Amori in via di allestimento di Ruggero Bianchi
Amori in via di allestimento Due opere teatrali di William C. Williams, scritte negli Anni 40 Amori in via di allestimento William Carlos Williams MOLTI AMORI UN SOGNO D'AMORE . Trad. di Vincenzo Mantovani Introd. di Barbara Lanati Einaudi, Torino 166 pagine, 3000 sire COME una donna per completarsi deve produrre un figlio col suo ventre femminile, così un uomo deve produrre una donna, smagliante di bellezza f'jori dal guscio della sua immaginazione e possederla, per completare anche sé stesso». Per l'uomo, la donna è al tempo stesso poesia e strumento di poesia, e tale deve restare anche nel rapporto sessuale e nella vita matrimoniale, se davvero vuol essere amata dall'uomo/poeta, giacché le condizioni di una convivenza ideale si basano su uno «stupro dell'immaginazione». La donna è parola poetica, il cui ruolo fondamentale è ascoltarsi ma, soprattutto, ascoltare (l'uomo). Su questo paradosso platonico-romantico William Carlos Williams (uno dei maggiori esponenti dell'avanguardia poetica angloamericana del primo Novecento, insieme con Ezra Pound. Gertrud Stein e T. S. Eliot) costruisce Molti amori e Un sogno d'amore, due commedie da lui scritte in età già abbastanza avanzata, rispettivamente nel 1942 e nel 1948. Come osserva Barbara Lanati nella sua accurata introduzione, l'amore per l'amore e l'amore per la poesia costituiscono in esse gli evidenti poli dialettici, non soltanto a livello di enunciazione o di situazione ma anche a livello di scrittura. Nella prima — che sfrutta con accortezza la tecnica del teatro nel teatro, presentando produttore, regista, attori e tecnici di tre brevi atti unici in corso di allestimento, e costruendo la propria vicenda sulle loro relazioni e reazioni — il linguaggio passa con disinvoltura dalla scrittura in prosa alla scrittura in versi. Nella seconda — che all'apparenza s'incentra sulla squallida vicenda di un dottore/poeta che tradisce una moglie adorante ma anche un po' ottusa e remissiva —il dialogo è sovente spezzato da brevi inserti lirici, da autentiche poesie declamate dal protagonista. Il conflitto tra arte e vita, tra nobiltà delia poesia e banalità del quotidiano, non è insomma affidato soltanto a una situazione di partenza — l'aspirante drammaturgo di Molti amori, il medico poeta di Un sogno d'amore — ma si ripropone a ogni livello: nelle riflessioni che di continuo rallentano od ostacolano lo sviluppo della «storia», nei bruschi stacchi di tono, nella tessitura stessa del linguaggio drammaturgico. Non sorprende quindi che per tutte queste ragioni il primo dei due testi di Williams, Molti amori, abbia attirato l'attenzione del Living Theatre negli Anni Cinquanta, al tempo dei laboratori newyorkesi. Per dirla con Julian Beck, il dramma «era un palinsesto, con diversi livelli di significato, come il mondo, non un'unica storia, ma molte, complicate e connesse tra loro, e soprattutto sconnesse, ma tutto che avviene allo stesso tempo, si parla di cose alte e irraggiungibili e di cose sepolte, ugualmente irraggiungibili». Ma, contemporaneamente, si trattava anche di un'opera in cui «l'intero problema del verso nel teatro veniva sottoposto al pubbuco (...) Il contrasto di versi e di prosa cominciava a mostrare come un discorso elevato e straordinario potesse essere anche chiaro, semplice e adeguato alla vita quotidiana». E c'era, naturalmente, anche tutto il discorso del «coinvolgimento del pubblico» : il disagio dello spettatore che viene a teatro pensando di vedere un «prodotto finito» e che ha l'impressione di trovarsi nel bel mezzo delle prove, secondo un gioco pirandelliano. Opere di rottura rispetto al tradizionale teatro naturalistico borghese, ma al contempo ancora troppo «letterale» rispetto al modello del nuovo teatro degli Anni Cinquanta e Sessanta, i drammi del dottor Williams vanno visti insomma in un contesto di transizione, come prodotti parzialmente sperimentali tramite i quali si. tenta di jpervenire a un difficile equilibrio tra vecchio e nuovo, tra conservazione e rivoluzione. Anche per questa ragione, gli assunti di fondo a livello tematico e ideologico vanno evidenziati: il rischio è infatti, come in molta della cosiddetta neoavanguardia degli Anni Sessanta e Settanta, che la rivoluzione del linguaggio si appoggi a contenuti vecchi, estranei alla coscienza e soprattutto alla vita contemporanea (gli anni dal 1942 al 1948 sono gli anni della seconda guerra mondiale e di un dopoguerra tragico e tormentato), e si riduca quindi a una pura ricerca formalistica. Ruggero Bianchi
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