Mani sporche nel giornalismo

Mani sporche nel giornalismo L'accusa di Gunter Wallraff Mani sporche nel giornalismo Gunter Wallraff IL GRANDE BUGIARDO. COME LA STAMPA MANIPOLA L'INFORMAZIONE. Feltrinelli, Milano, pagg. 216, Lire 3500 GUNTER Wallraff, tedesco occidentale, classe 1942. è un giovanotto molto intraprendente. Fin dal 1966. quando gli venne in testa di abbinare, al mestiere dello scrittore-giornalista, la tecnica dell'agente segreto. Da allora Wallraff batte sempre lo slesso sentiero. Sila crescere o si taglia i baffi, si mette gli occhiali o maschera la propria miopia dietro le lenti a contatto, si pettina in un modo o nell'altro, indossa la tuta da operaio o un principe di Galles con cravatta tinta unita, e — munito di falsi documenti e soprattutto della sua grande abilità di attore — s'infiltra in una fabbrica, in un'azienda, in un ufficio, in un'organizzazione religiosa, si finge «uno della troupe» e osserva; osserva c poi scrive. Insomma, una superspia che studia anche su se stesso, oltre che sull'ambiente nel quale opera, gli effetti di un certo modo di vita e di potere. I suoi reportage*, messi insieme oltre lutto da uno che il mestiere di scrivere ce l'ha nel sangue, hanno così svelato alla Germania e al mondo che cos'è, dal di dentro, la condizione operaia in un Paese a capitalismo evoluto, o la fabbricazione segreta di certe armi per conto della Bundeswehr, la preparazione su suolo germanico di un colpo di Stato restaurativo e militaresco in Portogallo. Ora, dopo essere stato attaccato dalla stampa della catena Springer come comunista, sovversivo e simpatizzante per i terroristi (la gente di Springer, si sa, fa subito d'ogni erba un fascio), Wallraff ha pensato di truccarsi un'altra volta e lavorare un po' di tempo nella famigerata e diffusissima «Bild-Zeitung» come reporter, sotto il nome fasullo di Hans Esser. Assunto con sbalorditiva facilità, Waliraff ha lavorato in quel «giornale sporcandosi le mani», con profondo disgusto ma nella costrizione ineluttabile di stare al gioco per non scoprire la propria identità. Ciò che ne viene fuori, a esperienza ultimata e a identità scoperta, è ciò che in gran parte già si sapeva, ma con particolari nuovi e più urtanti, oltre che con un'ottica del tutto inedita: quello di chi ha operato «dal di dentro». La «Bild» risulta una fabbrica attivissima di menzogne di ogni genere: falsificazione di notizie, deformazione di fatti, silenzio imposto per ragioni politiche o di amicizia, caccia all'uomo o alla donna che diano fastidio, fino a veri linciaggi morali come quello rappresentato da Heinrich Boll nel romanzo L'onore perduto di Katharina Blum. Ma più grave dei singoli abusi e imbrogli è il «progetto» generale: quello di istupidire le masse in una broda sentimentalistico-aggressiva, di ridurre tutti i guai dell'uomo comune a una congiura del destino, cui ci si può sottrarre con un po' di fortuna e ricorrendo al gran cuore della «Bild», di istillare un odio sordo e continuo contro tutti i diversi, le minoranze, gli scomodi, quelli che non stanno al gioco. Si potranno non accettare tutte le chiavi di lettura politiche di Wallraff: ma il marcio c'è. e anche un'interpretazione diversa non lo fa certo scomparire. Per di più colpisce, come la novità più bruciante del libro, l'appiattimento insieme isterico e letargico a cui si riduce un giornalista di quella squadra, persino a tratti (e qui si ha un soprassalto di vero terrore) l'autore stesso, che quattro mesi di lavoro là dentro avevano già parzialmente «springherizzato». Il libro, sottoposto a censura giudiziaria, ha parti tagliate e parti modificate a forza. Quei segni neri, quelle spaziature sono come la firma di casa Springer, il segno della sua intimidazione e della sua paura della verità. ' Italo A. Chiusano

Luoghi citati: Galles, Germania, Milano, Portogallo