Svelato il "giallo" della Tempesta di Giorgione

Svelato il "giallo" della Tempesta di Giorgione Uno degli enigmi più appassionanti nella storia della pittura italiana Svelato il "giallo" della Tempesta di Giorgione Il famoso quadro ha sempre attratto gli studiosi in una ricerca quasi ossessiva del suo significato - Diverse tesi, ma nessuna certezza - Ora Salvatore Settis fornisce in un libro una nuova e convincente interpretazione del «soggetto nascosto» - Le sorprendenti analogie con un bassorilievo del 1470 EL paesello in tela cun la Tempesta cun la cingano et soldato» è ricordato sin dal 1530 nelle schede di Marcantonio Michiel che la vide in un «chamerino» del palazzo lagunare di Gabriele Vendramin, probabile committente. Gabriele era un patrizio coetaneo di Giorgione, che alternava ai concreto esercizio «dell' negozi familiari» i piaceri sottili del collezionismo con i distensivi momenti delle «ragunate». La Tempesta ha costituito uno degli enigmi più appassionanti della storia della pittura di tutti i tempi, un vero e proprio «giallo». Di «Tempesta puzzle» sipario nella più recente critica americana; addirittura «tempestry» si definisce ironicamente il fascino quasi ossessivo della ricerca del suo significato. Ma quale sono state le interpretazioni della Tempesta? Le molte ipotesi rimbalzate dalle riviste specializzate ai quotidiani Hanno seguito grossomodo due strade. La prima è stata intrapresa dai sostenitori dell'appartenenza dell'opera al genere libero del paesaggio a invenzione. La seconda, più. tortuosa e accidentata, ha cercato di portare ad ogni costo alla identiftcazionedell'enigmutico soggetto; a sua volta si è diramata in tre direzioni. Soggetto mitologico, allegoria storico-filosofica, episodio religioso. Semplice idillio? Innanzitutto dunque semplice idillio, dove Giorgione avrebbe solamente manifestato il suo genio fantastico e la sua libertà creatrice attraverso «l'alchemica morbidezza» e«terribil movenza» del co-. lore, per dirla con il Vasari o per mezzo di «una maniera così pastosa e facile» per rifare il verso al Boschini. A questa convinta lettura si associavano con Lionello Venturi, negli anni tra le due guerre, l'Ojetti e più avanti il Klark, il Morassi e tanti altri conoscitori. In sostanza i formalisti non facevano altro che rilanciare la posizione romantica di un Walter Pater, che di Giorgione sottolineava l'estro inventivo, musicale, tutl'uno con il suo mistero biografico (e non certo a caso talora la Tempesta veniva definita come la Famiglia dell'artista), sui quali si era soffermato anche Gabriele D'A nnunzio nel Fuoco. «Ilsoggetto deve rinviare invece a un significato ben preciso» sembra invece l'imperativo categorico degli esegeti che affrontarono la Tempesta con le armi agguerrite dell'iconografia e poi dell'iconologia. La Tempesta come soggetto mitologico è la prima delle piste tentate da alcuni studiosi, che hanno collegato il dipinto al suggestivo ambiente culturale veneto dell'inizio del Cinquecento, dove il mito del mondo arcadico si svolgeva entro le coordinate del pensiero platonico e aristotelico. Fitto il catalogo delle ipotesi susseguitesi in questa linea. Illustrazione di un passo della Tebaide di Stazio (per il Wickhoff), dove si racconta dell'incontro di Adrasto con Hypsipyle che allatta Ofelle. Ritrovamento di Paride per Hermanin e Richter; nascita prodigiosa di Apollonio di Tiana secondo Filostrato per l'Hartlaub. E ancora altre proposte: Nascita di Dioniso (Klauner); Incontro di Mercurio e Iside (Battisti); Dafne a Serifo (Parronchi). Partendo dai presunti rapporti di Giorgione con lo studio patavino, roccaforte dell'aristotelismo, altri tentavano intanto di spiegare la Tempesta come documento visivo di quelle speculazioni concettuali. In questa direzione Arnaldo Ferraguto proponeva di spiegare la Tempesta come «la serena confidenza dell'uomo nella bontà fondamentale degli elementi, in quanto gli elementi costituiscono la sostanza prima del corpo». L'uomo sarebbe così allusivo del fattore attivo, la donna di quello inerte; il villaggio e le rovine la caducità della condizione umana. A questa interpretazione si avvicinava anche quella dello Stefanini