Riviste: specializzarsi per essere in buona salute

Riviste: specializzarsi per essere in buona salute Inchiesta sui periodici di cultura in Italia: una diagnosi da Firenze Riviste: specializzarsi per essere in buona salute FIRENZE — Venti ne pubblica La Nuova Italia, ventisette il prezioso Leo Olschki. una dozzina Le Monnier. Ma l'elenco delle riviste fiorentine non finisce qui. Certo è un primato che affonda le sue ragioni nella tradizione. Prima di tutto quella cattedratica dell'ateneo fiorentino dalla fine deU'Ottoceiiio fra i più fervidi e autorevoli, voi la vocazione pedagogico-didattica fiorentina: infine la concentrazione di grandi sigle, editoriali di cultura. Tastare il polso di queste riviste significa tentare una diagnosi valida per tutta Italia. La diagnosi è pressappoco questa: intanto, strano a dirsi, quelle che vanno meglio sono le riviste estremamente specializzate, che un pubblico preciso di abbonati ce l'hanno. Meno bene vanno le riviste di cultura e di «varia umanità» il cui terreno è eroso da strumenti più agili come i settimanali: gran parte della polemica culturalpolitica vent'anni fa si svolgeva sulle riviste, oggi è sulle colonne di Panorama o dell "Espresso. Il dibattito ci ha guadagnato in risonanza, coinvolgimene e tempestività; però, ci ha perso in equilibrio e in obbiettività. Quanto al merito, la cartella clinica della rivista di cultura dice che la sua salute è legata alla vita universitaria. I cataclismi di questi anni non le hanno giovato. Poi c'è il «contesto». Economicamente, riviste di cultura in attivo sono un miracolo sconosciuto. Le tirature oscillano fra le cinquecento copie delle iperspecializzate fino alle duemila copie di media, fino alle punte, come è il caso de II Ponte, di cinquemila copie tirate e quasi tutte esitate. Strumenti di vendita sono gli abbonamenti e la libreria: solo il primo funziona, perché molte librerie ritengono il peso amministrativo superiore alla gratificazione degli incassi. C'è, per tutte le riviste di cultura, un grosso nemico: le poste italiane. Questo nemico ha due spad.e: gli altissimi costi postali di recente quadruplicati e il disservizio che fa disperdere o giungere con assurdi ritardi le copie spedite. Per concludere il quadro, varrà notare le motivazioni psicologiche e scientifiche che tengono in piedi le riviste: le prime, sono unanimemente condivise dagli editori: «Non ci si guadagna, ma è un modo di essere presenti con la propria sigla editoriale: in più, se sono specializzate, spingono un poco anche la produzione libraria che hanno dietro». Quanto alle ragioni culturali, se è naturale che la papirologia o la filologia classica o l'etruscologia abbiano strumenti di aggiornamento scientifico internazionale tutti loro, e dunque il futuro di queste riviste sarà sempre circoscritto quanto sicuro, meno solido pare il futuro di quelle riviste di dibattito culturale che si vedono portati via gli argomenti dal dibattito dei mass media. Inoltre, nulla sembra più inadatto ai ritmi e ai modi vorticosi e iperinformativi ma ipoformativi della vita culturale attuale, legatissima alle mode, di quel lento strumento che è una rivista di cultura. Ci sono poi le riviste legate a una stagione, un movimento, una tendenza culturale viva ma breve che ha lo spazio di qualche stagione. Ma non è il caso delle cinquanta e passa riviste fiorentine, le più prestigiose delle quali, semmai, mostrano una stabilità e una longe¬ vità fuor del comune. Prendiamo, fra le non specialistiche, le più prestigiose: Il ponte ha trenta tré anni di vita. Paragone ne ila ventoito. Belfagor. fu fondata nel dopoguerra da Luigi Russo ed ha toccato il trentaduesimo anno. Longeve, dunque, ma anche stabili. A dirigerelì ponte, che fu fondato ancora in corso la guerra, nell'aprile del '45, da Piero Calamandrei c'è oggi Enriquez Agnoletti che partecipò alla fondazione. Paragone, fondato, nelle due versioni («letteraria» e «artistica»./ dal grande critico d'arte Roberto Longhi è in mano alla sua vedova, la scrittrice quasi ottantenne Anna Banti. Belfagor, infine, è passato come un'eredità dinastica, da Luigi Russo, il focoso e illustre critico siciliano che lo fondò, al figlio Carlo Ferdinando Russo. Semmai, strano a dirsi, sono le vicende editoriali più tormentose; e infatti, tanto Belfagor che Paragone sono passati per diverse sigle. Incontro^ Vanni Paoletti -p"aTrK?SSl!fe*KV Monnier per parlare delle sue riviste. Ce ne sono di scolastiche, come gli Annali della pubblica istruzione, la Rassegna dell'istruzione secondaria e, recentissima e pare unica in ' Italia L'edilizia scolastica. Altre, a calmilo fra la scuola e il mondo scientifico, come La scienza, la matematica, destinata alla scuola media inferiore e poi Archimede, organo dei matematici italiani. Vecchie di oltre cinquant'anni sono invece Archivio glottologico linguistico e