a Washington. Il melting pot, cioè il crogiolo di razze americano rivive il trauma subito ad aprile con minore intensità, ma con maggiore riflessione. Come ha scritto il New York Times, esso percepisce ora quello che prima gli è sfuggito: ossia che la. parabola sullo sterminio nazista degli ebrei ha una morale universale, è una condanna mostruosa del razzismo riaffiorante nella storia, tra dittatura e democrazia, anche ai nostri giorni. Olocausto è il più seguito e premiato di tutti gli spettacoli della televisione americana, ancora più di Radici, la saga della negritudine. E' nato da un'idea della Nbc, o National Broadcasting Company, una delle tre reti Usa. Ispirato al massiccio vo~j.. lume dello storico Levin, dallo stesso titolo, è stato romanzato da Gerald Green, l'autore de I mangiatori di lotus, r«ultimo arrabbiato» e «turista». La Noe calcola che l'abbiano visto 120 milioni di persone, e gli attribuisce quattro Emmy, l'equivalente dell'Oscar cinematografico. Olocausto è già stato venduto in una trentina di paesi, tra cui l'Italia. «Ci siamo trovati — racconta Green — di fronte a un materiale enorme: dieci anni dipersecuzione degli ebrei dal '35 al '45, in un'Europa devastata da Hitler e dalla guerra. Ci siamo fissati l'obiettivo di trasportare questo dramma corale in uva dimensione familiare, e abbiamo plasmato le storie parallele di due clan, uno eneo e uno tedesco e nazista. Abbiamo potuto così conferire concretezza ed emotività a documenti e fatti che sarebbero altrimenti sfuggiti alla partecipazione del pubblico». Mantenendosi il più fedele possibile al lavoro di Levin, lo scrittore s'è concentrato su una fittizia famiglia Weiss di Berlino, ebrei d'origine polacca, e su quella Dorf, ariana puro sangue. « I Weiss sono arrestati e deportati dopo la spaventosa «notte dei cristalli», l'ultimo pogrom d'Europa, del 1938. Il padre Josef, un medico, e la moglie Berta, un'aristocratica tedesca la cui colpa è di essergli fedele, finiscono a Varsavia: il figlio Karl a Buchenwald, la f iglia Anna, che verrà violentata e impazzirà, in una delle prime camere a gas. Solo l'ultimogenito, Rudi, riesce a fuggire, si rifugia in Cecoslovacchia e si unisce ai partigiani. Mentre la famiglia ebrea viene distrutta, quella dell'ambizioso e giovane ariano Erik Dorf prospera. Erik diventa un SS e aiutante di Reinhard Heydrich, il pianificatore della distruzione degli ebrei. Incontrerà i Weiss, di cui era paziente e amico, di fronte alle camere a gas che amministra. «La lavorazione — riferiscono Herbert Brodkin e Robert Berger —è durata oltre 5 mesi tra Vienna, Berlino e New York. Là pellicola, che supera 9 ore e mezzo, è stata montata tra il gennaio e il marzo del '78. Le spese sono risultate ingenti: dal materiale non usato, film e documentari, si potrebbe trarre un altro lavoro». Brodkin e Berger, anch'essi vincitori di numerosi Emmy nella loro lunga carriera, asseriscono di essere rimasti sconvolti dall'esperienza. «Nessuno di noi che ha messo ìneanUere Olocausto è più quello 3ì prima —spiegano —. Il filmato ci ha messo di fronte anna realtà che come molti preferivamo ignorare». Buona parte del merito del successo di Olocausto va a Marvin Chomsky, uno dei più grandi registi della televisione ameri¬ cana. Chomsky è un regista impegnato, che non disdegna però i saltuari spettacoli d'evasione, filma di Olocausto aveva girato Radici, il numero due di tutti i tempi, e Raid a Entebbe. «La scelta più difficile — dice Chomsky, che col film ha conquistato uno degli Emmy —, è stata quella degli attori. Ai grandi nomi, abbiamo preferito i maestri del teatro, e le giovani leve, andando così da Sani Wanamaker, che tutti ricordano in Cristo tra i muratori a Ian Holm, l'interprete di Shakespeare: e da Jospeh Bottoms, che presto apparirà a fianco di Mia Farrow in Uragano, all'esordiente Bianche Baker». La risposta del cast è stata commovente: «Non ho incontrato la minima difficoltà — dice Chomsky — tutti si sono immedesimati nella loro parte. Alcuni avevano ricordi personali o familiari della persecuzione degli ebrei e hanno contribuito con un patrimonio interiore insospettato». Anche la colonna musicale di Olocausto, firmata da Morton Gòuld, ha lasciato un segno: i suoi dischi sono rimasti a lungo tra i best-sellers. La critica americana è apparsa unanime ed entusiasta. Ad aprile, la rivista Time ha dedicato tre pagine al filmato, esaltandone soprattutto le scene dì massa, dei Lager e delle esecu¬ zioni, e l'umanità del trattamento del regista. «Troppo spesso — ha scritto — i nazisti sono stati raffigurati alla televisione come biechi automi che sbattono i tacchi e urlano "Heil Hitler". Chomsky li ha descrìtti com'erano: nomimi in apparenza normali ma pronti a rispondere alla chiamata del potere. Per la prima volta il pubblico afferra il significato del genocidio, e non lo liquida come un'efferatezza di pochipazzi e delinquenti». Gerald Green ha definito Olocausto «una corona sulla tomba di sei milioni di ebrei». «Non credo di aver scrìtto un capolavoro — conclude —. Ma purtroppo, nel nostro mondo le cifre inducono soltanto allo scetticismo. Sei milioni: la mente si ribella, non vede dietro di essi le torture, gli assassina, le barbarie. Se io sono riuscito a costringere la nostra mente a vedere, ho raggiunto il mio scopo». Chomsky gli ha fatto eco : « Un'unica accusa mi è spiaciuta —ha detto —quella di aver usato immagini troppo crude, uomini e donne nude che cadono sótto le mitragliatrici, abietti esperimenti nei laboratori e così via. La mia risposta è che non dovevo nascondere nulla: certe scene non sono altro che la trasposizione nel film di foto degli archivi^ nazisti». Ennio Carello