che per le fonti iconografiche del dipinto utilizzava il testo del Sogno di Polifilo del veronese Francesco Colonna, quasi un .fovee del Quattrocento; e ancora quella del De Minerbi, secondo cui la Tempesta racconterebbe la mitica origine fenicia della famiglia Vendramin. Nell'insonne officina degli esegeti della Tempe, sta si imboccava però per tempo anche la via del significato religioso. Kùnstler suggeriva l'allegoria del Peccato e della Salvezza; Wind il simbolismo della Fortezza e della Carità; Nancy de Grummond la leggenda veneziana di San Teodoro. Dal simbolismo religioso alcuni studiosi coglievano l'occasione per costruire, lente alla mano, più lambiccate e cervellotiche costruzioni. Tra queste ancora quelle dell'Hartlaub (la seconda) e quella del Calvesi. Il primo era convinto che il dipinto fosse nato nel seno di una società alchimistico-astrologica operante a Venezia all'inizio del Cinquecento. La Tempesta avrebbe raffigurato il momento della condizione dell'Iniziato (il fanciullo) che affronta le prove (il fulmine) nei pressi di un tempio (le rovine) sotto gli occhi del guardiano della setta. Un po' mozartiano Da questo Giorgione invero un po' mozartiano (da Flauto magico,/ il Calvesi procedeva per spiegare la Tempesta come Ritrovamento di Mose, dove il personaggio maschile assumeva la doppia valenza di guardiano e di Ermete. Trismegisto. In un secondo tempo l'autore suggeriva di identificare il soggetto con il matrimonio ermetico della terra e del Cielo. Fin qui dunque le vie percorse dagli investigatori. Ma come in ogni «giallo» che si rispetti ecco il colpo di scena finale. Nel libro «La Tempesta interpretata» di Salvatore Settis (ed. Einaudi, 152 pagine, IO mila lire) i pezzi del puzzle paiono inserirsi ad uno ad uno nel giusto incastro. Le ipotesi di Settis si muovono lungo due coordinate logiche ben precise: a) l'esigenza di porre la Tempesta in una serie di altre opere per recuperarne il coincidente schema compositivo; b) mettere a fuoco con precisione i valori culturali della committenza per inquadrare storicamente il significato iconologico del tema adottato da Giorgione. L'iconografìa della Tempesta corrisponde quasi alla lettera con quella di un bassorilievo scolpito intorno al 1470 da Giovanni Antonio Amadeo nella cappella Colleoni di Bergamo. Si tratta di una scena ispirata e tradotta liberamente dal Genesi. Dio, dopo la scacciata dei progenitori, colloquia con Adamo in piedi, alla presenza di Eva seduta, che ha sulle ginocchia un bambino. Tema molto raro che comunque appare già nel Medioevo, come ad esempio nella Bibbia miniata di epoca carolingia di Moutier-Grandval. Nella Tempesta di Giorgione Dio è però sostituito, come nella letteratura degli Emblemi, per esempio in A Iciati, con il suo simbolo, il fulmine. Le colonne spezzate indicherebbero la vita interrotta dalla morte (peccato), secondo un'allegoria diffusa in ambito veneziano (Jacopo Bellini per esempio); gli elementi decorativi egittizzanti della città spopolata, l'Eden perduto, dedotti dai lesti con geroglifici fSogno di Polifilo, traduzione di Horapollo) sarebbero il simbolo della sapienza. Insieme con l'Adamo vestito nella foggia da gentiluomo, avrebbero la funzione di «nascondere» volutamente il soggetto morale del dipinto. Ciò rientrerebbe appieno nel gusto per le immagini criptiche e specificamente devozionali ricercate dalla committenza a cui il Vendramin verosimilmente apparteneva. In sostanza nell'allegoria sacra della Tempesta sarebbe sintetizzata e visualizzata la temperie umanistica della Venezia del primo Cinquecento: dove il culto delle antichità ritrovate e della religiosità personale intesa come «mvsterium», erano ancora filtrate dal pensiero neoplatonico. Le pagine di letterati come Giovanni Aurelio Augurelli, Pico della Mirandola. Paolo Giovio o di religiosi come Gasparo Contini, sarebbero testimonianze eloquenti di questa nuova dimensione umana ed intellettuale. E «zoveni» quali Gabriele Vendramin e «Zorzi da Castelfranco», come forse dimostra la Tempesta, interpreti diretti. Gianni C. Sciolla

Luoghi citati: Bergamo, Castelfranco, Iciati, Nancy De Grummond, San Teodoro, Serifo, Tiana, Venezia