Arte e natura: storia di un divorzio

Arte e natura: storia di un divorzio el catalogo della Biennale di Venezia le diverse concezioni del linguaggio Arte e natura: storia di un divorzio Jean-Christophe Ammann, Achille Bonito Oliva, antonio Del Guercio, •iliberto Menna tRTENATURA Electa, Milano 196 pagine, 231 illustrazioni 18.000 lire L tema scelto per l'edizione 1978 della Biennale di Venezia, e divenuto come per 26 Paesi, si è arti- Iato sulla definizione: alla natura all'arte e dal:te alla natura». Tematica Dastanza paradossale per fte contemporanea, genefinente imperniata sulìtonomia dell'oggetto artico; e il cui rapporto con. Irealtà esterna è fondato elementi linguistici del (;to nuovi e indipendenti ietto ad essa, riflettentesi |interrogativi sulla stessa itura dell'arte». 2' questo infatti il sottotidella sezione centrale Ila Biennale '78 «Sei stali per artenatura» curata critici d'arte Ammann, ito Oliva, Del Guercio e Inna, di cui è uscito ora il alogo. In esso si articola il lune programma dei. jtttro curatori, già esposto la grande sezione attestila Costantino Dardi, dia una rilettura critica ['arte contemporanea inìazionale, dalle avànfrdie storiche a oggi, dal )to di vista «dei rapporti essa intrattiene con il ?sto ambientale». all'introduzione alla prisezione, intitolata «La astrazione. Il grande io» (da un articolo di rdinsky del 1912 che indiessi i due poli più signiivi della ricerca artistiìoderna: astrazione coiduzione e concentradell'elemento «artistirealismo come tecnica del collage e del trompel'oeil) Filiberto Menna, riprendendo le tesi sostenute nel suo libro «La linea analitica dell'arte moderna» Torino 1975, sottolinea come l'investigazione sulla pittura, intesa come linguaggio autonomo, indipendente, parallelo alla natura sia stata iniziata dai post-impressionisti e da Cézanne, e continuata dai cubisti, che presero coscienza di una «pitturapittura» come pratica autonoma e fondata su di un linguaggio specifico. La messa in crisi radicale della rappresentazione è in seguito compiuta dal rea- dy-macie di Duchamp attraverso lo spostamento dell'oggetto come «straniamente», e soprattutto da Magritte, la cui opera «può essere letta come una continua investigazione sulla natura convenzionale dell'arte e sullo scollamento tra i segni e le cose». Il dada-surrealismo emerge quale chiave di lettura dell'arte contemporanea: da esso deriva infatti la concezione del superamento dell'opera e del suo valore formale, privilegiando il procedimento intellettuale che fa scattare nella mente dell'osservatore. Nella sezione, da Kandinsky a Malevic a Balla, a Cane, Devade e Nigro, a De Andrea e Trotta, il percorso è documentato con una serrata analisi. Antonio Del Guercio (riprendendo la tematica sostenuta nella sezione da lui curata, accanto a quelle di Menna e Barilli, nella recente mostra «Arte in Italia 1960-1977» alla Galleria Civica d'Arte moderna di Torino) colloca nella sezione «Finestra interno» le presenze da Cremonini a Vacchi, da Novelli a Romagnoni, da Tadini a Tvvombly come quelle di artisti che negli Anni 60 hanno tentato di situare l'opera nei punti di incrocio delle divaricazioni, opposizioni, frammentazioni che formano il tessuto dell'arte contemporanea; presenze che trovano una diretta dialettizzazione con i pop artiste da Rosenquist a Lichtenstein, da Hockney a Segai nella sezione «icònosfera urbana», quale ricognizione compiuta sulla «pellicola visiva della società dello spettacolo». Il tema della convenzione ed entropia dell'arte è affrontato da Jean-Christophe Ammann nelle omonime sezioni, attraverso l'accostamento di opere che focalizzano il processo visivo della percezione, della prospettiva e della tautologia. La percezione non è intesa quale mezzo per raggiungere lo scopo (come nell'arte cinetica e nell'hop tical art degli Anni 50) ma isolata come «atto-processo percettivo considerato come l'oggetto stesso»: Giacometti, e soprattutto Magritte, che è nuovamente il perno della sezione, ci mostrano il problema dell'immagine e della sua raffigurazione; Nauman, l'incontro con i propri movimenti corporei sconosciuti; Dibbets le correzioni anamorfiche della prospettiva; Paolini, Penone, Mor-. ris, Sol Lewitt e Kosuth l'identità tautologica. Achille Bonito Oliva nella sezione «natura e artenatura» riconoscendo al surrealismo l'affermazione dell'arte come «pratica liberatoria dell'io e del noi» ne sottolinea anche l'ideologia, portante nell'arte contemporanea, del negativo in quanto «nasce dalla coscienza dell'arte e del suo contràrio, il mondo». La tesi di Bonito Oliva tende alla dimostrazione dell'arte «che rovescia la nozione di natura in antinatura, mediante citazioni di violenza, crudeltà e morte, e costruisce tutta una serie precisa di opposizioni e di doppi a quella che è la più comune nozione vitalistica della natura». Illustrata con un percorso da Brancusi a Burri, a Pollock, Fontana, Yves Klein, Merz, Beys, Kounellis, Fabro, Pisani, la «Porta» (1927) di Duchamp (riverniciata dai frettolosi allestitori della sezione), ne è metafora e metonimia nello stesso tempo, quale ambiguità, o sospensione, di una dialettica autoriflettentesi, la cui spirale rinserra e chiude l'uomo e l'estetica odierni. Mirella Bandini René Magritte: La grande muraglia (1934)

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