Si chiama Schmitz ed è un po' Svevo

Si chiama Schmitz ed è un po' Svevo Si chiama Schmitz ed è un po' Svevo Elio Schmitz UNA CONGIURA A PALAZZO E ALTRI SCRITTI a cura di B. Maier Bulzoni: Roma, 94 pagine, 2000 lire t-v ODICI sonetti, pochi frammenti in prosa, una Jr commedia in due atti scritta per un'attrice bambina. Difficilmente queste pagine sarebbero uscite dall'archivio di famiglia se a scriverle non fosse stato il fratello più giovane (morì a 23 anni, nell'86, per postumi di nefrite) di Ettore Schmitz, cioè di Italo Svevo. Non diciamo che sarebbe stato un peccato in assoluto, una perdita dolorosa se il buio d'un cassetto avesse continuato a custodire queste poche pagine: i versi sono quasi tutti insopportabili («Addio. Italia mia, o bell'ovile»: «Toccato non ancor l'esperio lito / avea la notte, che la desta Aurora...» ; «Amor divin fia il nostro e non terreno») e solo testimoniano con un certo stupore l'educazione classicistica che veniva impartita anche nelle scuole commerciali dell'Imperiai Regio Governo absburgico; i frammenti nulla aggiungono a quanto è rintracciabile nel Diario di Elio, che Bruno Maier aveva pubblicato nel '73: solo la commedia ha una sua balda autonomia, nelle azzeccate mosse da apologo vivacissimo ed efficace (giro l'idea alla Tv per la trasmissione dei ragazzi: Assicuro il successo). Detto questo, va però aggiunto che l'operazione di Maier (è ancora lui. s ve Viano da sempre, a curare questo libro con una indovinata introduzione) è riuscita utile al di là dell'importanza dei testi: è la tessera in più in quel mosaico, che con sempre maggior chiarezza e con rivelazione sempre più complessa e affascinante viene disegnando la storia e la realtà d'un'area culturale che ha l'importanza di un'anticipazione. Non è tanto l'«aria di casa Svevo» che conta quindi (certo: come non riandare per lo meno a Una vita a contatto con la pagina del povero Elio, mortificato «praticante» di modesti uffici commerciali?), ma la nota in più, esilissima postilla anche nei dati biografici, a quella letteratura di consapevole arresa contestazione, che viene opponendo un modello di esistenza troppo pensata per essere vissuta, ritagliata ai margini rassegnati dell'indifferenza, per la costruzione del controeroe, dell'«uomo senza qualità». L'aria di casa Svevo si apre a coinvolgere Musil e Walser e, in casa nostra, il tedio del gozzaniano Toto Merùmeni e l'abulia del Rubé borgesiano. Discorso troppo grosso, viste anche le fragili spaile del fratello di Svevo. Stefano Jacomuzzi

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