Quanti Antecristi contro Manzoni

Quanti Antecristi contro Manzoni Molti motivi (e non sempre giusti) per dir male dello scrittore Quanti Antecristi contro Manzoni Augusto Simonini L'IDEOLOGIA DI ALESSANDRO MANZONI Longo, Ravenna 182 pagine, 5500 lire Autori Vari IL «VEGLIARDO» E GLI «ANTECRISTI» (Studi su Manzoni e la Scapigliatura) a cura di R. Negri Vita e Pensiero Milano 316 pagine, 5500 lire DIR male di Garibaldi si può, ma di Manzoni par proprio che si debba. Almeno da quando si è scoperto il suo fondo reazionario, il suo untuoso moderatismo da sacrestia. Leopardi «contestatore», Manzoni «reazionario» aveva intitolato un suo articolo su La Stampa Guido Piovene una decina d'anni fa, riassumendo una lunga tradizione critico-polemica (coeva allo stesso Manzoni), che dello scrittóre milanese fa un po' la cartina di tornasole delle convinzioni, dei comportamenti e degli stratagemmi, ideologici della classe di benpensanti moderati lungo l'età risorgimentale. Questa tradizione ha il suo punto di raccordo e di forza nei celebri giudizi di Gramsci, la cui efficacia sta proprio nella decisa contrapposizione ideologica che li anima, ma che li fa anche esclusivi sino alla voluta incomprensione, come nel giudizio (riportato dal Simonini) sugli umili, sui popolani che «per il Manzoni non hanno vita interiore, non ìtanno personalità morale profonda; essi sono animali, e il Manzoni è benevolo verso di loro proprio della benevolenza di una cattolica società di protezione degli ani' mali». Purtroppo l'impostazione, per altro apertamente dichiarata di Agusto Simonini nel «contrapporre ideologia a ideologia, ossia aggredire le pagine dello scrittore muniti di una strumentazione' metodologica che non solo impedisca di cadere nell'incantesimo ma renda capaci di dissolverlo» finisce per scattare come una tagliola, e chiudersi nell'esclusivismo del giudizio aprioristico, nella sistematica debolezza della stessa strumentazione adottata. Si arriva fino ad affermazioni senza sostegni, come la dogmatica asserzione che «chi ha in tasca il trascendente ha sempre ~r nflàr— nimo e negli atteggiamenti l'arroganza del potere», con le ovvie conseguenze del giudizio critico sull'opera, per cui la tematica del perdono che percorre tutti i Promessi Sposi è rivolta ad un «annientamento» completo di Renzo, delle sue sacrosante indignazioni e volontà di giustizia, fino al commento dell'ultima esortazione di padre Cristoforo: «C'è posto solo per una paranomasia: in nome di Cristo ti castro» (sic!). Il problema di fondo era già stato intravisto da Lanfranco Caretti (non sospetto di acquiescente ideologia filo-manzoniana) quando affermava nell'introduzione alle Opere dell'editore Mursia: «...Chi si limita ver ciò ad applicare all'opera manzoniana strumenti differenziati e si volge a descrivere separatamente quei dati, come se fossero distinti e irrelati tra loro, manca il bersaglio, e soprattutto *è tratto a confondere le proprie provvisorie estrapolazioni con il vero giudizio critico». Il che non esclude che si possa, a ragion veduta, dire del Manzoni tutto, il male posssibile, come facevano gli Scapigliati, nella loro simpatica iconoclastia, nel loro bisogno di affrancamento dal padre, di cui è detto nell'altro libro proposto. Il «Vegliardo» e gli «Antecristi»: bel titolo scelto da Renzo Negri (che doveva scomparire prematuramente, appena licenziato questo volume), per una raccolta di saggi di cui è «ancora protagonista, quasi sempre in negativo, Alessandro Manzoni. Una serie di s.tudi.in cui la ricerca sulla «fortuna» del grande scrittore milanese finisce per coinvolgere un quadro organico storico-culturale, che ebbe, negli Scapigliati inconsapevoli protagonisti, con la loro velleitaria, necessità di protesta e di rifugio nell'irrazionale. Aveva visto, giusto questa «pallida giostra i di poeti suicidi (l'autodef inizione è di Arrigo Boito), quando aveva intuito in Manzoni l'unico scrittore con cui dover fare i conti per quella conquista del «diverso» che era nelle loro incerte intenzioni, lo scrittore-argine, che aveva, tra l'altro, impedito l'invasione di lemuri e streghe, di tutte le ossessioni oniriche e dei mostri del profondo, di cui era pur stato ricco il romanticismo d'oltralpe. Ma non è così definitivo e pacifico il rifiuto, se il confronto-scontro con il Manzoni si rivela contraddittorio. Praga grida in celebri versi «Casto poeta che l'Italia adora, / vegliardo in sante visioni assorto, i tu puoi morirl... Degli antecristi è l'ora i Cristo è rimorto!», e pochi anni dopo, e non solo per compiacenza di necrologio, fa eco rovesciata a se stesso: «Casto Poeta del Buono e del Bello, l guardaci ancor dal cielo; / e sia la croce del sacro avello i luce immensa... non velo!». E il Dos■ si lamenta nel '70: «Oggidì il rivoluzionario Manzoni lo chiamano reazionario!». Fertilità delle contrapposizioni, che nasce dalla ricostruzione delle linee e del significato di un confronto «al termine del quale — ci pare opportuna la conclusione • del Negri —• l'esemplarità manzoniana, affrontata e sofferta da tutti i rappresentanti della Scapigliatura, si rivela* "insormontabile" e forse per questo, dopo questa esperienza... la letteratura italiana preferirà evitarlo, in futuro, almeno fino ad oggi». Stefano Jacomuzzi '

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