Matacotta poeta civile

Matacotta poeta civile Matacotta poeta civile Qi jUANDO nel 1976 Franfeo Matacotta ricevette il .premio di poesia Martina Franca, per l'ultima sua raccolta intitolata La peste di Milano, editore Astrogallo, che raccoglieva le poesie degli Anni 60, era accompagnato da un figlio e dall'amico Pratolini che avevano ormai il compito di guidarlo tra la gente che non era più in grado di riconoscere a causa della malattia che, in questi giorni, lo ha definitivamente spento. Nato a Fermo nel 1916 si laureò con una tesi su Dino Campana, Questo lavoro non segnò soltanto la sua adesione all'Ermetismo, di cui è testimonianza il primo libro di poesie Poemetti, del 1941, ma innescò quell'amore, per certi versi inverosimile, che lo legò per lunghi anni a Sibilla Aleramo, che era nata nel 1876. Dopo l'8 settembre 1943. abbandonato l'esercito, partecipò attivamente alla Resistenza e fu l'esperienza decisiva per la sua vita e la sua poesia: dalla vita clandestina e dalla guerra partigiana nacque infatti il neo- realismo italiano, e il primo libro «nuovo» di Matacotta. intitolato Fisarmonica Rossa, uscì nel 1944. Si è detto, in più di un'occasione, che l'istanza (e la poetica) neo-realista si fondava come anti-ermetica: il che fu vero più nelle intenzioni, forse, che nella scrittura, rimasta spesso in debito con l'esperienza immediatamente precedente, da cui soprattutto ereditò quel1'«intenzionalità al poetico» che Pasolini lucidamente denunciò in una recensione alla raccolta Versi copernicani che Franco Matacotta pubblicò presso Vallecchi nel 1957, sull'onda della delusione politica provocata dai fatti d'Ungheria. Premesso che su tutto il periodo neo-realista siamo in attesa di nuovi e finalmente approfonditi studi sui testi, non pare azzardato indicare la data del 1953 (che è già tarda) come momento finale dell'attuata poetica di Franco Matacotta. E', infatti, l'anno in cui pubblicò la raccolta di tutte le sue poesie civili e politiche, con il titolo complessivo di Canzoniere di libertà. Colpito da un lutto assai grave si ritirò a Fermo nel 1960, a terminare quegli inni che incluse ne La peste di Milano e scelse una quasi assoluta solitudine, confor. tata solo dagli amici più intimi. In una certa misura aveva scelto di morire prima di morire e la stessa malattia che lo colpì sembrò assecondare questo segreto desiderio. Il sogno finale di una redenzione insieme religiosa e politica era già stato condannato dall'evolversi, in regressione, del processo della storia. Antonio Porta

Luoghi citati: Fermo, Martina Franca, Milano, Ungheria