Quei pazzi delle autoambulanze protestavano contro la guerra

Quei pazzi delle autoambulanze protestavano contro la guerra John Dos Passos infermie Quei pazzi delle autoambulanze protestavano contro la guerra 11 periodo italiano dello scrittore americano ventunenne ricostruito sui luoghi deila guerra. Un viaggio avventuroso da Parigi a Bassano sulle vecchie autoambulanze Norton-Harjes. Le osterie delle grandi bevute e le fughe solitarie sui vecchi campanili per leggere Swimburne e De Vigny. Fra i suoi amici contrabbandieri, ladri e disertori. Gli piaceva l'Italia lontana dal fronte e soprattutto i contadini e gii operai. A mia pubblicazione di un racconto _j inedito dei 1919 di Ernest Hemingway («La scomparsa di Pickles McCarty», ne II racconto, edito da Giovanni Arpino. gennaio 1976) e ricerche presso gli archivi centrali dell'ARC (Croce Rossa Americana) di Washington, hanno permesso la localizzazione delle cinque Sezioni di autoambulanze Are che nel 1918 operarono sul nostro fronte. La Sezione Uno era accantonata a Ca* Erizzo di Bassano dei Grappa, sulla sponda sinistra del Brenta, un chilometro circa a nord dello storico ponte del Palladio. In questa villa Hemingway ambientò il racconto su Pickles McCarty. Le Sezioni Due e Tre erano nel Basso Piave, a Roncade e a Portegrandi. La Quattro, di cui fece propriamente parte lo scrittore, si trovava nel lanificio Cazzola di Schio, nei settore del Pasubio e delle Piccole Dolomiti. La Cinque, a Fanzolo. tra il Montello e Castelfranco Veneto. Nei poco più di dieci mesi di servizio, il contributo di quegli americani dell'Are fu tutt'altro che disprezzabile: trasportarono 148.224 feriti, in 14.191 viaggi, per un totale di 1 milione 50.907 chilometri. Storico dell'impresa fu un giovane professore di filosofia dell'Università di Yale. Charles Bakewell, che pubblicò The Story of the American Red Cross in Italy (Macmillan. 1920). E' un peccato che Bakewell. preoccupato di dati ufficiali, sia reticente sulla vita di quelle Sezioni, sugli uomini che le componevano, le attività e i giornaletti che pubblicavano. C'era tra di loro gente di talento. E' un inconveniente che sta ora scomparendo, grazie ai contributi di Hemingway stesso, ai diari di John Dos Passos e di tutti quei documenti di altri ex autisti, alcuni dei quali ancora vivi. Acquista, in particolare, interesse la storia della Sezione Uno di Bassano, dove oltre al ventiduenne romanziere John Dos Passos c'era la gang letteraria di ex studenti dell'Università di Harvard, di cui egli parla ne La bella vita (1966): lo stesso Dos Passos. Frederick van den Arend, Sidney Fairbanks, il drammaturgo Jack Lawson3 il poeta Dudley Poore... Venivano tutti dalla rivista Harvard Monthly e avevano pubblicato la raccolta Eight Harvard Poets (New York. 1917); Gentlemen volonteers, antimilitaristi e di idee libertarie e socialiste, a Bassano ne combinarono qualcuna di troppo e rischiarono processo e fucilazione. Viene cosi a galla un secondo «caso Cummings» (il loro amico, autore de La stanza enorme. 1921. messo dai francesi in campo di concentramento come spia e che evitò per un pelo il plotone d'esecuzione) e uno spaccato di vita di retrovie, in uno dei settori più caldi del fronte italiano della Grande Guerra. Dos Passos e compagni erano vecchie pellacce che avevano già servito in Francia con le Autoambulanze Norton-Harjes e ora in Europa volevano tirar fuori dal fuoco questi meridionali, non portarli al gran macello (ma anche, come confesserà Dos Passos, nel 1968. vedere un po' la guerra). Capaci nel pericolo di dedizione assoluta, quando non sono in servizio avevano il gusto per le guasconate. La loro irriverente allegria (o modo elegante di esorcizzare le ridicole fesserie dei governi e la guerra), dopo gli ammutinamenti di interi reggimenti francesi di quel 1917. non piacque però alle autorità militari, che cominciarono a setacciare quei gentlemen