Rilke, Pasternak e Marina: triangolo d'amore e poesia di Lia Wainstein

Rilke, Pasternak e Marina: triangolo d'amore e poesia Esce a Mosca un epistolario inedito Rilke, Pasternak e Marina: triangolo d'amore e poesia NEL mensile Voprosy literatury è uscita una parte (circa un quinto) delle lettere scambiate tra Rainer Maria Rilke, Boris Pasternak e Marina Cvetaeva dai 12 aprile al 1" luglio del 1926 (Palla corrispondenza di Rilke, Cvetaeva e Pasternak, Voprosy literatury n. 4, pag. 233-281). Alla fine di quell'anno Rilke doveva morire ancora giovane, in Svizzera, e rincontro che la poetessa russa cercava ' di organizzare in Savoia per la fine del 1926 o l'inizio dell'anno seguente non ebbe mai luogo. I trentasette testi —quelli in tedesco sono stati tradotti in russo da K. M. Azadovskij — provengono dall'archivio della Cvetaeva, custodito alla Biblioteca nazionale di Berna e dall'archivio della famiglia Pasternak, che delle lettere di Rilke possiede le copie fatte da A. Krucennych nel 1943. n materiale ridotto, ora presentato ai lettori, costituisce un documento di straordinario interesse artistico e umano. Nell'insieme, le otto lettere di Rilke, le diciassette lettere di Marina Cvetaeva e le dodici lettere di Pasternak formano un poema in prosa altamente drammatico in quell'intrecciarsi e rimbalzare di sensibilità esaltate. L'ammirazione per Rilke ebbe origine addirittura nell'infanzia di Boris Pasternak, nel 1899, quando il poeta tedesco, giunto a Mosca, andò a trovare Leonid Pasternak e continuò poi a corrispondere con lui In una lettera del 1956 Pasternak narrò a Zel'ma Ruoff, studiosa ed ammiratrice di Rilke. in a uali circostanze ebbe inizio la corrispondenza a tre nel 1926: «(Rilke) ebbe un ruolo enorme nella mia vita, ma non mi era mai venuto in mente che avrei potuto permettermi di scrivergli, finché, trascorsi vent'anni di quell'influenza esercitata su di me e a lui ignota, non venni ad un tratto a sapere... che lui mi conosceva grazie ad una traduzione francese della Izvol'skaja. Io non immaginavo che la posta potesse servire da ponte verso un mondo inaccessibile, esistente in una maniera completamente diversa da ogni altra, un mondo con il quale ero collegato solo dalla mia riverente immaginazione, 'yrnntre ad un tratto veniva fuori che questo ponte era stato già posto da un caso lontano, estraneo a me. Solo allora pensai per la prima volta in vita mia che avrei potuto scrivergli. Ma ì nostri rapporti con la Svizzera erano interrotti. Viveva allora in Francia la Cvetaeva, mia cara amica, con la quale ero in corrispondenza e che anche lei conosceva e amava Rilke. Volevo insieme farle un regalo, presentarla a Rilke...». Adorato poeta Nell'epoca in cui ebbe luogo l'incontro dei tre poeti, interrotto dopo la prima fase, quella epistolare, dalla scomparsa di Rilke, Pasternak stava scrivendo i poemi «1905» e «Illuogotenente Schmidt» etradùceva i versi del suo poeta tedesco prediletto, mentre la Cvetaeva, in Francia con i suoi due bambini, aveva finito II cacciatore di topi e II poema della scala. La natura dei reciproci rapporti è rivelata in modo inimitabile dalle stesse lettere. Pasternak, iniziatore dell'incontro epistolare, scrive a Rilke il 12 aprile 1926: «Grande, adorato poeta! Non so quando sarebbe finita questa lettera e in che cosa si sarebbe distaccata dalla stessa vita se solo permettessi ai sentimenti di amore, di meraviglia e di riconoscenza che provo già da due decenni, di parlare ad alta voce. I Debbo a Lei i tratti fondamentali del mio carattere, tutta la struttura della mia esistenza spirituale. Sono creazioni Sue. Mi rivolgo a Lei con le parole con le quali si parla di un remoto passato, considerato in seguito come la fonte di quanto sta avvenendo, come se da lì avesse desunto il proprio inizio. Mi domina la gioia di aver potuto confessarLe di essere un poeta — un fatto per me altrettanto inimmaginabile che se si trattasse di Puskin o di Eschilo. / ... Lo stesso giorno ricevetti un poema autentico e sincero come qui nessuno di noi saprebbe scriverlo... E' la poetessa Marina Cvetaeva, che ha un grande talento... Vorrei, per l'amor di Dio perdoni la mia impertinenza e l'evidente insistenza, vorrei, ardirei augurarle che possa anche lei vivere qualcosa di simile alla