Lazzaretti, un profeta al museo criminale di Arrigo Petacco

Lazzaretti, un profeta al museo criminale Lazzaretti, un profeta al museo criminale gridato «Porca madosca, vediamo se lo chiappo io!» fece fuoco. David, che pur notando il pericolo aveva atteso impassibile il colpo tenendo tese le sue lunghe braccia, cadde a terra. La palla di Pellegrini l'aveva colpito in mezzo alla fronte centrando il bollo. Il che impedirà ai periti di analizzarne la vera natura. In quell'istante, mentre Carola, Turpino, Bianca e alcuni apostoli accorrevano attorno al caduto, una gragnuola di sassi cadeva sulle forze dell'ordine. A tirarli non erano soltanto i lazzarettisti, ma anche molti estranei visibilmente indignati per l'accaduto. D'altra parte, alcuni testimoni, fra i quali , l'avvocato Leopoldo Galassi di Roma e un ispettore di polizia, pure di Roma, che si trovavano in vacanza ad Arcidosso, non esiteranno a definire l'episodio un omicidio premeditato quanto inutile. Ma ormai il tumulto era inarrestabile. Delegato e carabinieri, costretti a ritirarsi sotto il lancio delle pietre, aprirono più volte il fuoco sparando alla cieca. Caddero uccisi tre montanari, Domenico Borgagli, Mariano Camani e Antonio Lorenzini e ci furono almeno una cinquantina di feriti, fra uomini e donne, anche se il numero esatto non si potè mai conoscere poiché molti feriti, per paura, non si recarono dal medico. Fra le forze dell'ordine, l'unica vittima fu la guardia Farneschi. Preso di mezzo da un gruppo di lazzarettisti infuriati, il vigile cercò di fare uso della pistola e si sparò da solo a un ginocchio. Fuggiti i carabinieri, questa volta sì che gli arcidossini si sprangarono in casa temendo la rappresaglia. Ma fu una paura inutile. Quei poveri montanari non avevano desiderio di vendetta. Impauriti, forse delusi del mancato miracolo, si dispersero per la montagna. I più fedeli raccolsero il profeta morente e, adagiatolo sopra una scala a pioli, lo condussero nel villaggio di Bagnore, in casa dell'eremita Marsilio Lorenzoni. Prima di muoversi, frate Imperiuzzi aveva inviato un messaggio al sindaco Ferrini, chiedendo soccorso, ma non aveva ottenuto risposta alcuna. Da parte sua, il farmacista Becchini aveva rifiutato garze e medicine. In casa di Lorenzoni, David fu visitato dal dottor Luigi Terni, di Monticello. «Non c'è più niente da fare» fu il suo verdetto. Ma nessuno volle credergli: quegli ingenui montanari erano convinti che il loro David fosse immortale. Invece mori poche ore dopo senza riprendere conoscenza. L'assistevano i fratelli, i figli, la moglie, le cognate Amadea, Palissena e Pergettina, la maestra Fioravanti, l'Imperiuzzi e alcuni apostoli, tutti ancora addobbati nelle loro variopinte uniformi. Il cadavere fu sepolto nel cimitero di Santa Fiora, in una tomba anonima «senza fiori e senza lumi» come aveva ordinato il prete. Ma, come narra una leggenda, un cespo di violaciocche rosse come il sangue sarebbe subito sbocciato su quel tumulo. n giorno dopo l'uccisione del profeta, tre compagnie di linea e un reparto di carabinieri a cavallo giunsero ad Arcidosso per da¬ re inizio alla caccia al lazzarettista. Il rastrellamento durò una settimana e furono arrestate oltre cento persone fra cui tutti gli apostoli, i tre fratelli di David, la Carola, Turpino e, naturalmente, il frate Imperiuzzi. Incatenati come briganti, furono condotti nel carcere di Grosseto non essendo sufficiente quello di Arcidosso. Due di essi morirono di malaria in prigione, altri furono prosciolti in istruttoria; ne rimasero ventuno che furono rinviati al giudizio della Corte d'Assise di Siena sotto l'accusa di ribellione alle leggi, di tentato saccheggio e di tentativo di sovvertire la forma del governo del paese. Processati nel novembre dell'anno dopo, furono tutti assolti in primo grado con la formula piU ampia. Il pubblico ministero rinunciò a ricorrere in appello. Cadeva così il castello di false accuse costruito contro un gruppo di. uomini che avevano avuto il solo torto di credere che fosse possibile applicare sulla terra gli insegnamenti del Vangelo*. La Carola, tornata al paese, andò a vivere con la vecchia suocera che continuava a ripetere di non voler morire «prima che gli uomini non riconoscano che il mio povero David non era un impostore». La vedova del profeta, invece, non volle mai commentare la sconcertante avventura in cui l'aveva trascinata il suo irrequieto Milleidee. Turpino e Bianca, appena diventati adulti, furono assunti come impiegati presso l'ufficio postale di Arcidosso. Una riparazione tardiva di chi li aveva resi orfani. Frate Imperiuzzi, il ^piccolo Paolo» della Chiesa giurisdavidica, soffrì la scomunica, il carcere, ii dileggio e la povertà pur di dedicare il resto della sua vita a raccogliere e a diffondere la parola del suo maestro. Mori nel 1921. Anche gli apostoli di David, in particolare Beppe Corsini, morto nel 1943, dedicarono la loro vita alla piccola Chiesa giurisdavidica dell'Amiata che esiste tuttora. E Leon du Vachat? Abbiamo ritrovato una traccia del mistico magistrato francese in una lettera del 1903 indirizzata a frate Imperiuzzi. Diceva: Ho appreso che esiste un sant'uomo nel nord della Francia che ha un tavolo nella sua camera sul quale disegna gli eventi futuri. Sono andato a trovarlo e, davanti a me, ha disegnato la figura di David Lazzaretti alla testa di un corpo d'armata. Egli sta marciando. Come interpretate questa visione? Povero du Vachat. Quasi trent'anni dopo sperava ancora in un profeta armato che rimettesse sul trono di Francia Enrico V. L'eremo di monte Labbro, l'ambiziosa Nuova Sion di David non sopravvisse a lungo alla morte del suo fondatore. Chiesa, cappella ed eremo furono saccheggiati da fanatici clericali fomentati dal vendicativo don Pistolozzi. Le cose di pregio furono rubate, il resto dato alle fiamme. Ora sulla calva vetta del monte rimangono la caverna e pochi muri sbrecciati a testimoniare il passaggio di quell'uomo. Il suo home è rimasto nella storia e molti studiosi si sono occupati di lui. Cesare Lombroso lo definì un «mattoide», ma subito precisando che erano «mattoidi» anche Francesco d'Assisi, Savonarola, Lutero, Cola di Rienzo, Passanante e Guiteau. Antonio Gramsci, nei suoi Quaderni sostiene che Lazzaretti «in realtà fu fucilato e non ucciso in conflitto» e critica il costume culturale dell'epoca secondo il quale, invece di studiare le origini di un avvenimento collettivo, si isolava il protagonista limitandosi a farne una biografia patologica. E.J. Hobsbawn, infine, dedica un intero capitolo del suo libro / Ribelli al movimento lazzarettista. Ancora oggi la Chiesa fondata da David Lazzaretti nell'Armata continua a vivere nella tradizione popolare più autentica e sincera. Arrigo Petacco ! resti della «Nuova Sion» sul monte Labbro o Labaro. In alto da sinistra: David Lazzaretti; lo scontro con i carabinieri in una stampa popolare; veduta allegorica di monte Labaro con la Turris Davidica