«Fate del corpo una domanda»

«Fate del corpo una domanda» Testi sui «sistemi di risveglio» orientali «Fate del corpo una domanda» Padma Sambhava, LA LEGGENDA DEL GRANDE STUPA, 100 pagine, 3600 lire; John Blofeld, L'INSEGNAMENTO ZEN DI HUI HAI SULL'ILLUMINAZIONE IMPROVVISA, 112 pa-, gine, 3600 lire; Zenkei Shibayama, MUMONKAN, LA PORTA SENZA PORTA, 346 pagine, 10.000 lire; Chògyam Trungpa, IL MITO DELLA LIBERTA', 132 pagine, 4000 lire; Geshe Lhundup Sopa - Jeffrey Hopkins, PRATICA E TEORIA DEL BUDDHISMO TIBETANO, 158 pagine, 4800 lire, Astrolabio - Ubaldini, Roma SE leggiamo in un certo ordine questa rosa di testi dell'Astrolabio sarà come compiere un viaggio sul dorso dell'ouroboros, il mitico serpente che si mangia la coda. Su di esso le coordinate dello spazio e del tempo sono sospese; la storia, nel suo multiforme atteggiarsi, è piuttosto lo schermo sul quale si proiettano le infinite vicende parallele di un'umanità dominata da potenze impredicabili, di cui si conoscono (subiscono) solo gli effetti senza mai poter risalire alle cause. Dietro allo schermo, invisibili, stanno i sapienti. I loro nomi sono simbolici: il «Nato dalLoto»,ì& «Grande Perla», il «Prezioso»; le loro biografie sono paradigmatiche ; le loro dottrine paradossali. Chi, nel corso dei secoli, si è ad esse accostato ha dovuto sottomettere il corpo e la mente a ginnastiche iperboliche per alterare il ritmo del respiro, sospendere il pensiero, visualizzare diagrammi o pronunciare sillabe echeggiane nel cuore. La trasmissione di questa sapienza, inizialmente orale e segreta, si è via via orga- ruzzata in un complesso autonomo di dottrine e di pratiche, sottoposte alle inevitabili deformazioni degli infcifjiJ9U&M8t&Std attori nelle maggiori lingue moderne occidentali. Oggi l'Occidente dispone di un immenso repertorio di «sistemi di risveglio» e ne fa l'uso che crede, spesso un futile abuso. Nella «Leggenda del Grande Stupa» attribuita a Padma Sambhava, iniziatore nel Tibet dell'VIII secolo del buddhismo tantrico vajrayana e nella sua biografia simbolica, accostiamo una profezia apocalittica sulla spirale discendente dei tempi fino al limite estremo dell'attuale Kaliyuga, l'età dominata dalla tenebra. L'unica via d'uscita all'incedere del male è la pratica assidua della quiete interiore, talvolta attraverso meticolose e snervanti discipline psicofisiche, secondo la linea del tantrismo tibetano, talaltra ricevendo subitanei scossoni mentali, arte in cui primeggia lo zen. John Blofeld, autore del dilettevole «Il segreto.e il sublime» (Oscar Mon¬ dadori, 1977) in cui riferisce le sue esperienze in monasteri taoisti nella Cina prerivoluzionaria, ci fa assaggiare in questa sua nuova raccolta di materiali zen l'aspro sapore dei piattini enigmatici propinati ai discepoli dalla «Grande Perla», il famoso maestro Hui Hai, vissuto in Cina nelTVIII secolo. Alla domanda: «Che cos'è l'illuminazione improvvisa?», egli risponde: «Improvvisa significa sbarazzarsi istantaneamente dei pensieri illusi. Illuminazione significa comprendere che l'illuminazione non è qualcosa da raggiungere». «Da dove iniziamo questa pratica?». «Dovete iniziare dalla radice stessa». «Qual è?». «La mente è la radice». Un po' sconsolati, accediamo al romitaggio del maestro Mumon nel Giappone del secolo XIII. Mumon non crede all'efficacia della parola, e tanto meno scritta, ma da perfetto adepto zen, si adatta alla circostanza. Prende 48 koan degli antichi Maestri e li usa «come sassi per bussare alla porta, gui- dando i monaci secondo le loro capacità e i loro caratteri». Il sibilo del primo sasso, ovvero koan, suona cosi: « Una volta un monaco chiese al maestro Joshu: "Un cane ha la natura del Buddha o no?" Joshu disse: "Mu!"». Nella generale costernazione Mumon afferma: «Questo stesso Mu è la barriera dello zen. Per questo'è stato chiamato "la Porta senza porta" dello zen. Volete superare la barriera? Allora concentratevi su questo "Mu" con le vostre 360 ossa e i vostri 84.000 pori e fate del vostro intero corpo una grande domanda...». Negli Stati Uniti oggi gli antichi insegnamenti buddhisti hanno ricevuto quella patina di accessibilità psicologica sufficiente a imporsi a stuoli di individui come «la» soluzione all'assurdo quotidiano. L'insegnamento di Chògyam Trungpa, maestro tibetano educato a Oxford, è quello che l'americano medio è disposto a ricevere, soddisfacendo la sua aspettativa e tuttavia senza sconvolgere, come invece avveniva anticamente in Oriente, le sue coordinate mentali. «La meditazione non è tentare di raggiungere l'estasi, la beatitudine spirituale o la pace, e neppure tentare di migliorarsi. E' semplicemente la creazione di uno spazio in cui abbiamo la possibilità di esporre e disfare i nostri giochi nevrotici, i nostri autoinganni, le nostre paure e speranze nascoste... ». Così, impercettibilmente, la testa e la coda dell'ouroboros si sono saldate. Quel risveglio cui l'antica dottrina buddhista alludeva attraverso metafore, enigmi o leggende esemplari, senza nascondere la difficoltà del cammino e la rarità dell'impresa è ora offerto come un bene ulteriore di consumo di facile accesso. E chiunque può mettere sul suo tavolino un manuale di pratica e teoria del buddhismo tibetano, per nutrirsi con ciò che promette di ulteriori illusioni ■> Secondo la teoria indiana del «gioco» cosmico, anche questo è stato previsto nella ruota dei tempi. All'editore di tanti buoni testi sul pensiero orientale, solo un appunto. Quando, nel risvolto a «La leggenda del Grande Stupa», si legge che Padma Sambhava «venne in Tibet per diffondervi la disciplina dei tantra e distogliere i tibetani dalle primitive fantasticherie degli •sciamani» (!), non possiamo reprimere una grande sorpresa di fronte a un giudizio sullo sciamanesimo Bòn così nettamente sconfessato dai risultati delle ricerche di Helmut Hoffmann, della scuoia tedesca di Bonn, e dalla traduzione delle opere Bòn di D. L. Snellgrove. Grazia Marchiano

Luoghi citati: Bonn, Cina, Giappone, Oxford, Roma, Stati Uniti, Tibet