Algeri la bianca fiorisce di poesia

Algeri la bianca fiorisce di poesia Guardano ancora alla Francia gli scrittori del Magreb Algeri la bianca fiorisce di poesia i Giuliana Toso Rodinis (a cura di) LE ROSE DEL DESERTO, SAGGI E TESTIMONIANZE DI POESIA MAGREBINA Patron, Bologna 360 pagine, 9500 lire L prradosso iniziale della «negrità» è molto simile al paradosso iniziale del femminismo. Il non-risca ttato, per riscattarsi e differenziarsi, per trovare un'identità, deve valersi di un 'priarsi degli strumenti dell'avversario e assumerne il volto e la lingua. Se la letteratura della negrità vera e propria e già storicamente delineata — negrità africana e americana, di lingua inglese, francese e portoghese — ha ormai una settantina d'anni e annovera anche un Prix Goncourt — quella magrebina. dell'Algeria, della Tunisia e del Marocco, nasce soltanto con l'ultima guerra. Si esprime in francese, in berbero o in arabo. Quella d'espressione francese, che in quest'occasione ci interessa, ai suoi inizi balbettava e copiava, imi¬ tava movenze ormai fuori moda in Europa, rifaceva il verso ai Parnassiani e andava a scegliersi fra tutti gl'idoli o modelli possibili un poeta grazioso e tutto sommato innocuo come Francois Coppée. Ma intorno al 1940 qualcosa cambia e viene acquisita una coscienza identitaria, anche sotto la spin ta di gravi eventi politici. Appare la prima voce seria e di grande impegno poetico e umano. E' quella di Jean Amrouche (1906-1962), un algerino vissuto in Tunisia che affida al ginaires il suo fervido appello alla riscoperta delle radici vive della fantasia africana contro «i simulacri della poesia descrittiva», contro ogni retorica d'accatto o d'importazione. Prima, valersi del francese appariva soltanto un espediente di forza maggiore, utile per estendere il messaggio «oltre i confini della tribù» (e si parla naturalmente di tribù illetterate), per far sentire al mondo la presenza di un coro minoritario, sì. ma germinante di l'oei nuove. Con il tempo tuttavia — e anche se il problema per alcuni resta aperto — il francese è stato assimilato», ha smesso di suscitare polemiche ardenti e rovelli di alienazione. Il programma, come in tutti i Paesi in via di riscatto e di affermazione, suona dunque cos'i: la lingua sarà la loro, ma l'anima sarà nostra. Ed ecco molti scrittori magrebini apprezzare, nella fortuna del francese, il correttivo necessario contro un possibile strapotere dell'arabo (che sarebbe un'altra alienazione»/: altri, collegati aWEcole d'Alger. esprimere la loro sintonia con la lingua dell'antico colonizzatore grazie al fascino irraggiante dell'algerino Albert Camus: ed ecco il poeta Malek Haddad condensare l'accettazione sua e dei suoi compagni nella frase: Je remercie la langue francaise de m'avoir permis de servir mon pauvre et beau pays. Giuliana Toso Rodinis che da tempo seguiamo con interesse nel suo lavoro, presenta ora un volume edito da Patron, dal bel titolo Le rose del deserto (Saggi e testimonianze di poesia magrebina contemporanea d'espressione francese). Il volume, un esempio di intelligente e proficuo lavoro d'equipe, si avvale di ricerche condotte dai docenti dell'Istituto di lingue e letterature romanze dell'Università di Padova, sezione francese, e di testimonianze dirette, talora di testi inediti di scrittori magrebini. I docenti offrono, dei principali problemi, formulazioni critiche da cui sarà difficile prescindere nell a vvenire di questi studi: pensiamo in particolare al contributo detta stessa Rodinis su Jean Renata Amrouche. itinerario di un poeta».e ancora al «Claude Bénady et la parole défaite» di Luigia Zìili Quanto alla testimonianza dei magrebini. essa ci colpisce innanzitutto nelle parole di un brevissimo saggio di Albert Menimi <-quella mediocrità cosi scandalosa in poesia...») che. seguito da un poemetto, basterebbe da solo a dar la misura della maturità raggiunta da questa interessante minoranza. Poi ci colpisce in molte poesie o brani, saggistici e creativi, citati qua e là nei vari saggi. Su ogni poeta bisognerebbe soffermarsi: Mohammed FJib. Kateb Yacine che avevamo già conosciuto sulle scene parigine. Emmanuel Roblès (forse il più noto, anche membro dell'Académie Goncourt), Malek Haddad. Henri Kréa e una poetessa del '31, Anna Gréki. che fu insegnante, partecipo alla guerra di liberazione algerina, subì tremende torture e morì nel 1966. Le dedica qui un saggio Antonella Sichirollo e ne cita alcuni versi da ricordare, come quelli suggestivi e vagamente di gusto . naif con cui la Gréki descrive Alger la Bianche. Altrettanto degni di attenzione, alla fine del volume** riTcO Hamid Tibouchi. fra l'altro noto pittore, nato nel 1951 ed esaurientemente presentato da Patrizia Martini. Traduciamo qui la poesia «Terra sognata-, dove il significato politico e sociale ris ulta pe rfe ttamente t ra sposto nei simboli di una gioia panica. Ma tu verrai mia terra riscattata dall'angoscia vallata dove senza tremerò si pu^ essere uomo oasi di soie con acqua molta acqua con aria molta aria esploder"' ia verit? come un'anguria matura la berremo non avremo più sete di nulla e balleremo sopra i vecchi incubi e fano"o p elo a«3°rto ?mo iaria Luisa Spaziani

Luoghi citati: Algeria, Bologna, Europa, Francia, Marocco, Padova, Tunisia