Anche nel rego di Utopia le donne sono in castigo

Anche nel rego di Utopia le donne sono in castigo Anche nel rego di Utopia le donne sono in castigo Da Platone a Campanella fino al nostro secolo gli utopisti hanno inventato città e società ideali dove «lei» è sempre emarginata Certe invenzioni fanno sorridere, in altre c'è perfino una punta di sadismo Giovanna Pezzuoli PRIGIONIERA IN UTOPIA Il Formichiere, Milano 200 pagine, 500C lire NON si tratta di vittimismo. La vasta documentazione che Giovanna Pezzuoli porta a confermare la tesi che il mondo dei sogni dell'uomo è altrettanto ostile alia donna quanto il mondo della realtà, non ha bisogno di commenti. Da Platone fino al nostro secolo, gli utopisti hanno inventato città e società dove la donna è emarginata c dove spesso non le rimane che una funzione, quella di consacrarsi alla famiglia e ai figli. Gli esempi .sono innumerevoli e qualche volta riescono anche a far sorgere un sorriso sulle labbra del lettore, tanto assurde sono ie proposte e le divagazioni degli Eminenti. Altre volte, un senso di terrore o addirittura di ripugnanza per la loro incredibilità. Ci si chiede: è possibile che un Platone, un Comte, un Campanella, un Aristotele, un Bacon, e altri ancora della stessa altezza intellettuale, abbiano potuto esercitarsi sull'altro sesso con invenzioni intellettuali che talvolta sanno di sadico? Queste fantasticherie irrealizzabili di filosofi scrittori, co- „ C r-.-.t-!^ inL .iliivI i aiHiilt. idlIIIU pelile dell'eliminazione del singolo che si trova schiavo di regole immutabili dell'utopista: in questo senso il sesso Femminile è sottoposto a «infinite suddivisioni, classi, sottoclassi, categorie... e rimane il bersaglio preferito delle attitudini tiranniche dell'utopista...». Misoginia, atteggiamenti antifemministi, separazione tra sesso e amore, idealizzazione della donna casta, sacralizzazione della madre, sono tutti momenti e figure dei mondi degli utopisti. E quando si prefigura un mondo matriarcale, null'altro è che il capovolgimento delle teorie e ruoli pre¬ cedenti, non senza un pizzico d'ironia. Secondo Aristotele, la donna ha deficienze costituzionali perché manca di capacità decisionali ed è soltanto adatta a essere una subordinata. Platone, che pure sostiene l'utilità dell'istruzione femminile, chiede un'ingerenza totale nella vita privata con un controllo rigoroso sul matrimonio e le sue finalità eugenetiche. Siamo nell'età classica della Grecia, di alta e raffinata civiltà sia a Sparta che ad Atene: ma ladonnastachiusa nel gineceo mentre l'uomo crea. Nel 1516 Thomas More in¬ venta la parola Utopia: «qualcosa che non esiste in nessun luogo». Nella sua Repubblica, la moralità è sessuofcbica e repressiva, la moglie è quasi per ogni cosa alla mercè del marito. Si ritrova la stessa morale ascetica nella Repubblica Immaginaria di Ludovico Agostini (1575). nelle invenzioni di Valentin Andreae «1619), nel «New Atlantis» di Francis Bacon dove prostituzione e omosessualità sono considerate aberranti deformazioni. Per tutti alla base v'è la concezione patriarcale deila famiglia. La donna è anche sinonimo di stregoneria per l'Inquisizione che inizia alla fine del secolo XV e la migliore sua virtù è la verginità che diventa più importante e edificante della condizione matrimoniale. Passano ancora due secoli e tanto basta perché la donna sia totalmente esclusa dalle cariche delle corporazioni e anche da ogni tipo d'istruzione. Nel '700. autori come Fénelon, Morellv. Restif della Bretonne. danno nelle loro opere utopiche tratti comuni alla donna e al matrimonio, indissolubile e felice, la moralità è patriarcale, il celibato è condannato. La donna nella condi¬ zione matrimoniale è sempre più subordinata alla volontà del partner, che vanta tutti i diritti decisionaji. Dopo essere stata strega, eccola diventare madre, il concetto dell'amore materno viene istituzionalizzato alla fine del secolo XVIII: dedizione assoluta ai figli, concetto che non viene scosso dai moti rivoluzionari francesi. Anzi è il socialismo a subire l'influenza del moralismo patriarcale e dell'assetto borghese: il misogino Proudhon esprime nel rapporto matematico 8:27 il valore della donna rispetto all'uomo. Altrettanto discriminatori sono i segnali che mandano gli utopisti nel campo dell'eugenetica, cominciando da Platone che agevola nella «Repubblica» gli accoppiamenti in grado di migliorare la razza. Questo discorso ritorna neiìa «Città del Sole» di Tommaso Campanella dove i «mastri» stabiliscono gli accoppiamenti migliori e dove leggi rigorosissime contemplano la repressione del sesso femminile passibile di pena capitale se indossa tacchi alti e belletti. Presso altri u u to ri «eugenetici», i_ il celibato è un'eresia, una condizione immorale. Ma insieme viene fuori il discorso demografico che in Utopia spesso diventa particolarmente repressivo verso i bambini. Platone ammette un vero e proprio infanticidio di Stato e Aristotele ammette la soppressione dei deformi, scelte che preludono ai numerosi provvedimenti dell'Italia fascista e ancor più alla «eugenetica ariana» della Germania nazista. Nel saggio della Giovanna Pezzuoli si moltiplicano gli esempi e i'aneddotica. anche quella che riguarda l'apoteosi dell'abuso maschile: poligamia e prostituzione. Non mancano cenni al matriarcato, dal falso matriarcato e alia cosiddetta emancipazione della donna in Utopia, un'ambigua connotazione all'interno dell'istituzione monogamica, ancora di stampo vittoriano. Ma al di là delle foltissime pagine del saggio introduttivo. «Prigioniera in Utopia» presenta, potremmo dire, «in presa diretta» tutte le affermazioni che l'autrice produce nella prima parte del volume, con un'ampia scelta di brani di tutti gli autori citati. Un libro d'interessante lettura perché veramente originale nell'impostazione, per quanto ci risulta il primo di questo genere. Maria Adeie Teodori

Luoghi citati: Atene, Germania, Grecia, Italia, Milano