narrativa

narrativa narrativa Caterina Saviane OREPERSE VÌVERE A SEDICI ANNI Feltrinelli, Milano, 151 pagine, 2800 lire (luciano curino) Confessioni di una sedicenne che danno malessere, deprimenti. «Dio. che tristezza la vita degli studenti. Siamo pieni di boria e noia» scrive Caterina, e anche: «Non riusciamo ad essere contente. Questa è la nostra tragedia». Il libro è un breviario del pessimismo e della noia che pagina dopo pagina, diventano contagiosi. Ecco qualche pensiero della ragazza: «La mia inutilità è appesa in ogni angolo... La sicurezza che non combinerò mai niente adesso è certezza... Ogni giorno è uguale all'altro, si ripetono le stesse frasi, si calpestano le stesse strade, si scontrano le stesse facce». E poi. il pensiero ricorrente della morte: «E' la serata giusta per un suicidio giusto... Tutto ciò che penso, èia poesia mortale che sento dentro». La Saviane, che è figlia del noto giornalista, dice di una festa di nozze, di una vacanza all'Elba e una gita a Parigi (qui «tutto ha sapore di cenere» e Caterina è oppressa da noia e angoscia). Dice dei suoi rapporti conflittuali con i grandi (i «Crisantemi») e con gli amici: Monica. Ganzino. Vittorio e altri di una Roma «bene» o borghese, «aridi e stanchi peggio di me». Molti amici (grande brigata, vita beata: si diceva un tempo), ma la ragazza esce con delle considerazioni come queste: «Tutto mi indi¬ spone verso il prossimo... io sono stanca degli amici, non proprio di loro, ma di me insieme a loro... Sento che li sto perdendo tutti. Forse li ho già perduti da tanto tempo e non me ne sono ancora accorta. Sono stati loro che mi hanno buttato via. cosa se ne fanno di una pessimista come me?». Ma davvero questa è la condizione dei sedicenni? Siamo convinti che lo è soltanto ài alcuni sedicenni. «Ore precise» è specchio di un malessere, è anche il discreto esordio di una scrittrice attenta. Par Fabian Lagerkvist BARABBA Città Armoniosa, R, Emilia 159 pagine, 3000 lire (giorgio martellimi «Dio non esiste: ma quando saremo tutti degni di lui. Egli l'erra, non da fuori ma da dentro di noi». La sconcertante affermazione di Par Lagerkvist (in La vita sconfitta) trova eco continua a profonda in Barabba, certo l'opera più riuscita e matura del grande narratore svedese e la più nota nel mondo dopo che gli meritò, nel 1951, il Premio Nobel. Barabba e il racconto — meglio, il «poema-, se si vuol dar ragione a Giovanni Papini autore della prima e splendida presentazione del libro in Italia — di un'angosciata redenzione: nell'animo torvo di Barabba, il bandito graziato da Pilato, si fa strada lentamente la luce. Dapprima un confuso turbamento, un malessere, poi a poco a poco la coscienza del sacrificio di Cristo, del suo significato. Anche Barabba muore sulla croce: «Quando sentì appressarsi la morte, della quale aveva sempre Cti^XliO tei71 td JJClilTCi. ^IÌSS£ 7Z€i~ l'oscurità, come se parlasse con essa: "A te raccomando l'anima mia"». Un poema della fede, dunque: ma. nota giustamente Carlo Picchio, autore insieme con Giacomo Oreglia della traduzione italiana rivista e approvata dallo stesso Lagerkvist. non d'una fede solida e sicura (Dio non esiste), bensì della nostalgia acuta d'una fede lontana e perduta, quella dell'infanzia. Nel descrivere fervidamente e dolorosamente, con finissime intuizioni psicologiche, il travaglio infine vittorioso di Barabba. Lagerkvist insegue le semplici certezze conosciute e vissute nella casa natale di Vaxjò e gradualmente incrinate dai dubbio, dallo scetticismo. G. Maggioia e F. Monari UNA STORIA PER DOMANI Todariana, Milano, 331 pagine, 3000 lire (giovanni tesio) Una notizia di cronaca, che già Pasolini aveva riportato ad esordio nel suo Teorema, diventa romanzo. Gino Maggiora e Franca Monari. dopo Brogliaccio d'amore, scrivono la loro seconda storia. E raccontano momenti e problemi di una fabbrica autogestita, cioè amministrata e diretta dagli stessi operai, che ne sono diventati proprietari per una precisa disposizione testamentaria del proprietario di prima. Ciò accade a Pieve di Torre del Bivio, un paese a due ore d'auto dalla grande città. L'ingegner Filippo Bertet, in procinto di partire per Detroit, torna al paese per salutare gli amici e le vecchie zie, ed è preso, in un giro breve di tempo, al laccio tentacolare dei sentimenti. Non parte più. accetta l'incarico di dirigere lo stabilimento e dà vita a una faticosa operazione di democra'zia diretta, che finisce per coinvolgere l'intero paese. Quel tanto di intreccio d'amore, con quel tanto di problemismo esistenziale che lo accompagna, conferisce al romanzo, disinvoltamente scritto, un fascino sobrio e sottile. Il finale un poco apologetico (ma il romanzo intero è un apologo intelligente), lascia al lettore l'ottimismo U? una speranza che vale come concreto ideale di vita. Serve da prefazione un breve spunto interpretativo di Mario Soldati.

Luoghi citati: Detroit, Emilia, Italia, Milano, Parigi