Bob Dylan ritorna e scuote l'Europa di Ruggero Bianchi

Bob Dylan ritorna e scuote l'Europa Mentre un concerto di Joqn Baez è proibito nell'Unione Sovietica Bob Dylan ritorna e scuote l'Europa Joan Baez e Bob Dylan: l'inarco-radicale e il «profeta», il «poeta elettrico», il Mito. Di essi si è tornato a parlare per ragioni opposte: perchè la Baez non ha cantato e perchè Dylan, dopo anni di silenzio, che lasciavano presagire un abbandono definitivo delle scene, ha ripreso a tenere concerti in Giappone, Australia, Nuova Zelanda e a Londra, Parigi, guadagnando, di dice, 800 milioni ai minuto. La Baez è stata costretta al silenzio nell'Unione Sovietica. Una sua esibizione è stata cancellata bruscamente perchè la cantante, com'è sua abitudine, intendeva intercalare, fra una canzone e l'altra, com- i * 0»\m t» 1 n n 1-i ?. w«r./-(wrt gii lucuu Cuc «<e auiviim uivaumvuu ut uuu gradire. «I commenti che avevo preparato per l'Urs's», ha dichiarato la Baez in un'intervista, dicevano: «Il popolo sovietico è un grande popolo, al quale tutto il mondo deve gratitudine: ha spazzato dalla storia la ti¬ rannide zarista e ha sconfitto la pazzia nazista. Dopo quelle manifestazioni di forza, è strano che la nazione sovietica abbia paura di alcuni dissidenti. Forse a causa di questo il mio concerto è stato soppresso». Inaspettatamente, insperatamente, Bob Dylan ha ripreso a girare i teatri del mondo. Per denaro, dicono alcuni; perchè non può fare a meno di cantare, obiettano altri. Lui, Dylan, non smentisce né l'una né l'altra voce. Sembrava, dopo quel catastrofico incidente che l'aveva immobilizzato per lungo tempo, che volesse dedicarsi alla poesia, e soltanto a quella. Ma il «profeta» questa volta smentisce: lui è solo musicista. E il mito rinasce. Forse è meno luminose degli Anni Sessanta; certo è meno invadente, più meditato. Ora Dylan parla soprattutto attraverso una poesia difficile e ermeticamente allucinata. I suoi canti-poema sono volt TinttH1ìs»o+S »»» imin . AL di là di una generica appartenenza al Movemeni (ma Dylan di recente ha rinnegato anche quella, dichiarando di voler appartenere soltanto a se stesso), non C'è molto in comune tra Bob Dylan e Joan Baez, anche se da più di quindici anni i loro nomi vengono sovente associati. Si conobbero non ancora ventenni, agli inizi degli Anni Sessanta: Bob Dylan, che aveva lasciato il Minnesota per andare a trovare in ospedale Woody Guthrie, il suo grande idolo, si chiamava ancora Robert Zim- mermann; Joan Baez, che aveva appena inciso il suo primo disco e cominciava a ricevere offerte dalle reti televisive, ne apprezzò il talento e contribuì a lanciarlo. Oggi la Baez ha in repertorio alcune canzoni di Dylan ma, a parte questo e l'amicizia che li lega, le loro strade divergono abbastanza nettamente. L'uno si è ripiegato in se stesso, sviluppando al massimo la propria creatività e scrivendo testi spesso assai difficili e colti; l'altra s'è orientata con sempre maggior sicurezza verso l'impegno politico e sociale, batten¬ dosi per i diritti civili, per i negri e per la non violenza, mantenendosi fedele alla tradizione popolare, con semplicità e con schiettezza. In un certo senso, la Baez è rimasta una cantante, una donna e una militante, mentre Dyla, è diventato un poeta autentico, il Whitman o il Ginsberg degli Anni Sessanta e Settanta. Per parlare di sé, la Baez sceglie la via dell'autobiografia spoglia, costruita su aneddoti, ritrattini, impressioni, sogni («Mia madre mi ha accompagnato due volte in prigione. Sia- mo state detenute insieme per insubordinazione civile al Centro di reclutamento di Oakland. Essa mi diceva che non sapeva se ciò servisse a qualcosa, ma che comunque avrebbe potuto dare ad altre madri il coraggio di fare 10 stesso...»; «Mio padre