Luraghi: il futuro è pieno di libri di Giuseppe LuraghiVittorio Messori

Luraghi: il futuro è pieno di libri Intervista con il presidente della Mondadori sulle prospettive dell' editoria Luraghi: il futuro è pieno di libri M della IL ANO — Giuseppe Luraghi (72 anni, da nove mesi presidente presidente e*. Mondadori. N ecc hi. m e m b ro ti 1 I I 1 I ! I 1 1 !" Li strazione, l'ama consolidata di «mago» nella rianima/ione di aziende) è in cerea di editore. In autunno uscirà da Guanda una sua raccolta di poesie, ma non ha ancora trovato qualcuno cui consegnare un altro suo manoscritto, a metà tra la narrativa, la saggistica ecologica, la meditazione filosofica. !! manager che cominciò la carriera risanando la Società dei Linoleum («Mi chiama il signor Pirelli e mi dice: "Ehi, te, Luraghi. andresti a mettere ordine là dentro.'"»), il «duro» dei consigli d'amministrazione, l'estensore di bilanci famosi si confessa pittore mancato e si sente noeta malgrado la 'aurea ir. I e economia alla Bocconi. Subito, sin dall'inizio del lungo colloquio nel suo studio al quinto piano dell'astronave di Sesrate. Luraahi ci comunica l'ultimo risultato della sua attività di talent-scout letterario. «Ho trovato un giovane narratore, un seguace italiano della letteratura fantastica sudamericana. Il suo romanzo glielo faccio uscire da una piccola editrice milanese. La nostra provincia è affollata di questi talenti sconosciuti, manca chi sappia farli uscire doli anonimato». Una vocazione lunga, quella del mecenate di artisti: già nel '33 Giuseppe Luraghi, allora alla Pirelli, con Solmi. Sinisgalli. Sereni fondava la casa editrice «La Meridiana»: scopo dichiarato: «rimetterci dei quattrini, ma dare spazio ai poeti e ai letterati senza editori». La « Meridiana» pubblicò tra gli altri Ungaretti e Montale, oltre alle poesie e alle «prose d'arte» del gruppo di fondatori. Mandato dalla Pirelli a Buenos Aires. Luraghi spediva a Milano la prima traduzione italiana di alcune poesie di un poeta allora del tutto sconosciuto in Italia. Rafael Alberti. Seguivano le monografie su pittori sudamericani. Candido Portinari soprattutto, per cui Luraghi nutre ammirazione sconfinata. «Circa un anno fa — racconta il presidente — mi telefona Mario Formenton che non conoscevo: "Dottor Luraghi — mi dice — accetterebbe la presidenza della Mondadori'.'». E così, ecco¬ mi qua. ad occuparmi finalmente di libri, dopo aver venduto pneumatici, automobili, macchine da cucire e dopo avere pubblicato una decina di volumi». Nei giorni scorsi, ha firmato il suo primo bilancio Mondadori. Come lo giudicherebbe se non portasse il suo nome? «Buono. Ancor meglio in prospettiva. La Mondadori è solida, le banche hanno fiducia, il prossimo anno dovrebbe sparire anche la perdita di 280 milioni dell'intero gruppo». Per Luraghi. il risanamento del colosso si ottiene rifiutando il mito della «diversificazione». «Qui siamo bravissimi, quasi imbattibili in Europa nel pubblicare libri e periodici: il nostro mestiere è la carta stampata, non altre attività». Cosi, prima mossa, «l'estirpazione del dente cariato de "La Base"». Questa società di vendita per corrispondenza era nata anni fa, sulla «base» (appunto) del grosso indirizzario di abbonati ai periodici Mondadori. «Si era però dimenticato — dice Luraghi — che per sapere vendere bisogna sapere comprare. E che, in questo Paese, le poste non funzionano e che i negozi sotto casa sono fin troppi». Così, in poco tempo, la «Base» ha accumulato più di tre miliardi di debiti: il buco è stato riempito fanno scorso, la società è passata al «Postai Market» del gruppo Bonomi. Perde anche il quotidiano «Là Repubblica» ma. stando al presidente, perde secondo le previsioni del triennio d'avviamento: «In un anno e mezzo dovremmo raggiungere il pareggio» La Mondadori non intende inseguire Rizzoli nell'acquisto di quotidiani: fosse stato per Luraghi. non sarebbe entrata neppure al 50 per cento nell'operazione «Repubblica». «La nostra specialità giornalistica sono i periodici sui quali in complesso guadagniamo ancora bene. Se sviluppo ci sarà in questo settore, sarà nel campo delle riviste tecniche, scientifiche, specializzate». Proprio in questi giorni esce il primo risultato della nuova linea: «Starbene», mensile di «alimentazione, difesa del consumatore, salute». L'ingresso in forze nel nuovo mercato delle tv e delle radio private? «Entreremo come produttori di programmi, come banca di dati, notizie, informazioni: