Le qualità rovinate dal male latino di Sandro Doglio

Le qualità rovinate dal male latino r. Alain Peyrefitte parla dei francesi (e anche degli italiani) Le qualità rovinate dal male latino Alain Peyrefitte IL MALE LATINO Sei, Torino 544 pagine, 9000 lire IL «male latino» è quella strana, quasi incredibile malattia che. secondo Peyrefitte. colpisce i francesi, ma anche gli italiani e in una certa misura perfino gli spagnoli: il credersi (e l'essere) individui eccezionali quando presi a uno a uno. e il ritrovarsi — quando si mettono assieme per fare uno Stato — in un guazzabuglio inestricabile di errori, di contraddizioni, di crisi, di eccessi burocratici, di occasioni perdute, di decadenza. Tante eccezionali unità danno insomma un totale zoppicante e incongruo. A breve termine, di questa malattia è forse più grave il sintomo che le conseguenze: il popolo che ne è affetto non ammetterà quasi mai di esserne ammalato, non ne cercherà le cause per curarsi: ma attribuirà i suoi guai a un «eclissi passeggera», a una «sfortunata coincidenza di circostanze». Oppure ne riverserà la responsabilità su una certa classe soltanto (i politici, per esempio), o sulle strutture dello Stato (le «istituzioni»), di cui si proclamerà vittima, pur facendo in definitiva di tutto per diventarne un ingranaggio. E il male, da curabile come sostiene che è il medico Peyrefitte. diventa cronico, si aggrava, e porta se non alla morte, alla paralisi definitiva. Peyrefitte — diplomatico e scrittore, uomo di go¬ verno gollista — ha nei confronti dei suoi connazionali un rapporto di amore e odio, che potrebbe a sua volta già essere interpretato come uno dei sintomi del «male latino». Dice dei francesi: «Uomini capaci di imprese folgoranti più che di silenziosa tenacia, di prodezze individuali più che di disciplina collettiva, stupiscono per la prontezza del loro risollevarsi, ma deludono per la leggerezza con cui lo compromettono: uomini che passano dall'atto di coraggio al colpo di testa, dall'eroismo allo sbandamento: continuamente posti di fronte alla difficoltà di vivere insieme; talvolta sollevati dal soffio potente di un progetto che li sovrasta, talaltra prostrati nell'asprezza e nella diffamazione di se stessi; suscitano presso gli stranieri l'ammirazione più che la fiducia o la stizza». In filigrana ci si potrebbe leggere un giudizio su un popolo ancor più vicino a noi: e questo fatto, di ritrovare nel libro di Peyrefitte tante cose che pensiamo di noi stessi, aggiunge stimolo e interesse al volume. Si domanda Peyrefitte: Perché il popolo delle Crociate e della Rivoluzione, di Pascal e di Voltaire, questo popolo vivace, generoso, dotato, offre così spesso lo spettacolo delle sue lacerazioni e della sua impotenza? Perché conta le più prestigiose scuole per ingegneri e un'industria tanto in ritardo? I migliori ingegneri per le telecomunicazioni e una cosi cattiva rete telefonica? I tecni¬ ci migliori dei lavori pubblici e così poche autostrade? I contadini più tenaci e un'agricoltura rimasta arcaica per tanto tempo? I soldati più coraggiosi e tante sconfitte? Una tale passione per la libertà e una simile incapacità ad organizzarla, a decentrare, a decolonizzare? Del modo di fare i governi e del mondo di comportarsi dei partiti. Peyrefitte cita una celebre frase del giornale satirico Canard enchainé: «All'inizio si tendono la mano. Dopo se la danno. Poi la rifiutano. Allora sono obbligati a passarsela. Finalmente se le lavano». Le nazioni, diceva Mao. marciscono come pesci: cominciando dalla testa. Cause lontane e vicine, remote e attuali di questo male. Peyrefitte ne elenca a dozzine, scorrazzando per la storta, risalendo a Cesare, sottolineando le differenze di sviluppo tra i Paesi di religione protestante («dinamici e moderni»), e quelli di tradizione cattolica) «tendenti alla gerarchizzazione ed alla sclerosi burocratica»). Va a cercare confronti e contrasti nella storia degli altri Stati, nei suoi ricordi di diplomatico, nelle impressioni di viaggi e soggiorni all'estero, nella cronaca minuta. Un carosello di fatti, di episodi, gradevoli e leggere sì. ma soprattutto interessanti per l'intelligenza con cui sono annotati e incolonnati. Da pamphlet, quale senza dubbio è stato concepito il libro si trasforma a poco a poco in documento appas¬ sionante e ricco, tessuto su una grossa erudizione, una cultura enciclopedica, una ottima conoscenza della psicologia. Compaiono — con volto più umano ma non per questo trattati senza critica —personaggi illustri della Francia, da Mendes-France a De Gaulle. a Pompidou. i cui gesti, i cui discorsi, le cui confidenze sono riviste in chiave di «mal latino». Peyrefitte ti obbliga a una continua ginnastica mentale che non stanca e non distrae, ma stimola e suscita connessioni tra fatti e personaggi che forse fino a ieri ci apparivano slegati fra loro, e che l'autore sa far diventare consequenziali. Nei fatti concreti, il «male latino» si identifica dunque nella paralisi burocratica, nella tradizione «imperial-accentratrice» di origine napoleonica e forse anche più remota, nell'immobilismo della società. I rimedi quindi sono relativamente facili a essere identificati: rimuovere queste croste, dar spazio allo autonomie, snellire la macchina statale, far sì che amministrazione e gestione e responsabilità abbiano spazi ben delineati e autonomie. Il difficile è realizzare questo programma.. Naturalmente Peyrefitte non è marxista né socialista: non è neppure pero uomo di destra o ispirato da una concezione cattolica: dissacrante e a volte crudele, ricorda costantemente al lettore che tutto e ancora possibile. Sandro Doglio

Luoghi citati: Francia, Torino