In quella strana estate tutti parlavano del "pack,, di Francesco Rosso

In quella strana estate tutti parlavano del "pack,, In quella strana estate tutti parlavano del "pack,, FU davvero un'estate singolare quella del 1928 per tutti noi in quel paesino della risaia vercellese. Dico per tutti, perché anche le donne e le ragazze, durante i passeggi serali, parlavano del generale Nobile come se fosse un personaggio di casa. All'inizio c'era la storia della cagnetta; Nobile in divisa, col berretto gallonato e, sotto il braccio, quella bestiola che, nel nome, ricordava una canzone diffusissima. Per noi giovani, la Titina, così si chiamava la cagnetta del generale, appariva soltanto come una forma di esibizionismo del suo padrone; chi avrebbe detto che, quasi mezzo secolo dopo, un'altra cagnetta, Laika, sarebbe andata in orbita; altro che Polo Nord. L'avventura era incominciata il 24 maggio 1928, quando il dirigibile Italia aveva preso il volo verso la Calotta Artica. Seguivamo, sì, quel viaggio che i giornali raccontavano con toni trionfalistici che a rileggerli a distanza di tanti anni provocano la nausea; ma la storia vera, la tragedia che anche noi abbiamo vissuto con un'intensità oggi ìnspiegabile. incominciò quando giunse la notizia della catastrofe. Non ricordo i dettagli tecnici, so che il mio paese fu come travolto dall'ansia. Si salveranno i naufraghi del dirigìbile Italia caduto sulla banchisa? In quel piccolo agglomerato umano chiuso nell'affocata risaia estiva, si parlava di pack e di banchisa come se tutti avessero un'esperienza antica sulle condizioni meteorologiche del Polo Nord. Poi, dalla scarsità delle notizie, incominciò ad affiorare qualche verità; non tutti erano morti, forse erano tutti vivi. Credo che noi dello sperduto paese di risaia fossimo uniti al mondo intero proprio da quella sciagura. Almeno, così pensavamo leggendo sui giornali i dispacci dalle varie capitali. Tutti parevano in moto per correre a salvare i naufraghi dell'Italia. Americani, svedesi, russi, senza contare gli italiani, sembravano mobilitati per arrivare presto al Polo, cercare gli sperduti sulla banchisa. Il «pack va alla deriva», dicevano gli uomini la sera, accosciati contro i muri delle case, dopo aver letto le ultime notizie. Per valutare appieno quello stato d'animo, si deve tener presente che quella era la stagione greve, afosa, devastatrice di energie della monda, del trapianto del riso, delle fienagioni. Eppure, la sera, uomini e donne con le ossa indolenzite dal lavoro, si attardavano a parlare del dirigibile Italia, di Nobile, dei suoi amici sul «pack che va alla deriva». Ma che significa pack, banchisa, deriva? E si discuteva all'infinito su questi dettagli che deviavano l'interesse dalla tragica avventura dei naufraghi. Leggevamo gli articoli di Cesco Tomaselli sul Corriere della Sera, di Massimo Escard e Arnaldo Cipolla su La Stampa, di Ettore Doglio sulla Gazzetta del Popolo. Maddalena ha volato su di loro, li ha avvistati. Esplose quel grande fiore di speranza sul candore dei geli che fu «La Tenda Rossa». E da quella piccola tenda usciva una voce, la radio messa su alla meglio da Giuseppe Biagi. Era partito Amundsen, il grande esploratore, per andare alla loro ricerca. Erano partiti due rompighiaccio russi, fra tutti famoso il Krassin. Poi la notizia; un aereo svedese aveva atterrato accanto alla Tenda Rossa, era riuscito a decollare portando via Nobile. Strano, pensavamo; proprio il comandante se ne va per primo? Poi Amundsen scomparve a sua volta, l'aereo svedese si capovolse al secondo tentativo di atterraggio. Pensavamo che fosse finita. Ma c'erano alcuni che tenevano duro. «Non dimenticate il Krassin». Non aggiungevano altro, ma capivamo ugualmente le allusioni. Erano nostalgici rossi che il fascismo aveva costretto al letargo. Sarebbe stata una nave comunista a salvare i piloti fascisti, pareva dicessero. Fu proprio così, il Krassin arrivò sulla banchisa, o sul pack alla deriva, ed imbarcò prima Mariano e Zappi, ed in fine anche gli altri con Biagi che aveva gli accumulatori della sua radio di fortuna ormai esauriti. I fascisti accusarono il colpo; le notizie sull'Italia e sugli scampati divennero sempre più esigue; si parlava ormai di Ferrarìn e Del Prete, altre aquile azzurre e nere, che tentavano il raid aereo verso l'America del Sud. C'erano ancora sui giornali corrispondenze di Tomaselli, Cipolla, Escard, Doglio (quale cimitero di cronisti) ma incominciavano le polemiche su Nobile, sulla sua precipitosa partenza. Noi ci eravamo già stancati di lui e della sua storia. Ed anche ora egli ci sorprende; in quel cimitero di giornalisti e compagni che lo circonda, solo lui, ultranovantenne, coltiva ancora il mito del dirigibile Italia e continua a scriverne. Francesco Rosso

Luoghi citati: America Del Sud, Italia