Per non più tradire il Vangelo di Sergio Quinzio
Per non più tradire il Vangelo Lo storico francese Delumeau propone un "Credo fondamentale,, per i cristiani Per non più tradire il Vangelo Jean Delumeau IL CRISTIANESIMO STA PER MORIRE? Sei, Torino, 1978 198 pagine, 4500 lire L'IDEA di Jean Delumeau — uno storico francese che si è occupato della Riforma e della Controriforma — è che «il Dio dei cristiani era un tempo molto meno vivo di quanto si credesse e che oggi è molto meno morto di quanto si dica». La tesi, enunciata in questi termini generali, non dice niente di più e niente di diverso da quella che è l'opinione diffusa in tutta la vasta area del cattolicesimo, o del cristianesimo, «progressista»; la facciata religiosa copriva nel passato una realtà per molti aspetti incompatibile con la fede cristiana, mentre l'attuale facciata irreligiosa, quella della «scristianizzazione» in atto, copre una realtà che è spesso animata da esigenze intimamente cristiane. Come nota Vittorio Messori nell'attenta prefazione, il libro di Delumeau si raccomanda però per il preciso riferimento ai fatti. Credente ma storico di professione, l'autore fa valere le regole del mestiere e mantiene un prudente equilibrio tra possibilità d'interpretazioni diverse. Se ci dice, per esempio, che «dal 1480 al 1834 (data della sua abolizione) l'Inquisizione spagnola ha bruciato circa 100 mila persone», ha cura di ricordarci che il nostro secolo ha organizzato ben più colossali massacri; e anche di segnalare che quando, nel XIII secolo, Innocenzo IV introdusse la tortura nei tribunali ecclesiastici si allontanò dalla tradizionale ostilità della Chiesa per quello strumento adoperato normalmente dalla giustizia civile. Dalle pagine di Delumeau risultano molto chiaramente il. sincretismo pagano-cristiano del mondo medievale e il carattere moderno della «cristianizzazione», effetto delle riforme protestante e cattolica, che intrapresero con grande forza, anche se in modi discutibili, un'opera gigantesca di razionalizzazione delle credenze religiose e di moralizzazione. La cristianità — dice Delu-, meau — è un progetto, il sogno di un unanimismo imposto autoritariamente. «I gestori del cristianesimo confidarono non nello Spirito Santo ma nei mezzi umani, nella potenza materiale, nella forza coercitiva dello Stato, mettendosi così in netta contraddizione con la Buona Novella che proclamavano». La cristianizzazione moderna radicalizzò questo sostanziale difetto. Dunque, «la decristianizzazione attuale costituisce in larga misura il conto da pagare a quella formidabile aberrazione durata millecinquecento anni». E così ci si ricongiunge con le correnti tesi genericamente «progressi¬ ste», tentate dall'idea di risolvere i problemi storici con giudizi morali. A partire di qui, Delumeau) traccia un quadro piuttosto roseo delle possibilità storiche che oggi si schiudono al cristianesimo. La sua opinione è che i dissidi teologici che hanno tragicamente .dilaniato il cristianesimo po-t trebberò comporsi se si adottasse un «Credo fondamentale» die lasci da parte il liberamente opinabile. Dubito che questa soluzione del buon senso, sicuramente accetta a molti, risolverebbe. Non credo d'altra parte che salvaguardi abbastanza la specificità della fede cristiana la convinzione di Delumeau che «la Chiesa invisibile, l'unica vera, ha fedeli di tutte le religioni». Infine, ciò che gli appare essenziale al cristianesimo — la preoccupazione della trascendente salvezza eterna, contro l'orientamento terre-* stre che attribuisce alla religiosità pagana — non mi pare che raccoglierebbe oggi l'universale consenso. Proprio nella perdita di un riconoscibile nucleo di verità, cristiana direi che si manife-' sta la vera «scristianizzazione», non nella scomparsa della facciata tradizionale, giustamente ritenuta non determinante da Delumeau come da molti altri. < Sergio Quinzio
Luoghi citati: Torino
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