Sastre: in questa Roma si sente la paura di Giulia Massari

Sastre: in questa Roma si sente la paura Intervista allo scrittore spagnolo già incarcerato dal franchismo, sempre all'opposizione Sastre: in questa Roma si sente la paura ROMA — Nel teatrino Belli in Trastevere, dove la Cooperativa Arcipelago presenta «Esercizi del terrore», trittico di atti unici del drammaturgo spagnolo Alfonso Sastre, l'autore se ne sta in disparte, mentre sulla scena Frankenstein esibisce le sue informi creature, il Vampiro, che poi è il Potere, si affanna a succhiare sangue, e si agitano mostri di ogni tipo. E' la prima mondiale di un lavoro scritto fra il '71 e il '72, ed è dunque giusto che il suo autore sìa ansioso, e poco desideroso dì lasciarsi intrattenere. Ma il giorno dopo, nella piazza Santa Maria in Trastevere chiusa al traffico e più simile a uno scenario che a una piazza vera, Sastre parla volentieri, sorseggiando grappa, signore bonario con la barba brizzolata e i piccoli occhi di caldo color nocciola, in maglietta, vivace, gesticolante. Parla del suo lavoro teatrale e del suo impegno politico, attività per lui inseparabili. E' a Roma per pochi giorni, ospite di amici in una casa di via del Cipresso. «Questo spettacolo — dice — appartiene a una linea secondaria del mio lavoro: gli antichi miti del teatro trattati umoristicamente. Ho cominciato a lavorare in questo senso nel '64, pubblicando un libro, "La noche lugubre", che già rappresenta un tentativo in questa direzione: è come la chiave per meditare sulle forme attuali del terrore». Ma questo terrore «umoristico», non è forse fuori posto, oggi che si vive con altri tipi di terrore? «Sull'opportunità di fare o meno questo spettacolo che, almeno nel titolo, richiama altri terrori, bisogna chiedere al regista e alla cooperativa: chiedergli, cioè, perché lo hanno voluto fare proprio ora, in Italia. Sapranno rispondere. Io il mio pensiero l'ho già espresso nella prefazione al volume spagnolo: sono favorevole a tutto quanto cerchi di sdramma¬ tizzare la situazione. Quando la situazione è molto grave, ci si deve concedere sfoghi, divagazioni. Quando la Cooperativa Arcipelago mi ha chiesto di rappresentare il mio lavoro, io ho detto prontamente di sì, perché dico di sì a chiunque chiede di rappresentare miei lavori, soprattutto se si tra.Ua di gruppi o cooperative. Ho fatto persino mettere una clausola in questo senso nel mio contratto con la Società degli Autori. Ma poi, quale momento non è particolare, nel mondo d'oggi? Il '71, il '72, quando ho scritto questo testo, non erano anni belli, in Spagna. E io sono stato arrestato e buttato in carcere nel '74. Fino allora si erano limitati a censurare i miei libri, e tutto il mio lavoro». L'accusa con cui lo misero in carcere insieme con la moglie Eva Forest, scrittrice anche lei, fu di «terrorismo». Durante una perquisizione, gli avevano trovato in casa una specie di box della grandezza di un uomo, utile per riporre carte compromettenti, o altro. Quel box secondo la polizia era un carcere. Un carcere al quarto piano d'un appartamento in Madrid, in via Virgen di Nuria, a che cosa poteva servire? Anche per i terroristi baschi, secondo la polizia. Lo sospettavano infatti di complicità con l'organizzazione basca. Lo scrittore, noto per la sua attività contro il regime di Franco, segnalato come comunista, rimase in carcere otto mesi, mentre la moglie ci restò più a lungo, tre anni, correndo gravissimo pericolo. Quando uscì di carcere, e fu esiliato in Francia, Sastre non era più iscritto al partito comunista. Al momento dell'arresto, il partito lo aveva abbandonato. «Forse, per il timore di