non favorirò impegni diretti con acquisti di stazioni emittenti». Il settore degli audiolibri? «L'idea era buona, i risultati di vendita cattivi. Dobbiamo ancora capire se la colpa è nostra o del prodotto in sé». Un futuro, dunque, di carta stampata quello che Luraghi auspica per il gigante. Ma. a proposito, l'editrice Mondadori non è divenuta troppo grande per un Paese che legge poco, che è squassato dalla crisi, che parla una lingua sconosciuta fuori dai confini? «Non vogliamo infatti continuare ad espanderci in modo indiscriminato. Pubblichiamo già quasi mille titoli all'anno che mettono a dura prova la possibilità di seguirli come sarebbe doveroso». Per Luraghi. il libro è il più affascinante dei «prodotti superleggeri»: «Poca materia prima, poca tecnologia e tutto il resto fantasia, intelligenza, creatività». Ma è anche la «merce» distribuita e venduta «nel modo meno industriale possibile». «Questo — dice amareggiato — è l'unico prodotto per il quale è ammessa sempre e comunque la resa, anche se il prodotto stesso non è guasto». I nodi della distribuzione strozzano ogni ambizione culturale, si ripercuotono con «effetto perverso» anche sul talento degli autori: «Con la possibilità di rendere sempre all'editrice l'invenduto, il libraio è portato a vendere ciò che è più facile: il best seller, il libro deil'autore noto, l'opera d'evasione. I lavori meno attraenti per il, grandissimo pubblico, quelli dell'esordiente, dello scrittore raffinato stanno in un angolo del bancone, magari sotto: tanto ce la possibilità di darli indietro». Da qui. non soltanto la trasformazione dell'editoria in una macchina alla ricerca disperata di best seller, di volumi magari inutili ma di mercato sicuro:"ma anche, continua Luraghi. l'impossibilità di programmare. «Come si fa a fare una programmazione attendibile, non sapendo quanto ti tornerà indietro del prodotto venduto?». Restrizioni al diritto di resa, dunque, secondo il presidente Mondadori, «responsabilizzando così il libraio e aiutandolo, oltretutto, ad acquistare maggiore professionalità». Proprio qui, sotto i vetri neri dell'enorme gabbia appesa alle colonne di Niemeyer, un paio d'anni fa si esibirono i «marcia-. tori su Segrate» dicendosi vittime di congiure ideologiche e di persecuzione da parte delle multinazionali editoriali. Luraghi ricorda la sua esperienza di editore-mecenate, di stampatore di poeti con perdita assicurata. Quando però una casa editrice si avvia, come la Mondadori, ai 7 mila dipendenti le leggi economiche ritornano ferree: «/ soci ci finanziano, permettendoci di stampare libri, sino a quando il bilancio non va in rosso per troppo tempo. Se il deficit continua, i capitali scelgono un'altra strada». Ecco allora ii^^ur. di finanziatori interessati, ì capitali in nero, le linee politiche imposte con il ricatto. «Con bilanci che imbarcano acqua non si fa né economia né cultura. Soltanto un pessimo servizio a tutti». Per rastrellare capitali che finanzino la produzione di libri «impegnali». Luraghi pensa di potere ancora sfruttare i margini del mercato tipografico internazionale: «£' // /'/ futuro della nostra editoria. Non abbiamo rivali nel mondo in certe tecniche di stampa di libri d'arte a colori. La raffinatezza dei nostri tipografi, impaginatori, designer è leggendaria. L espansione della Mondadori è in quel/a direzione». Gli impianti di Verona l'anno scorso hanno lavorato 100 mila tonnellate di carta ed è già deliberato uno stanziamento di alcuni miliardi per potenziarli. Tre altri miliardi sono destinati al raddoppio degli stabilimenti de «La Nuova Stampa»; le controllate «Società Arti Grafiche Lombardia» e «Arti Grafiche delle Venezie» lavorano, a pieno ritmo: dalle nuove stamperie di Toledo escono i primi lavori in offset: operai e impiegati degli imgià la magassoluta dei dipendenti del Gruppo. «Dottor Luraghi, vista dall'ufficio di presidente della maggiore casa italiana, dove va la nostra editoria?». II vecchio manager non esjta nella risposta: « Và nella 'direzione buona. Non produciamo pagliette che passano di moda. Diamo il supporto iecnicoKa cose che saranno sempre più richieste: idee, fantasia, informazioni. :Qi sarà sempre bisogna di editori; credo che la crisi (lo documenta il nostro ultimo bilancio) finirà col toccarci mollo meno di altri settori». Vittorio Messori pianti tecnici sono e gioranza

Luoghi citati: Buenos Aires, Europa, Guanda, Italia, Lombardia, Milano, Segrate, Verona