felicità che, grazie a Lei, mi ha sommerso...». In modo significativo, Pasternak supplicava poi Rilke di mandare alla Cvetae¬ va le Elegie di Duino con una dedica, e di non rispondere direttamente a lui per non sprecare il tempo prezioso di Rilke. Nel 1956 Pasternak tuttavia confesserà che oltre ai riguardi per il suo idolo era mosso dall'intenzione di gestire nel modo più oculato per lui stesso un rapporto cui teneva tanto: «Non avevo voglia di cambiare in spulci e di dissipare il desiderio di vederlo (sognavo di andarlo a trovare) nella corrispondenza, dalla quale mi astenevo di deliberato proposito. E ad un tratto egli morì». Diverse, frementi, trasposte al suo proprio livello poetico sono le lettere da St. Gilles in Vandea della Cvetaeva: «Rainer Maria Rilke!» scrive il 9 maggio 1926 «Posso forse permettermi di chiamarLa così! Ma Lei — la poesia incarnata — deve sapere che già il Suo nome è una lirica. Rainer Maria suona in modo ecclesiastico, infantile, cavalleresco. Il Suo nome non fa rima con l'epoca attuale, proviene dal passato o dal futuro, da lontano. Il Suo nome voleva che Lei lo scegliesse. (Noi stessi scegliamo i nostri nomi, ciò che è avvenuto è sempre soltanto una conseguenza)... Che cosa rimane da fare ad un poeta dopo di Lei? Si può superare un maestro (per esempio Goethe) ma superare Lei significa (significherebbe) superare la poesia... Lei è un problema insuperabile per i futuri poeti II poeta che verrà dopo di Lei deve essere Lei, cioè Lei dovrà nascere ancora una volta... Aspetto i Suoi libri come un temporale che — io lo voglia o no — scoppierà. Proprio come un'operazione al cuore (non è una metafora, ogni poesia (tua!) penetra nel cuore e lo incide a modo suo, che io lo voglia o no). Non volere!». T'oceano su me Rilke accetta senza imbarazzo quest'adorazione, ringrazia concisamente Pasternak dek suo cuore generoso e ricambia con accenti lirici le esuberanti effusioni della Cvetaeva: «... ti ho accolta, Marina, con tutta l'anima, con tutta la mia consapevolezza, sconvolto da te, dalla tua apparizione come se lo stesso oceano si fosse rovesciato su di me quale un grande torrente del cuore. Che cosa dirti? Mi hai proteso a turno le tue palme, poi le hai ricongiunte, le hai affondate nel mio cuore, Marina, come nell'alveo di un ruscello, e ora, mentre le tieni lì, le correnti agitate del mio cuore fluiscono verso di te... Non ti estraniare!». Ma i poeti, soprattutto Pasternak e la Cvetaeva, erano troppo sensibili, vivevano in un clima troppo teso perché tra di loro non vi fossero dei momenti meno soavi. Nascevano allora dei caratteristici drammi, come avvenne quando Rilke il 17 maggio scrisse alla Cvetaeva che aveva sopravvalutato le proprie forze: «...Ancora dieci anni fa leggevo Goncarov senza dizionario e leggo ancora con relativa facilità le lettere russe... Marina, i tuoi libri sono difficili per me, anche se tu mi aiuti nei punti più complicati per troppo tempo non ho letto nulla in modo sistematico, ma solo dei frammenti, come per esempio a Parigi delle singole poesie di Boris...». Tanto bastò perché la gelosissima e possessiva Cveateva, doppiamente ferita nel vedersi giudicare meno leggibile di Goncarov e Pasternak, e senza riflettere che le sue proprie liriche, ancorché belle, erano insieme oscure perfino per i lettori russi, si sfogasse con amarezza. «Oblomov trasfigurato da Rilke. Quale spreco!» scrive a Pasternak. «In questo io, per un secondo, l'ho visto come uno straniero, cioè ho visto me stessa russa e lui tedesco. E' avvilente. Esiste un mondo pieno di certi valori concreti (e vili...) dei quali lui, Rilke, non deve sapere nulla in nessuna lingua. Goncarov (contro il quale, sul piano della realtà, nel senso della storia della letteratura russa di un determinato quarto di secolo, non ho nulla) sulle labbra di Rilke perde troppo. Bisogna essere misericordiosi». Questi cenni possono appena lasciar intravedére la complessità dei rapporti letterari e umani allacciati dai tre poeti, rapporti così profondi e rivelatori che la Cvetaeva, affinché la pubblicazione non danneggiasse la memoria degli scriventi, suggeriva _di far passare cinquant'anni prima di rendere accessibili le lettere al pubblico. Lia Wainstein

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