II dolore vive di astuzie di Giorgio Manganelli
II dolore vive di astuzie Il mondo inquietante nei racconti di una donna malata II dolore vive di astuzie Anna Kavan IMPRESSIONI DI FOLLIA La Tartaruga, Milano 145 pagine, 2500 lire NON so nulla di Anna Kavan, e da quei che posso dedurre dalle notizie riassunte nel quarto di copertina, non se ne sa gran che in assoluto. E' nata in Francia nel 1901, morta a Londra nel '68. Due divorzi, un figlio morto in guerra, «era dedita all'eroina dalla età di trentanni», che sembra una pubblicità iperbolica per l'eroina; ha soggiornato «in rari ospedali psichiatrici». So che in Italia, da Bompiani, una decina d'anni fa qualcosa di suo venne tradotto, ma non l'ho rintracciato. Sono avare notizie, ma pei Anna Kavan bastano: è uno di quegli scrittori che non hanno biografia sociale, se ne stanno acquattati nelle tane dove il fiato selvatico della storia e della società non riconosce la loro presenza. Il capolavoro di questa donna fu certamente quello di convivere con se stessa, con l'insopportabile e fugace «io»: di stare a casa tra le macerie eleganti e taglienti della propria dimora. Di costei, al Giudizio Universale basterà dire: «Non si uccise»: è la sua squartata biografia. Impressioni di follia può dare qualche suggerimento sul perché «non si uccise». Il cervello labilmente collocato sopra l'instabile cumulo di quella personalità era perfettamente lucido e calmo, e s'era proposto un compito: quello di disegnare una mappa, o almeno i punti essenziali di una mappa del mondo totalmente doloroso in cui doveva vivere. L'eroinomane, paziente di ospedali psichiatrici, aveva una necessità tutta mentale di disegnare ii luogo della sua esistenza più profonda: sebbene queste pagine siano emotivamente acute, il loro fascino è essenzialmente conoscitivo. Il conoscere di una mente lucida e di un io che si conosce «malato». La «malattia» di Anna Kavan ospita tutte le pene del patologico, ma non trova senso nel patologico: è un modo di proporsi come strumento d'indagine: solo certe inconsuete distorsioni della vista consentono di avere accesso a talune visioni: chi accetta di avere orecchie di lupo ascolta e decifra gli ultrasuoni, ma esser lupo è lento, lungo e terribile. Impressioni di follia raccoglie una serie di brevi racconti, e una lunga sequenza che dà il titolo al libro. I racconti avvengono nello spazio jmano che si incontra fuori de! recinto sociale della clinica. E' il «mondo» di Anna Kavan. In questo mondo vi sono dei luoghi privilegiati: ed anche una persona può essere un luogo. V'è !a donna che ha una grande voglia di rosa sul braccio, e vi c anche la enigmatica prigione nelle cui celle forse viene segregata appunto la donna con i"i.mr>r«^nta magica e mite della rosa. \i e una congiura in atto, rra una congiura assurda, non razionalizzata. «che esiga, per e. empio, qualcosa di apparentemente insensato, come la distruzione di mite le persone dai capelli rossi o con un neo sulla gamba sinistra». Di nuovo il marchio, il sigillo — quello che Dio regalò '. riconciliato Caino —infine il «nome» di un essere sono un neo. qualcosa che cresce giorno per giorno con la storia della pelle, e con quella conosce se stessa e alla fine accetta di morire. Perché in colui che sta al centro della congiura non v'è ribellione: anche il nemico va conosciuto. Bisogna arche conoscere la casa in cui si vive: quella casa è cattiva; si è persuasa che il suo inquilino sia un escremento, qualcosa da espellere; non si esce da una casa, se ne è espulsi come da un conato di vomito. Avete osservato che. dovunque voi siate nella vostra casa, avete sempre alle spalle un muro che vi giudica? Il dolore ha delle sue strane astuzie: ha eleganze e preziose, agili invenzioni. Un volatile e variopinto dolore si fa uccello. Io si può nutrire della grazia casuale e frantumata di un pugno di briciole: ma quel dolore piumato assiste ne! misterioso onere di «sapere», di conoscere la pianta del neo che è anche un nome. «Visitatori eterei->. gli uccelli sanno esserci ed astenersi dall'essere, sono nascosti e- prossimi, si separano e si adornano di un velo di estraneità e di amore: quiete figure oniriche, vengono a posarsi sui rari rami che hanno nozione di foglia e di fiore. La conoscitrice. !a donna segnata sa che ha bisogno di Protettori, che deve raccontarsi delle favole sulla loro capacità di consolare e di difendeie. ma sa anche che essi sono i detentori della potenza, coloro che posso «proteggere» solo in cambio di un buon comportamento, cioè, essenzialmente, della rinuncia a sapere. Ma poiché la rinuncia a sapere non sarebbe cosa diversa dalla follia vissuta come malattia, le condizioni dei Protettori sono infernali: sono la vera, intollerabile sevizia. La donna conoscitiva non può non <-apere di essere coinvolta in un processo, ma quello che non può sapere è fino a che punto questo processo è fatale. La sua condizione le dà accesso alla finta condanna a mone, un atto orribile ma a suo modo risolutivo.' dopo il quale in realtà non accade nulla, assolutamente nulla. «Soffrire il più coraggiosamente possibile e costringere i nostri oppressori a vergognarsi». Ma quale oppressore può esser tale e capace di vergogna? La sequenza finale è vissuta all'interno di una istituzione psichiatrica: sono «momenti» nel senso schubertiano. in ciascuno dei quali la, condizione del male, del dolore, della «cura» si svela nella sua natura di una solitudine, di una desolazione, la cui perfezione si cristallizza nella iterazione illimitata, neppure spietata, dell'addio. Perdere, perdersi, sperare, persi perdersi, sperare, sfiorare, ascoltare, parlare, e di nuovo essere disciolti, perduti, introvabili, pellegrini dell'«addio». in attesa di rari, enigmatici, fugaci «visitatori eterei», angelici e tuttavia ansiosi del nutrimento che possiamo dargli, dopo averlo macerato nelle nostre mani: briciole, minutissimi frammenti. Giorgio Manganelli
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