volonteers, due dei quali, E.E. Cummins e Siater Brown, furono arrestati. D gen. Pershing, comandante del Corpo di spedizione americano, decise di intervenire. Sciolse le Autoambulanze Norton-Harjes, costringendo gli autisti ad arruolarsi nell'esercito o a ritornarsene a casa. Molti di loro, tra cui Dos Passos, si risentirono di quell'interferenza dei militari e si sbandarono per Parigi. Ci furono complicazioni e Pershing fece intervenire la polizia. Un'eco (un po' tardiva) della vicenda è registrata in una corrispondenza da Parigi, pubblicata il 22 novembre sullo Star di Kansas City (il giornale dov'era tornato a lavorare uno di quegli ex autisti. Ted Brumback, e presso il quale da un mese aveva iniziato come «cronista della mala» il diciottenne Hemingway): «Più di duecento americani in divisa di autisti sono stati ultimamente acciuffati dalle autorità militari. Sono stati presi i numeri dei loro passaporti ed è stato loro ordinato di presentarsi al Quartiere, generale, cosa che tutti fecero, tranne cinque. Questi, una volta arrestati saranno severamente puniti...». Una sistemazione per quei giovani turbolenti fu trovata. Verso la metà di novembre, l'ambasciatore in Italia Mr Thomas Nelson Page e il commissario straordinario dell'Are a Roma, maggiore Cari Taylor, segnalarono al Consiglio di guerra dell'Are a Washington che gli italiani nella ritirata di Caporetto avevano perso la quasi totalità del materiale sanitario. A Washington decisero di intervenire. Nel giro di 36 ore fu allestito un treno da Parigi, carico di 24 furgoni, materiali e provviste, con destinazione Italia. Agli autisti delle Autoambuìanze Norton-Harjes e dell'American Field Service fu ordinato di lavare le loro macchine, schierarle a ferro di cavallo davanti al palazzo di Fontainebleau e partire anche loro per il Sud. * •* * Fu un viaggio memorabile. Le macchine della colonna erano veterane di guerra, si bloccavano di schianto e bisognava star fermi per ripararle giorni interi, cosa che non dispiaceva agli autisti, con tutto quel buon vino da bere nelle osterie della valle dei Rodano, del Delfinato e della Provenza. Dos Passos come autista si era guadagnato al fronte una certa notorietà perché aveva infilato un mulo. Miope, diede in quell'occasione un saggio di grande istinto, prendendo tutte le buche possibili del percorso e. verso Marsiglia, andando a incastrarsi contro la macchina che lo precedeva. Passando per le viuzze dei paesi rivieraschi sommersi dal lancio di fiori, palme e arance, l'occhialuto Dos Passos ebbe altri innumerevoli guai. Durante le fermate c'erano frotte di donne, uomini, bambini e cani, con ragazzi che salivano sulle autoambulanze, suonavano il clacson e svitavano i coperchi dei radiatori. Ad Albenga fecero una mangiata di pesce fresco. Verso la fine venne fatto passare per i tavoli quello che essi credettero il Registro degli ospiti. Vi segnarono nomi e indirizzi, seguiti da lodi sperticate per il pesce e il vino, e nell'euforia riempirono pagine con gustosissime vignette. Non ci fu verso per il povero ristoratore far capire all'interprete della colonna che quello era il registro per la tessera del pane, e bisognava mettere la sola firma. Arrivarono a Milano dopo 18 giorni, verso il 6 dicembre. Dopo altre peripezie, quelli destinati alla Sezione Uno giunsero a Bassano del Grappa ai primi di gennaio (1918). Dos Passos. sotto pretesti vari, fu trattenuto a Milano per tre settimane (una sua canzonetta: Fiat 4, Fiat 4 / O mecanician of Milano I When unii she roll my Fiat 4? ò Piano signore va piano... »j, in attesa che loro, i capi (le strane invisibili creature, dèi o demòni che agiscono dietro le quinte) disponessero di luL Giunse infine a Bassano il 16 gennaio. A Ca' Erizzo, sede della Sezione Uno. c'è ancora un prezioso testimone di quei giorni. E' il dott. Ernesto Azzalin, classe 1900. Il padre e le sorelle erano sfollati a Siena. Rimasto in villa