Heidi, piccola orfana in versione giapponese

Heidi, piccola orfana in versione giapponese Di moda una favola svizzera dell'Ottocento Heidi, piccola orfana in versione giapponese TORNA di moda Heidi. un romanzo ereditato dalle nostre nonne bambine, che avevamo messo in naftalina con i maggiordomi, le lacrime e i buoni sentimenti in favola. Fu pubblicato nel 1880 in Svizzera, e fu l'opera capitale di Johanna Spyri. Venne tradotto in diverse lingue, figurò per anni nelle collane dei classici per ragazzi, ed ebbe le sue versioni cinematografiche. Quella di Allan Dwan nel 1937. nel 1953 quella di Comencini. che passò pressoché inosservata anche a motivo del titolo: Son tornata per te. Ci hanno pensato i giapponesi a rispolverare Heidi scodellandoci ben 52 puntate televisive in cartone animato che sono approdate sulla Rete Uno della Rai dopo aver raccolto allori in Spagna e nei paesi di lingua tedesca. Si sono portate dietro tutto il corteo, di regola (sia pur deprecata), di mini e maxi libri, fumetti, album da colorare (Edierre in coproduzione con Amz e Salani?. gioco-libri (Clementoni. bambole, magliette figurine) e via dicendo. Siamo così costretti a rirnisurarci con Heidi e ci spinge anche la curiosità: come può far buon viso a una vicenda ottocentesca una generazione che si è appena riconosciuta nella contestataria Pippi Calzelunghe? Il testo originale, quasi sparito dalle librerie (anche in lingua tedesca era difficile rintracciarne un'edizione inte- pronto per l'occasione. La Vallardi offre la traduzione di Giulia Calligaris, coi disegni-acquarelli e china, come ai vecchi tempi di Cesari. La Giunti sta ner uscire con la, sua Heidi firmata Alessandra Lavagnino. nella «Gemini» (la collana di capolavori stranieri per la gioventù diretta da Maria Bellonci) e avrà le immagini naìves di Giuseppa Cascio. H racconto della Spyri si nutre dei ricordi di un'infanzia trascorsa nel villaggio alpino di Hirzel, presso Zurigo. Narra di una piccola orfana (Heidi è il diminutivo del troppo serio Adelheid), felice e selvatica presso un nonno misantropo, convinto che a un bambino, per crescere bene, non servano più cose di quante ne abbisognilo alle sue capre. Le ambi- zdoni di una zia, domestica a Francoforte, trapiantano in città la bambina, destinata a rallegrare le ore buie di un'adolescente inchiodata su una poltrona a rotelle. Il contrasto tra la malatina tenuta nella bambagia e la rude irruenza della bambina povera, abituata dalia vita a prender le cose di punta, è motivo ricorrente della trascorsa narrativa per ragazzi (lo riprese anche la Burnett, quella del Piccolo Lord, nel suo Giardino Segreto del 1911) ed è anche un modo per mettere sotto accusa una generazione benestante di genitori prodighi di cure oppressive e poveri d'affetti. Heidi. lontano dai monti, s'ammala di nostalgia. Tornerà a casa in tempo per salvare il nonno dal totale isolamento. Ed anche l'amica ammalata ritroverà in una vacanza sull'Alpe la guarigione d'un male che era soprattutto psichico. I giapponesi si sono mantenuti abbastanza fedeli alle grandi linee delia storia, sia pure arricchendo in allegria la lista di marachelle che l'incolta montanara compie in sventata buona fede. Hanno trascritto puntualmente l'amore per la natura, reso attuale dal dramma ecologico, ed hanno riproposto il valore dei buoni sentimenti: lealtà, gentilezza, sacrificio. Sono temi costanti nella loro produzione in cartone animato destinata ai mercato internazionale che sta arrivando in Europa in grande ondata e sembra destinata a soppiantare quei cartoni americani (alla Tom e Jerry, che peraltro stanno per arrivare per la prima volta in Tv sulla Rete Due) la cui aggressività è stata già additata come poco educativa. Ma bisogna pur dire che la trascrizione nipponica si fa un tantino edulcorata, non vi ritroviamo il robusto tratteggio d'una vita che è ingrata — ai tempi della Spyri — per ogni bambino, ricco o povero che sia. La Heidi originale ha più grinta, il suo soggiorno tra la gente bene non la corrompe né la nascente società dei consumi la convince. La sua maturazione passa per altre vie: si corregge l'iniziale rifiuto alla scuola grazie all'incontro con la saggia vecchia signora (la nonna della paralitica) che le fa scoprire il valore genuino e liberatorio della cultura. E la difficile condizione dell'orfana, sballottata qua e là dall'ottuso egoismo dei grandi, viene superata grazie ad una faticata ma serena fiducia in un Dio provvido ed amorevole. Anche il capraio Peter — allegro scugnizzo nella versione nipponica — ha i suoi drammi, non ultimo la gelosia possessiva che lo spinge ad atti inconsulti. Se vogliamo tirare le fila, questa storia di cent'anni fa, cosi tradizionale nell'accettare senza rivolte una diseguale distribuzione della ricchezza, ha un suo robusto vigore, e si pone — nei limiti consentiti dal contesto culturale — dalla parte dei bambini. Per loro rivendica una scuola meno formale, maggiore sincerità di rapporti, libertà dal consumismo, spazi Uberi in cui giocare, quegli spazi che anche allora la vita urbana non sapeva concedere. La Heidi televisiva è meno irruenta e più addomesticata, schietta e rassicurante comunque. Una storia «tenera», la sua, in cui i bambini oppressi dalla drammaticità del presente finiscono per trovare rifugio e conforto di speranza. Teresa Buongiorno ì

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