Fenoglio: nelle langhe la mappa del mondo

Fenoglio: nelle langhe la mappa del mondo Fenoglio: nelle langhe la mappa del mondo Intervista con Maria Corti che ha curato la prima e* MILANO — Maria Corti si muove sorridente e vitale nel suo salotto Impero, fra chiazze di sole e ombre di fiori, indicando piccoli disegni di Montale: uccelli colorati dal lungo collo e il becco stizzoso, montagne e fiume, un ponte che non arriva all'altra sponda, e alberi secchi disegnati infantilmente sul cartone. Sui tavoli ordinati non c'è traccia dell'enorme mole di lavoro che la Corti ha svolto negli ultimi dieci anni: l'edizione critica di tutte le opere di Beppe Fenoglio, per Einaudi. — A quando risale l'idea di un'edizione critica di Fenoglio? «Al '68, quando uscì II partigiano Johnny. Scrissi allora un contributo su quello che a me sembrava essere "il partigiano capovolto". C'era chi, come Eugenio Corsini (Ricerche sul Fondo Fenoglio, in "Sigma" 26, 1970, pp. 3-17), diceva che questa era l'opera matura, ultima, di Fenoglio. A me allora, per un'intuizione e perché ritrovavo dei pezzi già letti in opere pubblicate, sembrava dovesse essere la prima. Questa intuizione mi ha portata ad Alba, dove la signora Fenoglio mi ha squisitamente messo a disposizione tutta. l'opera del marito. Vedendo l'enorme massa di materiale ho avuto la sensazione che si sarebbe dovuto lavorare anni e anni con ordine e pazienza, per dipanare i grovigli di carte. Gli scritti di Fenoglio erano andati molto in giro, e quelli tornati si erano mischiati fra loro. Di qui è nata l'idea di rimettere le carte al loro posto. Ne ho parlato a Einaudi che mi ha affidato il lavoro, e al C.N.R. che mi ha dato un contributo». — Come ha proceduto nel lavoro? «Ho scelto una piccola équipe, dalla quale poi ho ricavato i collaboratori per l'edizione critica: De Maria, Cuzzoni, la Grignani, Bruce Merry, e poi Piera Tomasoni e John Medemmen. Fino al 1970 però io ho lavorato da sola, dividevo i manoscritti in cartelle, in modo anche approssimativo. tant&odHBWWRt'nlato il tutto: pezzi di romanzo che entravano e uscivano in f.ltri romanzi, altri pezzi sicuramente in giro per tesi di laurea, o negli archivi di case editrici e in case di amici dello scrittore. «Avevo diviso tutto in venti cartelle e a quel punto capii che era un'impresa da continuare in équipe. Incominciarono così i viaggi da Milano e Pavia verso Alba. Ci fermavamo al vecchio albergo "Savona" due giorni alla settimana e anche di più, lavoravamo lì, incontravamo chi aveva conosciuto Fenoglio, discutevamo trame e personaggi, andavamo a sederci in casa Masera, con le stesse persone che avevano passato tante serate in compagnia dello scrittore. Facevamo fotocopie, incominciavamo a ritrovare racconti, testi teatrali, romanzi disastrati». — Lei pensa che Fenoglio sopporti un lavoro così filologico? Non c'è il rischio di allontanarlo, di museif icario? «Io credo che per Fenoglio sia stato indispensabile pensare e fare un'edizione critica. E questo per almeno due caratteristiche specifiche del suo lavoro. Di ogni suo testo, infatti, Fenoglio fa dalle due alle tre redazioni. E non sempre l'ultima è la più bel *. All'interno poi di ogni redazione ii testo è molto variantistico, il che ci ha obbligavi a considerare e a dare tutte le redazioni. La seconda ragione è quella di un Fenoglio scrittore essenzialmente monotematico. I suoi due grandi temi sono quelli della Resistenza e della vita langarola. All'interno di questi due temi Fenoglio ha continui ritorni, sugli stessi episodi, sugli stessi personaggi, mutamenti anche leggerissimi, come se ogni • tanto avesse voglia di girargli intorno, di variare l'ottica». — Cosa c'è di completamente inedito in questa edizione? «C'è una grossa novità: una specie di Ur - Partigiano Johnny. E' del '45-'46, molto autobiografico, sono memorie di vita resistenziale in un inglese tutto suo, di enorme interesse. Poi vengono le due successive redazioni, e nel Partigiano Johnny 1 c'è già più distacco dalla materia narrata, nel 2 l'inglese si asciuga sempre di più, il ricordo si allontana, la forma letteraria si fa più precisa, più matura, non c'è più, o c'è meno, espressionismo, diventa più classico. Piero Ghiacci, generale di brigata compagno di Fenoglio e protagonista reale e letterario dei fatti narrati, mi diceva un giorno come fossero precisi gli avvenimenti dell'UR, e come nelle due successive stesure stentasse a riconoscere luoghi e fatti, come tutto fosse diventato più letterario». — Oltre a tutta la prosa, cosa c'è in questi tre volumi? «C'è il teatro, una sceneggiatura cinematografica, ci sono favolette che scriveva per la sua bambina, note di diario

Luoghi citati: Alba, Milano, Montale, Pavia, Savona