Nell'uomo trovi il robot

Nell'uomo trovi il robot Macchine programmate e misteri del cervello Nell'uomo trovi il robot - - y tn "incrocio tra un 4£ Il cucciolo e un delin^"quente». Certo un outsider né buono né cattivo, diverso dall'uomo. Di regola non crea problemi ma li risolve. Se diventa «cattivo» è perché si è inceppato qualcosa e se la tecnologia non funziona, l'uomo non può farci nulla. E' il Robot. Così lo vedono, più o meno fino all'età di 14 anni i bambini. L'opinione è quella di Jasia Reichardt che in Robots: Fact, Fiction + Prediction (Thames and Hudson) pubblicato con molto successo a Londra, procede alla ricostruzione divertente e affascinante della storia del Robot Ma il libro di Jasia Reichardt è dichiaratamente scritto per adulti. Dopo una «serena» e affascinante catalogazione dei tentativi avviati dall'uomo per rivaleggiare con gli dei e con Dio, nel dar vita ad una lunga e curiosa serie di oggetti e giocattoli «meccanici», prodotti a partire dal XIII secolo in avanti (La macchina che parla: 1778, Il giocatore di scacchi: 1769) Reichardt analizza, con una certa inquietudine, le prime forme di vita «anomala» (l'androide, l'automa, il cyberg — in parte macchina in parte carne — il golem informe e l'homunculus). Ricostruisce così per il let- tore la genesi di Eva Futura (bambola perfetta cui l'elettricità offre un'anima) e quella di Hele O'Lay di Lester del Rey (1939), automa ùtentico a una donna sotto tutti i punti di vista — adottato come tuttofare in casa. Questa Eva si innamora del suo padrone, (che la sposa pur conoscendo la sua «natura») e si autodistrugge quando lui muore. A questo punto del libro ci si comincia a turbare perché i robots sono pressoché indistinguibili dall'uomo, o nell'aspetto fisico o nelle funzioni che sono in grado di svolgere. Solo quando il robot diventa esplicitamente un computer — cioè una macchina, che non si muove — cessa di fare paura, innanzi tutto perché non «si muove» e poi perché «pare» che serva, perché le ne scopre una utilizzazione razionale e «logica». Questo accade intorno agli Anni 60; il mostro diventa una macchina buona, ma soprattutto macchina «diversa» dall'uomo. Ma se l'invenzione del computer sembra spezzare il nodo incestuoso uomo-macchina, separandone gli spazi ci si accorge verso la fine del libro che il disagio nei confronti del robot resta. Il libro non vuole dare rassicurazioni; non offre «interpretazioni», si limita a raccogliere — come un computer intelligente — i dati descrittivi delle forme sempre più raffinate di questi misteriosi esseri - oggetto che l'uomo, con l'aiuto dell'elettricità e della cibernetica, ha costruito negli ultimi due decenni L'autore esamina le forme di AI (intelligenza artificiale) programmate presso la Waseda University e ricorda come a Tokio sia già stato realizzato un Wabot-I: è un robot computerizzato con intelligenza praticamente autonoma; e riassume l'intervista rilasciata quest'anno da Noam Chomsky alla BBC, nella quale affermava che «l'uomo altro non è che un essere pre-programmato». Tutte le lingue aggiungeva Chomsky sono provviste di una struttura base che corrisponde a tale pre-programmazione, solo così si spiegherebbe la capacità che abbiamo di impadronirci nella primissima infanzia di uno strumento complesso e raffinato come il linguaggio. Nelle conclusioni della ricerca di Reichardt i due fili, uomo-macchina, sembrano riannodarsi lasciando però il lettore nell'attesa, dopo aver appreso tutto sul funzionamento dei Robots, che qualcuno gli spieghi ora come è fatto il cervello umano. Barbara Lanati

Persone citate: Barbara Lanati, Chomsky, Noam Chomsky

Luoghi citati: Londra, Tokio