Dopo le tristi memorie del rapito leggiamo il diario del carceriere

Dopo le tristi memorie del rapito leggiamo il diario del carceriere Quasi un'industria editoriale su penosi fatti di cronaca Dopo le tristi memorie del rapito leggiamo il diario del carceriere L5 INDUSTRIA dei sequestri è in ribasso, grazie alle splendide operazioni dei carabinieri e della polizia che sono riusciti a colpire la testa del serpente di alcune delle più ramificate organizzazioni mafiose. Ma se i rapitori sono un po' in crisi, ci pensano i libri sulle loro imprese a tener vivo l'interesse dell'opinione pubblica e dei lettori. Ha cominciato Luigi Rossi di Montelera, oggi onorevole democristiano, rapito e rilasciato (anzi, ritrovato dalla Guardia di Finanza) senza che la famiglia versasse una sola lira dei molti miliardi richiesti per il suo riscatto; poi è arrivata la signora Carla Ovazza, consuocera dell'avv. Gianni Agnelli, sequestrata una fredda sera d'autunno sotto la sua abitazione di corso Duca degli Abruzzi e rilasciata due mesi dopo, a capodanno; adesso è il momento di Libero Ballinari. il carceriere di Cristina Mazzo tti, la ragazza morta in circostanze misteriose pochi giorni prima della sua liberazione e gettata, come un misero rifiuto in una discarica insieme a carogne di animali, bambole senza testa e topi di fogna. Due vittime (Rossi di Montelera e Ovazza) e un imputato (Libero Ballinari, condannato all'ergastolo con tutta la banda del sequestro Mazzotti). Se l'industria dei rapimenti di persona attraversa un momento di difficoltà, si può dire fiorisca l'industria dei libri sui sequestri? Forse è un po' esa-, gerato ed affrettato. Sta di fatto che i libri-testimonianza sui rapimenti sono in aumento. Credo sia superfluo domandarci il perché di questo fenomeno. Oggi, scarseggiando le vere vocazioni allo scrivere, contandosi sulle dila gli scrittori autentici, proliferano i cronisti di se stessi. Molli sentono, alcuni in bulina fede, il bisogno di raccontare tutto di sé e della propria vita, delle proprie esperienze più o meno originali ed interessanti. La prostituta scrive i suoi itinerari sentimentali-professionali (e il travestito le tiene subito compagnia), il maestro rac¬ conta i suoi esperimenti pedagogici, il giudice i suoi tormenti, la casalinga le sue alienazioni, il politico le sue alchimie, il navigatore solitario le sue solitudini più o meno forzate, il giornalista le sue ambizioni sbagliate. E perché il rapito non dovrebbe raccontare dell'agonìa dei suoi giorni trascorsi in cella, o il carceriere (Libero Ballinari, Carceriere fuorilegge, prefazione di Ferdinando Enrico Pomarici, SugarCo Edizioni, 185 pagine, 3500 lire) non dovrebbe cimentarsi con la penna, dopo essersi esercitato per mesi con catene, tamponi e bende per isolare dal resto del mondo la sua vittima? Qui, poi, il Ballinari non tenta neppure di abbozzare un racconto (come ha fatto Rossi di Montelera. ottenendo pagine suggestive, o Carla Ovazza. sconfinando però nel fumettone). Tiene il diario della sua vicenda, e basta. E pensare che il carceriere di un sequestro — a voler essere un po'cinici — avrebbe cose ben più interessanti da raccontare che non la sua vittima, costretta come agnello alla catena, in uno stanzino di tre metri per quattro, a muoversi a fatica, e a pensare, pensaresol'fatilo... Io credo che libri del genere non potranno mai incontrare un grande successo, per due ragioni. La prima: arrivano sempre troppo tardi (il caso Moro, trattato in questa stessa pagina, costituisce un'eccezione, soprattutto per la statura della vittima). I giornalisti, infatti, sulle vicende dei sequestri, sono smaliziati e hanno un'esperienza di anni sulle spalle. Tutto ciò che può costituire interesse per il lettore, viene divorato dai cronisti nei loro resoconti, con ricchezza di particolari e immediatezza di notizie. Anche se il rapimento viene quasi sempre seguito dal cosiddetto «silenzio-stampa», una volta liberato l'ostaggio, tutto quanto c'è da dire sul suo conto viene detto. Anche le eventuali storie d'amore nate e cresciute nell'ombra umida di una cella, tra la graziosa prigioniera e il «duro» capobanda o carceriere (si pensi al caso Amati, oggi, e a quello Vallanzasca, tempo fa). La seconda ragione: non è facile raccontare una carcerazione fatta di monotonìa, di movimenti sempre uguali, di assenza assoluta di azione. Raccontare i pensieri può anche essere interessante o divertente, ma bisogna saperlo fare. Alla vittima di un sequestro, può sembrare un paradosso, durante la carcerazione non accade assolutamente nulla. Per giorni, pennesi, l'ostaggio vegeta su un letto, il più delle volte incatenato, bendato, attento ai pochi rumori accanto, e basta. Ci vorrebbe uno scrittore per trasformare tanta materia immobile ed eguale, in racconto vero, avvincente. Eppure, si potrà obiettare, i libri di Rossi di Montelera. di Carla Ovazza (uscito prima a Parigi, poi in Italia, per i tipi di Mursia) e adesso quello di Ballinari, hanno incontrato un certo favore di pubblico, e continuano a incontrarlo. E' vero. Ma il motivo credo consista soprattutto nel richiamo dei «nome», per tanto tempo sulle prime pagine eli tutti i giornali, con fotografie, e grossi titoli. Solo per questo. Quùidi, un suggerimento alle organizzasi superstiti di sequestratori: pmviìio u rapire uno scrittore, o un poeta. Non so cosa potranno ottenere di riscatto, ma chissà che dopo, a così falle, non ne esca finalmente un buon libro di testimonianza. Sergio Ronchetti

Luoghi citati: Italia, Parigi