per tenere un po' d'occhio le cose, ricorda che gli americani dormivano nelle stanze del primo piano a sud, con la balcona- ta verso il colle di Bassano e il Ponte'Vecchio. C'erano anche gli Arditi il IVReparto, alloggiati negli scantinati a nord e con le porte di uscita in basso verso il fiume. Sopra di loro c'era un ospcdaletto. Altri arditi erano accampati di là del giardino e del viale di carpini secolari, sotto cui parcheggiavano le autoambulanze. Il fiume era qui attraversato ia una passerella e c'era un nugolo di lavandaie. Il pericolo di bombe era continuo. Una volta ne arrivò una (micidiali dal Sasso Rosso, sull'Altopiano) e uccise quattro arditi delle tende. Gli americani erano gente allegra. Davano spesso feste, cui invitavano le ragazze del luogo. Ho chiesto al dott. Azzalin se ricorda qualcuno in particolare. «Eccome. Due erano miei amici: un certo Lawson e un altro del Masscchussets con una barbetta da Mefistofele. Avevano il pallino della politica. Erano anche preoccupati per lo scolo che si erano beccati a Milano, mi pare. Aspetti che glieli mostro». E pochi istanti dopo, sui grande tavolo del sa- Ione affrescato e dove gli americani avevano le loro brandine, mi vedo sotto gli occhi un documento eccezionale: è un supplemento illustrato, del numero di aprile 1918 di Come sta?, ci sono le fotografie e gli indirizzi dei 39 uomini della Autoambulanze. Alcuni di loro (Davis Russell, il tenente John Cloud, che nell'estate del '18 fu amico di Hemingway all'ospedale dell'Are a Milano...) hanno rivisitato Ca' Erizzo negli Anni Cinquanta e hanno apposto sul foglio le loro firme. Nelle foto, oltre a Jack Lawson e al mefistofele Sidney Fairbanks, vedo il volto sornione e occhialuto di Dos Passos. E questo? Azzalin se lo ricorda bene. «Aveva le gambe storte e rideva sempre». Comandante di quella Sezione era il capitano George Utassy di New York, vice-comandante Gale Hunter di Flushing. Long Island. Ufficiali di collegamento italiani erano il capitano Cacciapuoti e il tenente Nesi. Essendo Ca' Erizzo alla portata dell'artiglieria austriaca, gli americani avevano provveduto a smistare materiale e carburante in cinque altri posti, due dei quali in pianura lontano dalle bombe (a Cittadella e a Rosa), e altri tre su per la Strada Cadorna dell'Asolo ne e del Grappa. Avevano in dotazione 15 autoambulanze Ford e 6 Fiat, più alcuni veicoli ausiliari: un camion, una berlina, una motocicletta. Sulla fiancata di molte Ford — ricorda Azzalin — c'era la scritta: "Dono dei Poeti Americani". * # * Per un po' di tempo, alla Sezione Uno. tutto filò liscio. Gli autisti svolsero la loro opera, spingendosi verso le prime linee dei Colli Alti, di Val San Lorenzo, dell'Asolone. del Grappa, di Val Calcino, su e giù per i tornanti a strapiombo della strada Cadorna. (Qui al fronte — scriverà Dos Passos — gl'italiani han compiuto lavori di alta ingegneria, degni degli antichi romani). C'erano anche i micidiali giri della morte o angoli d'inferno (dopo Ponte San Lorenzo, oltre l'Osteria alla Cibara, all'altezza di Monte Costòn) battuti in continuazione dall'artiglieria austriaca, e che autoambulanze e camion percorrevano a velocità folle, sperando nella buona sorte. Bisognava poi fare la spola con i basamenti delle teleferiche, gli ospedaletti da campo, gli smistamenti della pianura: Cittadella. Carmignano, San Pietro in Gu, Bressanvido. Lisiera, Vicenza. Con i nomi di località Dos Passos nei diari si diverte: Carmagnona, San Pietro de Gre. Lisura, Brasanvido, Cànolo (Madonna del Covolo, vicino a Crespano del Grappa). Roda e Rova (Rosa), Muselente (Mussolente)... I guai per Dos Passos e compagni incominciarono invece verso il 18 febbraio quando combinarono una delle loro guasconate. Saputo dai giornali che era morta l'imperatrice di Abissinia Taitù, vedova di Menelik. decisero di celebrarne la veglia funebre nelle loro stanze di Ca' Erizzo, con la brandina di