C'è qualche ruga nel pensiero indiano
C'è qualche ruga nel pensiero indiano Una storia della filosofia orientale C'è qualche ruga nel pensiero indiano STORIA DELLA FILOSOFIA ORIENTALE à cura di Sarvepalli Radhakrishnan Feltrinelli, Milano, 2 voli., 615 pagine, 6000 lire IL primo volume della History òf Philosophy Easter and We-' stern diretta dal defunto Presidente della Repubblica indiana S. Radhakrishnan, insigne storico del pensiero vedàntìco che tenne dal 1936 la prestigiosa cattedra di Eastern Religions and Ethics dell'Università di. Oxford, è stato dato alle stampe da Feltrinelli nel 1962, in una compatta edizione rilegata che portava il numero 40 della collana «I fatti e le idee». Impresa allora non priva d'audacia, questa iniziativa metteva alla portata del lettore italiano una serie di articoli redatti da alcuni dei più bei nomi della cultura indiana contemporanea nei campi oggetto delle loro rispettive specializzazioni. Presentazioni concise dei diversi darqana, accompagnate da brevi cenni sulla letteratura più importante di ciascuno, si susseguivano ordinatamente, incorniciate da alcuni saggi sull'età più antica della speculazione indiana e da contributi su settori collaterali come il pensiero scientifico in età classica, le dottrine estetiche e retoriche (che tanta parte hanno avuto ed hanno nel mondo raffinato della poesia sanscrita) e gli sviluppi dellVslàm sul suolo indiano o del Buddhismo su quello cinese. Ora il volume, dà lungo tempo introvabile, è ripresentato in due parti senza alcuna modificazione (anche alcuni errori nell'uso dei segni diacritici in cui èra incorso il pur accurato traduttore. Emilio Agazzi, sono rimasti). Come è ovvio le nuòve leve di coloro che sono attratti dall'universo ricchissimo e va¬ riopinto delle soteriologie orientali e delle culture di cui esse costituiscono l'anima si troveranno di-fronte-ad-un materiale che, a ventisei anni dalla pubblicazione della prima edizione : inglese, mostra qualche ruga. Ma il ritmo d'invecchiamento è meno sensibile qui che in altri campi. Contributi còme quello del grande Gopi Nath Kaviraj (sottile e lucido indagatore del tàntrismo Càkta che, purtroppo, non è stato in Italia oggetto d'attenzione adeguata da parte di alcun editore interessato a questo ramo della spiritualità indiana), valgono da soli a raccomandare la lettura — o rilettùra — del libro. Un confronto con la Storia della filosofìa indiana del Tucci, anch'essa rieditata di recente, e con la bella Filosofìa Indiana di Giuseppina Scalabrino Borsani (Milano, 1976) servirà a porre in luce in tutto il suo spessore la differenza di tono fra studiosi indiani e studiosi di matrice occidentale nell'afa frontare gii stessi temi. Nelle pagine dei primi vibra a tratti la commozione del devoto (così, ad es., nei contributi di A. K. Banerjee e di Kumaraswamiji), mentre quasi ovunque domina lo spirito sistematico tradizionale, che intesse nitide classificazioni appena scalfite da qualche accenno di prospettiva diacronica, schemi monumentali che ricordano quelli della Scolastica medioevale nel suo momento di massimo rigoglio, offerti all'uomo come altrettante chiavi alla comprensione dell'immenso arcano del mondo e della vita: La parte dedicata alla Cina ed al Giappone si riduce a cinque articoli, di cui due opera di studiosi cinesi (specialmente interessatnte quello di Fung Yu-Lan, già noto al pubblico italiano .per la sua Short History of Chinese Philosophy tradotta da Mario Tassoni (Verona, 1956) ed uno del famoso Daisetz Teitaro Sùzùki, qui estraniato dalla sfera abituale dei suor studi. E' un po' poco per presentare il libro come una Storia della filosofìa orientale; esso in realtà fornisce un panorama relativamente dettagliato delle vicende del pensiero dell'India, con una breve appendice su altre zone culturali dell'Asia. Entro tali limiti, resta uno strumento prezioso di consultazione per ogni persona non superficialmente interessata al mondo extra-europeo. Mario Pfantelli
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