rappresaglie molto gravi — racconta —. Comunque quel fatto, il disinteressarsi completamente di me e di mia moglie, due compagni leali e coraggiosi, finì con l'acuire i dissapori che già c'erano. Ora sono comunista ma non militante». Ma ora il franchismo è finito, ed è arrivato il nuovo, sognato governo: e molle cose sono cambiate, in Spagna... =<In principio c'è stato un grande entusiasmo. Poi si è capito che non molto cambiava, perché la polizia rimaneva la stessa, e i tribunali militari, le leggi, l'esercito... Allora, nel mio Paese è sopravvenuta una specie di scetticismo di abulia e di "aburrimiento", di tedio. Oggi, in Spagna, si respira un'aria penosa. Il dramma della guerra civile è tutt'altro che dimenticato, anche fra i giovani, e si ha come l'impressione che bisogna avere molta cautela per evitare qualcosa di grave. E poi, è come se molti si dicessero: allora, erano questi gli ideali per cui ci siamo battuti? Qualcosa di simile devono aver provato Rafael Alberti e Dolores Ibarruri, quando sono tofnati in Spagna. Delusione, malinconia. Il loro comunismo era un'altra cosa. «Certo qualcosa si muove, e si crea un Ministero della Cultura, e tsì abolisce la censura... Ma stiamo a vedere cosa accadrà. Prima dell'abolizione della censura, c'era già tolleranza, e che cosa ne è venuto fuori? Spettacoli e riviste di nudo, o pornografici. Niente di serio, niente di impegnato. Con un manipolo di intellettuali abbiamo ora costituito un gruppo per il teatro politico. Purché questo teatro si faccia: perché mancano gli scrittori di teatro, come quelli di narrativa, una constatazione, forse, che riguarda anche altri Paesi». Forse, l'Italia? «In Italia — risponde Sastre — avete per lo meno una massa di nuovi registi, importanti tutti. In Italia, è il momento dell'immagine, già qualcosa. E qualche scrittore c'è. Ma in Spagna la letteratura è scomparsa, finita». E l'Italia, come è l'Italia, oggi, per Sastre, che già la conosceva, che ha libri tradotti in italiano? «Ho trovato l'Italia e Roma molto cambiate. Roma non è più la città allegra dove si scherzava col tassista e ci si faceva raccontare la barzelletta dal fruttivendolo: è una città dove si ha soltanto timore. Lo avverti in tutto. I rapporti fra le persone si sono inaspriti, è sparita la tolleranza. Questo timore, viene forse dalla sensazione che non ci sia via d'uscita. Perché a quella via d'uscita, cioè all'accordo dc-pci, hanno poi creduto in molti? Oppure hanno capito che non ne poteva, non ne può derivare un gran cambiamento? Io so a quale delusione gli italiani vanno incontro, se quella possibilità si realizza: non sono un gran politico, solo uno che crede ancora nei cambiamenti totali». E' uscito in Spagna, di recente, un libro di Alfonso Sastre che s'intitola Critica dell'immaginazione. «Questo primo volume — racconta — l'ho finito in carcere. Ero riuscito a salvare il manoscritto. L'esperienza strutturalistica mi è servita come difesa contro lo storicismo». Adesso si metterà a lavorare al secondo volume, e contemporaneamente a un vecchio progetto, un lavoro attorno alla Celestina di Fernando'de Rojas, con un Callisto e Melibea non più giovinetti ma anziani, incattiviti dagli anni. Ci lavorerà a Fuenterrabia, un paesino di marinari sulla costa basca, dove ora vive con la moglie e due dei suoi tre figli, il primogenito Pablo vivendo a Cuba. A Sastre, un'ultima domanda: non pensa di tornare in Spagna? «Il paese basco dove io vivo è spagnolo» risponde, e sembra eludere la domanda, ma poi aggiunge: «Il mio appartamento di Madrid è ancora suggellato. Il nuovo governo non ha tolto i sigilli messi dal franchismo». Giulia Massari