Spengler maestro negativo dell'Occidente al tramonto di Gianni Vattimo

Spengler maestro negativo dell'Occidente al tramonto Spengler maestro negativo dell'Occidente al tramonto Oswald Spengler IL TRAMONTO DELL'OCCIDENTE Longanesi, Milano due voi. di pp. LXIV-1513 lire 25.000 TRA tutti i documenti in cui si è espresso io stato d'animo della cultura borghese europea, tedesca in particolare, dopo la prima guerra mondiale, il libro di Spengler sul Tramonto dell'Occidente (pubblicato nel 1918) sembra per molti versi il più nettamente «datato». Quello che Ernst Bloch, nel quasi contemporaneo Spirito dell'utopia, chiamava lo stato d'animo di «irreligiosa disperazione» di Spengler non era però, in realtà, una pura e semplice eco della sconfitta tedesca: il pessimismo, se di pessimismo si può parlare, dell'opera spengleriana (che era stata portata a termine già negli anni precedenti la guerra) è legato, più che alla sconfitta della Germania, ad altri più profondi elementi della cultura dell'età dell'imperialismo. E' nota la tesi di Spengler: le civiltà costruite dall'uomo sulla terra hanno un ciclo di sviluppo analogo a quello degli organismi viventi; il loro corso di esistenza dura circa mille anni, divisi in età che sono simili alle varie età dell'uomo, o anche alle varie stagioni dell'anno. Il mondo occidentale è nato all'epoca dell'impero carolingio: con il ventesimo secolo è dunque giunto al termine dei suoi mille anni di esistenza, è cioè nell'età della vecchiaia. In quest'età, una civiltà non ha più forza creativa: non può più inventare grandi opere d'arte, religioni, visioni metafisiche del mondo. Può però svilupparsi ancora sul piano dell'estensione e dell'organizzazione. Può cioè ampliare il proprio dominio sul mondo, sia sul piano militare che su quello economico. A questo, dunque, devono essere oggi indirizzate tutte le energie. Sono questi gli aspetti del pensiero di Spengler che lo hanno fatto considerare un teorico dell'imperialismo e poi del nazismo,, l'emblema di quella connessione tra imperialismo e irrazionalismo, che a partire da Lukàcs è uno dei caposaldi del giudizio marxista sul pensiero borghese novecentesco. L'irrazionalismo c'entra in quanto ia riduzione della storia al rigido schema del destino biologico fa sì che il divenire storico sia regolato da puri ritmi naturali, come la crescita e la morte, e non possa essere dunque conosciuto, dominato, modificato da interventi della ragione umana, la quale vi è completamente sottomessa. Ristampare Spengler oggi (nella traduz ione, riveduta, di J. Evola) significa solo mettere nuovamente a disposi- zione un documento di una mentalità e di una cultura «passata», sia pure di un passato recente? E' quanto ci si domanda leggendo la bellis- CD sima introduzione di Furio Jesi, così attenta a ricostruire i molteplici nessi che legano Spengler alla cultura tedesca dell'epoca, i suoi rapporti con il circolo di Stefan George, il significato che la sua figura assunse nell'ambiente culturale in cui si radica anche, per esempio, una figura come quella di Thomas Mann. Certo, uno dei risultati a cui Jesi mira in questa minuziosa e intensa ricostruzione d'ambiente è anche quello dell'esorcismo: collocare completamente Spengler nel suo mondo significa anche allontanarlo da noi, e allontanare, insieme, i veleni della sua opera. Ma l'esorcismo riesce solo a metà: non solo perché viviamo in un clima di rinnovata popolarità del «pensiero negativo»; ma anche perché, più specificamente. Jesi mette in luce una complessa serie di connessioni che sporgono oltre l'ambito della cultura tedesca degli Anni Venti, e giungono fino a noi proprio insieme a tutti gli aspetti dell'eredità di quella cultura che hanno ancora un peso determinante del dibattito di oggi. Anzitutto, l'impiego dell'opera di Spengler — che rappresenta il culmine e l'autodistruzione della filosofia della storia attraverso cui, negli ultimi due secoli, la borghesia ha legittimato la propria impresa di organizzazione globale del mondo — è profondamente coerente con alcune delle premesse di questa filosofia della storia. Proprio l'analogia della vita dell'umanità con la vita del singoio vivente è uno dei modelli che dominano fin dall'origine la filosofia della storia nel pensiero moderno europeo: così, le rivendicazioni della ragione illuministica sono fondate sulla consapevolezza che l'umanità è ormai «maggiorenne», e dunque può assumere la di-» rezione del proprio destino senza dover più nulla alla tradizione, alla religione, all'autorità. Analogamente, l'aspetto «profetico» dell'opera spengleriana, su cui Jesi insiste molto opportunamente nella sua introduzione, non sembra poi tanto lontano dalle argomentazioni di chi. negli stessi . anni (pensiamo a un Lukàcs o a un Bloch), rivendica la razionalità del processo storico. Spengler ritiene infatti che la sconfitta, lo scacco, rappresentino un momento di destino in cui si realizza uno stato di «veggenza», nel quale può sorgere una visione globale della storia proprio perché la sconfitta sospende per un momento la continuità del corso storieo, dando al veggente un punto di vista al di fuori e al di sopra di esso. Ma per il Lukàcs della Metafisica del tragico (1913) pro¬ prio questo accade all'eroe della tragedia, che riesce ad afferrare il significato dell'esistenza solo in virtù del suo destino di sconfitto. E anche la «coscienza di classe» di cui parlerà il Lukàcs marxista appartiene al proletariato proprio in virtù del suo essere sfruttato, escluso, «sconfitto». Non siamo qui di fronte a una analoga visione «profetica» della storia? O almeno, davanti a una connessione tra razionalità della storia e i suoi «sfondi» irrazionali che non si lascia-ridurre nella contrapposizione superficiale tra razionalismo e irrazionalismo? Anche il recente ricupero del cosiddetto «pensiero negativo» da parte della cultura di sinistra italiana (pensiamo alla lettura di Nietzsche e Heidegger proposta da Massimo Cacciari), se da un lato sembra liquidare il problema degli sfondi irrazionali della razionalità identificando quest'ultima con le regole delle varie tecniche (non si può porre un problema generale della ragione, si può solo ragionare nei singoli campi secondo le regole specifiche di ciascuno), dall'altro pone all'origine di questa assunzione delle tecniche un atto, la «negazione» operata appunto dal pensiero negativo, che non si identifica affatto con i singoli ragionamenti tecnici, ma ha molti caratteri del «destino» di cui parlano, in modi diversi. Spengler e Lukàcs.. Non Spengler, ma certo molti degli elementi di pensiero che anche nella sua opera hanno trovato espressione, sono vivi nella nostra cultura molto più di quanto certi schematismi frettolosi vorrebbero farci credere, magari con ottime intenzioni di rassicurazione. Questo spiega l'interesse, niente affatto ambiguo o morboso, che un'opera come // tramonto dell'Occidente continua giustamente a suscitare. Gianni Vattimo

Luoghi citati: Germania, Jesi, Milano