gli Studi italiani di filologia classica, accanto alle quali c'è Atene e Roma Informatica e diritto. Infine le riviste diciamo così di politica culturale quali l'antichissima Cultura (fondata da Ruggero Bonghi) diretta da Guido Calogero, la Rivista di studi politici internazionali e la recente (un paio d'anni di vi* ta) Prospettive nel mondo. Come se non bastasse Le Monnier ha in arrivo la gloriosa ma di recente indebolita La nuova antologia che, auspice Giovanni Spadolini, passa almeno per la distribuzione alla casa fiorentina. La rivista che fu di Gian Piero Vieusseux rimodernerà la sua veste e passerà dai dieci attuali numeri annui a quattro, sebbene molto nutriti. Chiedo dunque a Le Mounier lo stato di salute di tutte queste sue figlie. Mi garantisce che non c'è da lamentarsi troppo, anche se il bilancio non può quasi mai essere in attivo. Conferma che, nonostante i contributi di molti istituti promotori, compreso il Cnr, il rischio imprenditoriale resta per molte testate sulle spalle della casa editrice. Aggiunge che le riviste aiutano le collane editoriali, fanno circolare il nome della casa, danno un certo prestigio. La media degli abbonamenti, per quelle strettamente specialistiche, va da cinquecento a mille copie, le tariffe e i disservizi postali creano molti problemi, le librerie spesso non trattano neppure la rivista di cultura Chiedo: le sovvenzioni governative aiutano realmente? «Oggi — risponde Paoletti — sono aumentate e hanno" un reale peso». E il rinnovamento della scuola, aiuta le riviste? «No, la riforma — risponde Veditore — cioè i decreti delegati, hanno atomizzato, con l'assoluto decentramento, ogni possibilità nostra di promozione». Lo stesso cauto ottimismo, o se si vuole il medesimo rassegnato coraggio, trovo in casa Glschki. Qui le testale sono ventisette ed è duro anche fare un semplice elenco. Rammento almeno la bandiera o se vogliamo l'ammiraglia: la Bibliofilia fondata da Leo Olschki e che compie oggi ottant'anni come il suo attuale direttore che è l'autorevolissimo umanista marchese Ridolfi. Rammento forse la più antica rivista europea vivente, cioè /'Archivio storico italiano (1842, auspice Vìeusseaux). E poi, la Rassegna storica toscana («in decollo» garantisce Alessandro Olschki), il trimestrale Lettere italiane diretto da Gatto e Branca, la rivista di etnografia Lares, la più recente II pensiero politico (dieci anni), le tre riviste musicologiche, Rivista italiana di musicologia, Chigiana e Studi musicali. E infine ' Studi etruschi, diretta da Pallottino e Neppi Modona, unica al mondo per argomento e per prestigio. Discorso a parte merita Belfagor, rivista ultratrentennale appunto, definita «di varia umanità», che è ben viva, affronta temi culturali e politici, ha una chiara prospettiva di sinistra e proprio in questi giorni è oggetto di un massiccio rilancio da parte dell'editore. «Ha buon seguito nel mondo politico — dice l'editore — e nel mondo della scuola. Geograficamente va assai bene al Sud e nelle piccole piuttosto che nelle grandi città, forse Derché in provincia e nel Meridione c'è più tempo». Chiedo ad Alessandro Olschki la sua cartella clinica sulle riviste di cultura». «In tempi di crisi economica la rivista è il primo prodotto ad essere abbandonato; per contro i costi di produzione, a parte la carta, sono notevolmente aumentati e 'così quelli dell'invio postale. Pubblichiamo dunque in passivo, ma per onor di firma, e per avere una nostra presenza sul mercato. Quanto a noi, abbiamo un nome di prestigio culturale ed è naturale che lo difendiamo. Di buono c"è che qualche volta si vendono collezioni complete ad alto prezzo; c'è anche la recente legge 172 del 1975 sulle sovvenzioni governative alle riviste che ha alzato notevolmente i contributi: anche tre milioni l'anno per una testata Olschki è noto per i suoi ricchissimi contatti col mondo scientifico e universitario straniero. «All'estero soprattutto negli Stati Uniti — confessa — ci sono allarmanti sintomi: c'è carenza di spazio nelle biblioteche maggiori (le riviste occupano molto spazio) e c'è una tendenza a selezionare le testate per ridurre le ingentissime spese di acquisto». Chiedo infine, anche a Olschki, un giudizio globale. «I ritmi delle nostre giornate, intendo di chi fa vita produttiva, impediscono di coltivare molte letture. Le riviste ne risentono. Quanto al loro contenuto, invece, il mondo universitario che si è enormemente ingigantito quantitativamente, permette di scegliere fra sempre più numerosi lavori e contributi scientifici degni di pubblicazione». IL PONTE mi ■ivvivXiv/^'ìc^witiwCNWWo:':-::^^ wmmmmmmmmm ■y.\.y.'y.-y.-/y.-y..y4yjiòfò-'££>tyy..y.& '■yyyyyyyyyyyyyyyyyyy^^ ■yyyyyyyyyyyyyyyyyyyyy-y.yy-^ .yyyyyyyy-y: ■yyyyyyyyyyyy^ ti E Li"' Ai.j\j ii BASA *5>ir**':t l.U> S. QL&HKI ■ Uffi/.V

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