E sugli schermi arrivò la corazzata Potemkin di Gianni Rondolino

E sugli schermi arrivò la corazzata Potemkin Il cinema degli Anni Venti nella monumentale storia di Sadoul E sugli schermi arrivò la corazzata Potemkin Georges Sadoul STORIA GENERALE DEL CINEMA. L'ARTE MUTA (1919-1929). I. IL DOPOGUERRA IN EUROPA Einaudi, Torino XVI-444 pagine, 253 ili. f.L, 35.000 lire Apiù di dieci anni dalla morte dell'autore e a tre dall'edizione francese, esce ora in italiano, nella traduzione non sempre appropriata di Piero Arlorio, la prima parte del quinto tomo della monumentale Storia del cinema di Georges Sadoul di cui Einaudi aveva già pubblicato nel 1965 e nel 1967 i tomi precedenti raccolti in due grossi volumi Prossimamente dovrebbe uscire la seconda parte che, con questa testé pubblicata e quelle già edite, completa il quadro della nascita, dei primi sviluppi e della grande espansione del cinema sino all'avvento del sonoro, tracciato dall'illustre storico francese. E', come si vede, un'impresa di vaste proporzioni che Sadoul aveva iniziato alla fine degli Anni 30 e portato avanti nel corso dei decenni con perseveranza, dando alle stampe di volta in volta i risultati delle sue ricerche; impresa che non gli impedì nel frattempo di occuparsi di studi particolari, a volte di notevole valore, e soprattutto di dedicarsi a una attività pubblicistica militante ch'egli svolse con grande passione ed entusiasmo sino agli ultimi giorni della sua vita. Ma è un'impresa che si rivelò sin dagli inizi quasi disperata, nel senso che, volendo abbracciare complessivamente il cinema nei suoi diversi aspetti tecnici sociali artistici economici ideologici, senza nulla trascurare, e al ter-.apo stesso con la pretesa di fornire un quadro d'insieme sufficientemente organico e sintetico, risultò ben presto irrealizzabile con le forze d'un solo stvdioso. TI problema non era tanto quello dell'impossibilità di scrivere da solo una storia generale del cinema, che ne desse un'interpretazione critica complessiva, quanto piuttosto di non riuscire a conciliare l'analisi e la sintesi, le ricerche d'archivio e la loro collocazione in un quadro sintetico di riferimento, la pubblicazione dei dati e dei documenti e la trattazione storica d'insieme. E ciò derivava dal fatto che, in campo cinematografico, la filologia e la storia particolare muovevano allora i primi passi, e occorreva per prima cosa fare le ricerche, con¬ trollare i dati, scoprire o riscoprire i testi, e solo in un secondo tempo tentare la sintesi, inquadrare il materiale documentario in una visione critica generale. L'errore principale di Sadoul fu quello di essere, o di voler essere, a un tempo filologo e storico, ricercatore paziente e grande divulgatore, scrivendo un'opera — rimasta incompiuta per la sua morte prematura, ma destinata comunque a rimanere incompiuta — che doveva costituire tanto un testo di consultazione e di riferimento storico quanto un archivio di documenti. Oggi a parecchi anni di distanza, ci si accorge che Sadoul fu un filologo non molto attendibile e uno storico approssimativo, sicché la sua storia monumentale, che pure ha il pregio di rivelare documenti poco noti o inediti e di saperli inquadra¬ re in un contesto storico-sociale di cui sono messi in luce i dati essenziali (seppure costretti in schemi interpretativi per lo meno discutibili), risulta in ultima analisi poco utile, non tanto e non solo per gli errori e le lacune, ma anche e soprattutto per l'assenza da un lato di una reale prospettiva storiografica, dall'altro di quell'ampiezza e precisione documentaria che, nella struttura stessa dell'opera, sono gli aspetti salienti e indispensabili Questi errori di base appaiono ancor più evidenti in questo volume dedicato al cinema muto in Europa dal 1919 al 1929, uscito postumo e confezionato con i manoscritti, le schede e gli appunti lasciati da Sadoul; e sono errori che rendono la lettura del libro, oltreché faticosa e insoddisfacente, addirittura patetica. Proprio perché al- l'ammirazione per la costansa dì Sadoul nel raccogliere i dati e le testimonianze, si accompagna la constatazione dell'inanità della maggior parte dei suoi sforzi oggi che una varia e articolata produzione storiografica e la riscoperta di film che si credevano perduti hanno consentito una ben diversa documentazione e interpretazione critica. Sadoul suddivide la materia in dieci capitoli abbastanza ampi dandoci sia le informazioni di base sull'industria cinematografica nei diversi paesi sia la documentazione relativa ai registri e ai film più significativi Traccia così un profilo di Louis Delluc e del cosiddetto «impressionismo francese», del declino del cinema svedese, del cinema della Repubblica di Weimar, fra espressionismo e realismo; ma si sofferma soprattutto sul nuovo cinema sovietico a cui dedica la parte centrale del libro, ed in particolare sulla Corazzata Potemkin di Ejsenstejn considerata il punto d'arrivo e la massima espressione di tutto il cinema muto. Se si escludono infatti i capitoli dedicati al cinema francese, che ancora offrono qualche motivo di interesse documentario, quale utilità possono avere oggi il capitolo frettoloso sul cinema svedese, o i due incompleti sul cinema tedesco, o i quattro farraginosi e lacunosi sul cinema sovietico? Né sono sufficienti a completare i vuoti o a correggere gli errori le pur lodevoli note del curatore, perché — come si è detto — il difetto basilare sta nell'impostazione stessa dell'opera e nella sua irrimediabile «datazione». Gianni Rondolino

Luoghi citati: Europa, Torino, Weimar