L'uomo nero di Soweto di Furio Colombo

L'uomo nero di Soweto L'uomo nero di Soweto I drammatici documenti sulla repressione razziale in Sud Africa scritti da profughi negli Stati Uniti. Il primo racconta la storia della Drima grande vittima del movimento negro; il secondo è un libro fotografico sulla tragedia che sta vivendo il Paese. N con EW YORK europe;! che l'improvviso plosione „ r„ ai i 'A .ind. Il Usuili L'opinione i trova ala confronto della nuova dall'Etiopia allo Zaire. dall'Angola alla Rhodesia, dalla Namibia al Sudafrica, rischia a volte di leggere tutti gli eventi del tormentato continente usando gli stranienti culturali della tradizione europea: ideologia e storia. Resta una scelta politica decidere se questi strumenti sono sufficienti, se ha^no il tocco sicuro della scienza o quello infallibile della religione. Ma per il lettore attento, e per l'intellettuale, resta il dovere di munirsi di alcuni documenti che ormai diventano indispensabili per «leaaere» l'Africa. Un King africano Due di questi documenti sono appena stati pubblicati in America, sono entrambi di origine sudafricana. E la loro qualità notevolissima dovrebbe richiedere l'attenzione tempestiva dei nostri editori. Almeno per il più straordinario ed essenziale di essi, Biko, di Donald Woods (Paddington press 288 pagine). Questo libro comprende tre storie, non nel senso letterario ma in quello politico, di storia e di cronaca, della parola. Per prima cosa: è la vita (e la morte), di un leader negro paragonabile in grandezza e valore, a Martin Luther King, narrata da un bianco. E* la storia della prima grande vittima del nuovo movimento negro nella repressione sudafricana (Biko è stato torturato e ucciso in prigione a 30 anni). E il libro è stato scritto dall'ex direttore dell'unico giornale di tradizione liberale in Sudafrica, fino a quando Woods è stato costretto a espatriare clandestinamente, poco prima di essere arrestato. E' dunque la storia di un martirio, di un bianco e di un nero che hanno lottato insieme, di un grande leader, di una grande amicizia e di una spaventosa tragedia. Se questo è il background di Steve Biko. il suo protagonLstavittima-eroe. merita tutta l'attenzione del lettore. Nell'Africa che sembra destinata a cadere vittima di personaggi carnevaleschi o crudeli come l'auto-imperatore Bokassa. o il capriccioso dittatore Amin. Biko stava rappresentando l'immagine di una leadership di dimensioni continentali e forse mondiali, in termini politici e in termini umani. Biko, lo testimonia la storia e 10 ricorda il libro appassionato e indispensabile scritto da Woods (che ora vive in esilio in America) ha avuto per il movimento negro suadfricano le dimensioni morali di Martin Luther King e l'intensa energia politica che l'incredibile situazione sudafricana richiede. La pagina più terrificante del libro è uno strano interrogatorio del giudice «afrikaaner» durante uno dei tanti processi. Pazientemente e — secondo lui — astutamente. 11 giudice cerca di conversare in pubblico con il prigioniero negro di affari culturali ed economici. Sorride compiaciuto agli avvocati e al pubblico, sicuro di mostrare l'ovvio: il negro risulterà inferiore, imbarazzato, incapace di sostenere il confronto con il suo naturale padrone. Il giudice ha un'idea che gli sembra brillante: discuterà in tribunale con l'uomo nero di Soweto la questione dell'oro e della carta moneta, e se il sistema monetario internazionale debba o no continuare a basarsi sul valore dell'oro. Nel silenzio imbarazzato della sala, Steve Biko espone al giudice i vari sistemi economici. E forse, nel parere di Donald Woods, consigliere e amico di Biko al modo in cui l'avvocato newyorkese Stanley Levison lo era stato per King, da quel momento scatta la decisione di morte per questo leader africano «che non sembra un negro e rifiuta di fare il negro». Forse la sua condanna è segnata in quel momento e in quel giorno, quando tutti capiscono in sala che un uomo come Biko non solo può guidare le masse, può governare. Tutti assolti O forse, propone Woods, la condanna a morte per Biko è diventata indispensabile e urgente, agli occhi degli «afrikaaner» quando Biko, contro tutte le persecuzioni c in mezzo a quel mare di odio, ha rifiutato di trasformare la sua battaglia in un movimento clandestino. «Steve Biko ha sempre saputo che un giorno ci sarà spargimento di sangue fra la minoranza bianca e la maggioranza nera del Sudafrica. Ma ha voluto stabilire rhc i noori hnnnn rnminriQto la — " " " o " .. - loro lotta nel segno della civiltà e nel sogno della democrazia. Eguaglianza di diritti per tutti, anche per i bianchi, era la predicazione di Biko. versino al colmo delle persecuzioni subite. Non era un Cristo, precisa Donald Woods. Era un leader politico che rifiuta il sangue perché ne conosce l'orrenda inutilità, e or7.„ gogliosamente decide di essere diverso dai suoi aguzzini, di puntare verso la speranza che il nuovo Paese sia migliore, non simile, a quello che sarà rovesciato». Era, ci dice il libro di Woods, «una speranza disperata». In una bollente notte africana, in una prigione lontana da tutto, Steven Biko, il leader più carismatico dell'ultima generazione africana è stato picchiato a morte e trasportato, nudo e senza assistenza, a bordo di una jeep per un centinaio di miglia, mentre era già in agonia. La vera sentenza sul Sudafrica di oggi, scrive Woods, è stata data da un'altra corte afrikaaner, che ha assolto i poliziotti e il medico del carcere, e ha dichiarato «naturale» la morte- Poco tempo dopo l'autore del libro ha passato clandestinamente il confine. Molti bianchi umiliati e offesi da quell'evento incredibile hanno compiuto silenziosamente lo stesso gesto, a partire da quel periodo. Vi sono medici, scrittori, giornalisti, insegnanti di origine sudafricana che V,vorano negli ospedali del New Jersey, nelle scuole pubbliche di New York. Tiene desta la loro nostalgia di un Paese bellissimo, il loro dolore di un'immensa ingiustizia patita, insieme, dai negri oppressi e dai bianchi condannati all'impotenza e al silenzio, lo splendido volume appena pubblicato dal fotografo nero Peter Magubane («Magubane's South Africa», Knopf, New York). I professionisti lo considerano tra i fotoreporter più bravi del mondo, e gli esiliati ammirano come il documentarista del calvario di un Paese che sembra essersi condannato ad uscire dalla storia, a muoversi ciecamente verso la tragedia. Le fotografie di Magubane sono storie di gioia, di festa, di dolore, di mone. Come Biko, Magubane non fa differenza fra il dolore o la gioia, i sentimenti o la brutalità dei bianchi o dei negri. Si vedono atti feroci compiuti da negri sui negri, si vedono mani di diverso colore strette in una ricerca di fraternità, come nelle marce di Selma e di Memphis. Si vedono occhi neri e occhi azzurri guardare con terrore il futuro. La presentazione del libro è scritta da uno scrittore bianco, autore di romanzi proibiti in Sudafrica, che continua a coltivare il sogno di fratellanza di Biko, di Woods, di Magubane. Vive a Hong Kong, nel modesto esilio di una scuola elementare (questo è il suo nuovo lavoro) dopo avere abbandonato «1 prati verdi, la Casa Bianca, la luce e il mare del "suo" Sudafrica. Ma non la disperata speran- zaa- Furio Colombo