insegna fìsica. E' dottore in filosofìa e fìsica, e a noi tutte spiace che non abbia avuto un figlio, uno solo, ma incline agli studi, ai titoli universitari, all'educazione accademica di qualsiasi specie; un fanciullo che gli potrebbe prestare unpo ' di attenzione quando fa le sue esperienze di fìsica durante ipasti...»). Il racconto della sua vita (Daybreak, «Alba») si chiude con la frase che dà il titolo all'edizione italiana: «Saresti imbarazzato se ti dicessi che ramo?». Bob Dylan si cimenta invece in una sorta di work in progress dal titolo ambiguo, Tarantola; ne blocca la pubblicazione per anni, per poi farlo uscire senza alcuna modifica, perché «prima non andava ma adesso va bene». Un libro difficile come e più ancora della orosa jazzistica di Kerouac e dei versi allucinati di Ginsberg, un volume che fin dall'inizio sembra fatto apposta per scoraggiare il lettore: «aretha/jukebox di cristallo regina dell'inno & lui diffuso in ubriaca ferita da trasf "ione farebbe attenzione a dolce lunghezza d'onda paralizzato e grida salute a oh grande particolare oscillazione da el dorado e tu abbattuto dio personale ma lei la guida quando tu segui, essa non può essa non ha schiena...». Né le loro canzoni si somigliano di più. La Baez attinge al repertorio del folk e della tradizione popolare, recupera filastrocche e ninnenanne. spiritual, inni e ballate: canzoni fortemente descrittive, spesso con una storia e una trama, quasi volgarizzazioni e semplificazioni delle poesie di Spoon River di Edgar Lee Masters («Avevo una ragazzina che mi amava, I aveva diciannove anni, I era il fiore di Belton, I La rosa dì Saleen. I Ma non piacevo ai suoi genitori, ! Edora è lo stesso anche con lei, I Se il mio nume è scritto sul tuo libro, amore, I Cancellalo pure ormai...») o fiabe sorridenti e patetiche ( «C'era una dama ed era una dama »aia. i di figli ne aveva tre. Li mandò nel Nord del paese > ad impararvi la grammatica...*: «Willie Moore era un re dì vent'anni, I e corteggiò una bella fanciulla, ' i suoi occhi sembravano due vividi diamanti. I d'un nero curvino erano i suoi cape/li...»). Non a caso nel suo repertorio, tra le relativamente poche canzoni d'autore, figura una delle più sognanti poesie di E. A. Poe. Annabel Lee («Fu tanti e tanti anni or sono, I in un regno lungo 11 mare, I che viveva una fanciulla che potete chiamare I con il nome di Annabel Lee... » ). Le canzoni e le ballate di Dvlan rivelano invece vaste e complesse matrici culturali, dall'amore giovanile per Steinbeck alla scoperta di Rimbaud. dalla frequentazione della cultura underground americana all'ammirazione per Kerouac e Ginsber2. dalla lettura di Blake allo zen e alla letteratura psichedelica: «Dentro i musei I l'infinità viene giudicata ! voci echeggiano è così che I deve essere la salvezza dopo uft po' di tempo I ma monna lisa doveva avere i blues della strada I lo si capisce da come sorride...»; «Shakespeare è nel cortile I con le scarpe a punta e i campanelli / parla con una ragazza francese I che dice di conoscermi bene...»; «i re dì tiro con le loro liste di prigionieri / fanno la fila per il loro bacio di geranio I e tu non potevi sapere che sarebbe finita così I ma chi di loro veramente vuole solo baciarti / con le tue fiamme di infanzia e il tuo tappeto di mezzanotte...». Nel 1971, a New York. Dylan e Ginsberg s'incontrarono e decisero di lavorare insieme. A distanza di due anni, da Londra, Ginsberg scrisse una poesia, Leggendo Bob Dylan, che cominciava con questi versi: «Ora che è polvere e ceneri I ora che è pelle umana I ecco Bob Dylan I una poesia per i tuoi allori. I La forma più sincera d'adulazione I è l'imitazione, si dice, I io ho spezzalo il verso lungo I per scrivere una canzone alla tua maniera». Ruggero Bianchi .