Venezia, eterna diva del clic

Venezia, eterna diva del clic Venezia, eterna diva del clic Giuseppe Bruno ASOLO Longanesi, Milano 158 foto in b/n 25.000 Lire Giuseppe Bruno VENEZIA Longanesi, Milano 140 foto in b/n 22.000 Lire Toni Nicolini VENEZIA Ediz. Tei 163 foto in b/n e colori 15.000 Lire VERONA dagli Archivi Alinari Ediz. Alinari 108 foto in b/n 10.000 lire F ORSE i reportages fotografici cominciano molto prima delle camere oscure: sono l'occhio di un uomo, la sua cultura, e qualsiasi strumento abbia poi utilizzato per raccontarsi Arrivarono le foto, ad un certo momento, e le scambiarono per una realtà raggelata, una verità meccanica. Nadar posa immutabile nel suo pallone aerostatico, fantaccini sbarcano eternamente in Crimea, un miliziano spagnolo seguita a cadere all'indietro colpito da una pallottola. Ma anche Robinson percorre incessantemente la sua ìsola, Fabrizio continua a rubare un cavallo magro, il principe Andrea colpito in battaglia ha sempre negli occhi lo stesso cielo. E ci sono, ancora, Cristi perennemente flagellati cavalli e lancie impennati nel tempo, un vassoio di mele su una tovaglia le cui candide pieghe non si muoveranno mai Ecc( qui quattro libri di fotografie, dedicati ad Asolo, a Venezia, a Verona. Quattro reportages su un soggetto che potremo chiamare: il Veneto. Sono fotografie in bianco e nero o a colori e per realizzarle sono state necessarie macchine fotografiche, occhi e mani di chi le usava, carte e inchiostri sensibili E poi frazioni di tempo, anche ore e stagioni e dunque calcolo matematico e ragionamento. E altro ragionamento per scegliere tra tanti un certo obbiettivo, una data altezza dal suolo, la posizione. «Quel» modo di guardare, insomma: cioè «quella» cultura, generale e personale. Che differenza insomma, se non nella maggiore o minore qualità interna, con quello che è forse il più bel libro fotografico sul Veneto, realizzato da Guido Piovene nelle pagine scritte del suo « Viaggio in Italia»? C'è un modo comune a Piovene e ad alcuni di codesti fotografi di rappresentare la propria regione ed è fatto di immagini spesse e leggere, serrate ed ammiccanti, ferme ed aperte a profondi echi interni Uno scrupolo di asciutta verità commossa, una elegante preoccupazione di onestà, la continua curiosità di uno sguardo pudico. Molti anni fa, a Venezia, un gruppo di giovani amici si occupava di fotografia. I loro nomi? Giuseppe Bruno, Gianni Berengo-Gardin, Fulvio Roiter, Paolo Monti e adesso, pur riconoscendo l'occhio e la mano di ciascuno, si riconosce anche questa loro comune cultura, e umanità pulita. Proprio quasi la stessa di Piovene reporter e non si capisce, allora, perché il vecchio equivoco naturalista non sia scomparso, e duri dunque la cattiva abitudine, commerciale, di raddoppiare o sviare i libri di fotografie con dei testi letterari di accompagnamento; quando servirebbero solo notizie, e schede tecniche. Si seguita, insomma, a presentare la fotografia come fosse soltanto una parte del¬ la realtà E la letteratura, come se potesse arricchirsi di immagini Ecco il racconto, ad esempio, che di «Asolo» fa Giuseppe Bruno con la sua macchina: e si compone perfettamente da solo tra visi paesaggi, pietre e stagioni O si sfalda in « Venezia», quasi intimidito, per andarsi a cercare umili lastre di laguna, acque agricole e paesane; laggiù c'è una città favolosa, complessa, che nessuno può raccontare da solo, tranne che per certi richiami privati certe chiavi della propria cultura, appunto. Come ha fatto, allora, Toni Nicolini ad affrontare tutta la città, «Venezia», per un altro dei bellissimi libri del Touring Club? Ha scelto di sorvolarla, di rappresentarla sempre al massimo di ampiezza ottica possibile. Di farsi insomma niente altro che un grande occhio; che evita di appuntarsi per non divenire personale e parziale. Eccolo, per esempio, cogliere assieme in un vaporetto persone e paesaggio. Eccolo ritagliare o stampare le persone vive di contro a quei giganteschi grandangolari, a quegli immensi paesaggi che sono i «teleri» della pittura veneziana; o alle pareti altissime ed affollate di tutto delle chiese di Venezia. Ne esce un racconto spettacolarmente onesto e di coerente novità. Ma — e torniamo all'emozione controllata, alla filtrata passione di Piovene — ecco altrimenti la onestà artigiana, lo scrupoloso rispetto a un dovere di m jdesta accuratezza e di limpida utilità, nelle immagini di «Verona» selezionate dagli archivi ottocenteschi di Alinari ed Anderson. Tutto in luce perfetta, e documentato: l'orologio da torre segna l'unica ora possibile per quella luce e dunque per quella immagine, che vorrebbe essere soltanto modestamente vera. Ma non è così, non era possibile neanche allora. E tra questi grandi e anonimi operatori di Alinari o di Anderson la stessa inquadratura si presenta diversa: una posa più o meno lunga, un panorama appena più rialzato o abbassato. E ci sono poi straordinarie, le foto di una famiglia di fotografi locali nata da un tedesco immigrato a far ritratti agli ufficiali, di Radetzky, che si chiamava Maurizio Lotee ed ebbe due figli anche loro appassionati, Emilio e Riccardo: questi morirà orribilmente suicida (come l'altro veronese Salgari) nel 1909. Sarà un avanzo di romanticismo pittorico, sarà un diverso impegno nel dare una immagine di Verona: ma i tre Lotee raccontano una città vera, viva, curiosa. E' la «Grande Osteria Italiana», prima tappa di vite e di sole; la «Porta d'Italia» per chi veniva dal Nord: gotica e mediterranea, di bronzo e acque tiepide. Le mantelline arricciate dei della Scala schioccano sui tumuli, tra le case paesane. Claudio Savonuzzi Venezia, ponte votivo per la processione del «Redentor»