Messner cerca la libertà sulla via del sesto grado

Messner cerca la libertà sulla via del sesto grado Imprese, gioie e delusioni di un grande scalatore Messner cerca la libertà sulla via del sesto grado Reinhold Messner PARETI DEL MONDO Athesia, Bolzano pagine 144, Lire 14.000 L'AVVENTURA ALPINISMO Athesia, Bolzano pagine 150, Lire 9500 «L 'AVVENTURA Alpinismo» e «Pareti del mondo» tracciano l'evoluzione di due dei grandi temi per il rinnovamento profondo dell'arte di andare in montagna che Reinhold Messner ha elaborato in anni di vero rapporto con quel territorio, le montagne che, come vuole il greco antico, distinguendo i due vocaboli con la lieve differenza di uno «spirito», sono il confine, la frontiera dello spazio degli uomini. Bello è il suo modo di vagabondare per queste terre lontane; semplice, sciolto, efficace, Ubero da responsabilità verso organizzazioni sociali, la fantasia scatenata e la precisione teutonica armonizzate in un'etica personale di profondo amore e comprensione per tutto ciò che esiste , sprezzante dei sortilegi della super-tecnica, irridente di «eroi», di «conquistatori» insinceri. Reinhold Messner costruisce pazientemente, dalla salita dello sperone Walker nel '66 alla solitaria al Nanga Parbat nel '78, gli spazi di un nuovo alpinismo «di punta», liberatorio che, tra fosche tinte romantiche, aveva illuminato Giusto Gervasutti nel suo solitario prepararsi al Cervino nel Natale del '36: «Salgo al Monte dei Cappuccini... sopra il Gran Paradiso due nuvolette riflettono ancora l'ultimo sole. L'idea dell'asione suscita in me strane idee e contrastanti pensieri. Provo una grande commiserazione per i piccoli uomini che penano rinchiusi nel recinto sociale che si sono costruiti contro il libero cielo e che non sanno e che non sentono ciò che io sono e sento in questo momento. Ieri ero come loro, tra qualche giorno ritornerò come loro. Ma oggi sono un prigioniero che ha ritrovato la sua libertà. Domani sarò un gran signore che comanderà alla vita e alla morte alle stelle e agli elementi». Trenta anni dopo la solitaria di Gervasutti al Cervino, Reinhold attacca la prima «grande parete del mondo» su cui è arrivato a mettere le mani. Si tratta della Nord delle Grandes Jorasses, con lui sono Sepp Ma- yerl, Fritz Zambra e Peter Habeler il compagno più affezionato ai disegni apparentemente folli.che Reinhold concepirà nei dodici anni successivi e che insieme tradurranno in realtà. «La bravura di Peter era già allora insuperata...». L'a-' scensione è un successo e con pieno diritto essi entrano a far parte cosi di quel mondo, di quell'ambiente dei «forti alpinisti» ricco non solo di realizzazioni audaci, e sana amicizia, ma anche di competizione accesa, di esagerazioni a caccia di medaglie, di pressione dei tifosi Messner, continuando un'attività dalle caratteristiche straordinarie, si accorge che i pericoli derivanti da quell'ambiente non sono minori di quelli propri della montagna. Studia a fondo la storia dell'alpinismo. Lo tocca l'amara rinuncia di Bonatti e scopre in Hermann Buhl, cavaliere solitario delle altezze dalla corsa in vetta all'«ottomila omicida», il Nanga Parbat, sino alla caduta dalla cresta del Chogolisa, un uomo distrutto dalle invidie dei colleghi, un uomo solo esiliato in punta a una piramide che mai aveva voluto costruirsi, un suicidato dalla società per dirla come Artaud. «Perché? Perché emergevano (Buhl e Bonatti) dal grande alpinismo. L'astio, il sabotaggio morale nei confronti di questi due alpinisti dimostra chiaramente che ci troviamo in un periodo di grande crisi dell'alpinismo» dichiara Reinhold alla folla di vecchi e nuovi addetti ai lavori convenuta nel novembre 1976 a Torino per il 1 Convegno sull'Alpinismo Moderno. Quel giorno Messner coglie la pericolosa somiglianza della sua situazione con quella delle vittime illustri degli astii in vita e degli elogi funebri e rende l'enigmaticamente sorridente pubblico, rappresentante dell'alpinismo italiano, partecipe del suo pensiero: «Ma io non mi ritiro dall'alpinismo e non ho intenzione di cadere. In me c'è ancora quella forza di sopravvivenza che serve a sopravvivere lassù, non sono ancora riusciti a farmela smarrire. Oggi, dopo tutte le critiche che mi sento addosso non voglio cambiare strada. Non sono io, è l'alpinismo di oggi che è malato, storto, ostinato, chiuso». La strada che lo porta, nella magica stagione del '78, a sentirsi pieno, Ubero, vivo e reale anche neU'aria sottitissima deUa vetta deU'Everest, nelle visioni del ritorno per altra via e in soUtudine sin daUa base, al culmine del Nanga Parbat, «dove tutte le linee si incontrano», dove anni fa era col frateUo Gunter, dove sono tutti i suoi temi più cari: Ritorno ai monti, T grado - scalando l'impossibile, L'Arena della solitudine, L'Avventura Alpinismo, Le pareti del mondo, la Vita fra le pietre, la Sfida all'ottomila si ritrovano e si dispongono a sostenere gU uomini che sentono il piacere di innamorarsi del nostro pianeta. Andrea Gobetti

Luoghi citati: Bolzano, Cervino, Torino