La «terza via» secondo Ingrao di Pietro Ingrao

La «terza via» secondo Ingrao Una nuova società sulle rovine dello Stato assistenziale La «terza via» secondo Ingrao ROMA — Il nuovo saggio di Pietro Ingrao (Crisi e terza via. 191 pagine. 3000 lire) che gli Editori Riuniti hanno appena aggiunto alla loro già ricca costellazione di libri-intervista, risolleva vecchi problemi nodali per la «lunga marcia» del pei verso una vera identità eurocomunista, una marcia che — direbbe Pajetta — viene da lontano, dalla stessa idea-forza togliattiana del «partito nuovo», per andare lontano ira continue accelerazioni e decelera/ioni. Nel dibattito a presenta/ione del libro — che si è svolto nel salone della Federazione della stampa a Roma — Eugenio Scalfari ha individuato questi problemi nodali con la consueta vis polemica (così vigorosa che. alla fine, il protagonista della serata è stato più lui che Ingrao). Dunque, che cosa sono questi regimi all'Est, questi «socialismi reali» (ma Ingrao rifiuta il termine, ancorché accettato perfino dalla Pravda)'} Per Scalfari, dire che seno «redimi di transizione» —cerne dice Ingrao a Romano Ledda. che ha raccolto l'intervista —è aia una valutazione positiva: tra il verme e la farfalla, quei Paesi sarebbero oggi la crisalide. Eppoi: se non c'è un modello liberale cui ispirarsi, dicano i comunisti dov'è il modello socialista, visto che li hanno rifiutati tutti. Osservazioni sacrosante su un piano generale (se si ha. cioè, come punto di riferimento la posizione ufficiale del pei su questi temi). Ma che fanno al libro di Inarao il «rosso torto di tacerne l'originalità, anche «scomoda» di certe posizioni su problemi così spinosi. Basta un elenco sommario: il rapporto tra l'impostazione leniniana e la democrazia, con le aberranti derivazioni che ne trasse Stalin: l'analisi critica dei vuoti che i modelli dell'Est presentano rispetto alle «connotazioni essenziali di un regime socialista»: eppoi, tema non slegato del tutto dai precedenti, la vita interna del partito, la forma/ione del processo decisionale (la critica ad un «rituale unanimistico. che non ci serve») per finire al tanto discusso «centralismo democratico». In tutta questa area, il saggio di Ingrao si distacca dalle posizioni statiche del partito: e si spinge molto vicino a quel punto di «rottura» (rottura, si badi, di equilibri stantii, non rotture ideologiche o. peggio, diplomatiche), tanto spesso sollecitato dagli interlocutori del pei. sopra tutti dai socialisti, sulla cui polemica ideologica non a caso Ingrao è così pacato, cogliendone con imparzialità i risvolti positivi. E' ovvio che in un libro di un illustre dirigente comunista l'occhio dell'osservatore si focalizzi innanzitutto su questi punti. Ma restare in un'ottica così circoscritta sarebbe fare un altro torto al saaaio-intervista. che è il prodotto di un intellettuale tormentato prima che la riflessione di un uomo politico, e come tale ha un respiro molto più ampio. Per fortuna. Aldo Tortorella. don Baget Bozzo, e lo stesso Scalfari — gli interlocutori di Ingrao nell'incontro alla Federazione stampa — non si sono fermati alla fin troppo facile tentazione del dibattito ideologico sui massimi sistemi. Infatti Ingrao solleva altre questioni, ben più generali, attorno all'interroaativo ansoscioso sui perché della crisi di un modello — quello dello «Stato assistenziale» —. e dell'incapacità di altri modelli di venire in soccorso, offrendo soluzioni alternative. Scalfari ha parlato di una caduta dell'egemonia borghese nell'Occidente, cu: ha non saputo corrispondere un'egemonia del movimento operaio, a sua volta contaminato e corrotto dai «valori decadenti» iniettati dalla borghesia morente. Con qualche riserva, è una diagnosi che Insrao ha detto di condividere: «Il movimento operaio è dinanzi ad una soglia e bisogna prenderne atto senza sbandmenti e piagnistei». Quale soluzione, allora? Baget Bozzo ha offerto un'interpretazione suggestiva della proposta di Ingrao: «Non si è realisti in politica senza un carico di utopia: e questo libro è realista». E l'utopia di Ingrao è una «democrazia organizzata» come risposta alla «frantumazione corporativa» dello Stato assisten- ziale. Intesa, questa democrazia organizzata, come «democrazia diffusa, nella quale forme di partecipazione diretta dei cittadini e dei produttori integrino le assemblee rappresentative tradizionali fino alla sintesi ultima di un Parlamento ridiventato "centrale", sede di ricomposizione della società disgregata: il tutto al servizio di un modello di sviluppo alternativo capace di aggregare masse e forze politiche, al di là delle manovre di vertice». * ★ E' davvero utopia? Forse, davanti allo stato attuale della società, può sembrarlo. Ma non se ci si rifà al titolo del saszaio. alla sua seconda componente (dopo la «crisi» quale «terza via»). Perché tra tanti fumosi dibattiti sulla «terza via», tra tanto discutere se davvero esista prima di cercare di dire quale potrebbe essere, la proposta di Ingrao sembra indicare davvero per la prima volta e in concreto quale dovrebbe essere la «terza via» in un'ottica eurocomunista. Paolo Garimberti

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