I Turchi a Gallipoli

I Turchi a Gallipoli Una nuova storia d'Europa: il momento della paura I Turchi a Gallipoli Hellmut Diwald EMANCIPAZIONE (c. 1400-1555) voi. I de «I PROPILEI STORIA D'EUROPA» Mondadori, Milano 509 pagine, s.i.p. (i 6 voli, de «I PROPILEI» 336.000 lire) GIÀ' alla metà del secolo XIV i turchi costituirono unaloro testa di ponte in Europa, ma questo avvenne in modo piuttosto anodino. Come ci spiega lo storico Hellmut Diwald, il sultano Orkhan (figlio di Othman I, fondatore della dinastia detta appunto «ottomana») nel 1352 fu chia-: mato in aiuto dall'imperatore bizantino, che lo compensò attribuendogli la cittadella di Cimbi sulla riva europea dei Dardanelli. Due anni dopo, in occasione di un violento terremoto, che aveva danneggiato gravemente la fortezza di Gallipoli, i turchi occuparono anche questa, mettendo piede così saldamente oltre l'Ellesponto. Lì per li, dunque, l'evento non ebbe particolare rilievo. Però, Othman I e Orkhan diedero al loro impero una rebusta organizzazione civile e militare; il primo, in x particolare, costituì, in anticipo sugli europei, una ec-> celiente armata di fanti (la «nuova milizia», «yeni gerì»: i «giannizzeri»). Nei decenni seguenti i turchi dilagarono nei Balcani alle spalle dei bizantini; verso la fine del secolo già tentavano la conquista di Costantinopoli. Solo un'altra e più selvaggia spinta da oriente, quella dei mongoli di Tamerlano, li fermò per allora; ma ripresisi ben presto, nel 1453, com'è noto, conquistarono alfine la Roma d'oriente. Allora veramente l'Europa tremò. E quella data venne poi proposta, fra altre, come punto d'inizio dell'età moderna. Ci è venuto fatto di citare un argomento svolto al centro di questo volume, perché la denominazione di «propilei», attribuita a questa sto¬ ria d'Europa come ad altra analoga e ben nota collana mondadoriana, ci fa pensare, chissà perché, a quelle porte d'ingresso nel Mediterraneo, che sono da oriente gli stretti, Bosforo e Dardanelli, a cui corrisponde a •occidente l'altro limite dell'antico spazio europeo-mediterraneo che sono le «colonne d'Ercole». L'attuale situazione politica internazionale, che vede l'Europa scissa fra due poli d'attrazione, quelle occidentale — che ne include una parte, con l'America, nell'orbita atlantica — e quello orientale — che ne include l'altra, con larga parte dell'Asia, nella contrapposta orbita continentale — c'induce naturalmente a una proiezione retrospettiva. E istintivamente siamo portati a cercare una qualche corrispondenza fra quella antica spinta verso occidente dall'Asia verso l'Europa che fu la conquista turca, e la spinta, di poco successiva, dall'Europa, oltre l'Atlantico, verso il Nuovo Mondo, che, inaugurata dall'impresa di Colombo, andò avanti impetuosamente nel XVI e nel XVII secolo. Senonché l'autore di questo volume non c'incoraggia affatto in tal genere di elucubrazioni, e anzi ci mette implicitamente in guardia contro di esse nella chiara e ben argomentata introduzione (Europa: Occidente e Oriente). Contro il «complesso d'inferiorità avvertito generalmente in Europa per qualche tempo dopo la 2" guerra mondiale», Diwald ci avverte che oggi «è fuori discussione che la politica mondiale si orienta pur sempre in misura prevalente sui problemi europei». Non bisogna temere, dunque, l'accusa di «eurocentrismo» ; ma la risposta deve consistere nell'ampiezza della concezione europea, che deve valutare adeguatamente il ruolo dell'impero ottomano e della Russia nel sistema europeo degli Stati, per cogliere gli aspetti complessivi ' di questo vasto spazio. E la fedeltà a tale premessa di¬ venta infatti caratteristica e pregio di questo volume di robusta sintesi, unitamente alle buone doti di narratore che dimostra lo storico (ordinario di storia medioevale e moderna a Erlangen e autore di varie pubblicazioni, fra cui una notevole biografia di Wallenstein). Resta da aggiungere che il bel libro, riccamente illustrato e dotato di varie utili carte e tabelle, sarà seguito, per giungere fino ad oggi, da altri cinque volumi, opera di E. W. Zeeden (1556-1648), R. Mandrou (1648-1775), E. Weis (1776-1847), Th. Schieder (1848-1919), K. D. Barcher (1919-1975). Sia lecito, in un caso come questo, ricordare anche la meritoria fatica del traduttore e redattore, Fernando Solinas. Augusto Comba