Un giornalista solitario controla tv americana di Furio Colombo

Un giornalista solitario controla tv americana Un giornalista solitario controla tv americana NEW YORK — Per anni Daniti Schorr è stato un nome e una faccia famosa nella rete televisiva che a quel tempo era la più celebre fra le prestigiose «testate» dell'etere americano: la C.B.S. Da un paio d'anni Daniel Schorr non si vede più. Al suo posto c'è questo libro (Clearing the Air, Houghton Muffin Co., Boston), amaro best-seller della fine di un giornalista. Dirò brevemente le due ragioni che hanno reso celebre e «caldo» questo libro in America, e le ragioni, diverse, per cui questo libro ha un interesse più grande del proposito che ha guidato il suo battagliero autore. Le due ragioni «americane» sono la lotta nata dentro la C.B.S. sulla iniziativa di Schorr di dare a un giornale (il Village Voice) il rapporto Pike sulle attività di spionaggio in America, dopo che la C.B.S. aveva deciso di non trasmettere il suo «colpo» esclusivo. E la sua accusa, lanciata ostinatamente, dopo l'episodio in questione, contro l'intero apparato direttivo della sua rete tv, un'accusa d< collusione con il governo e i suoi servizi segreti. L'integrità di Schorr, il suo passato, la sua vita, la sua dignità professionale sono grandi abbastanza per non sospettarlo di malafede o vendetta nel secondo episodio; ma esso è senza dubbio legato al primo. E il primo ha insieme aspetti di una coraggiosa battaglia per la libertà e tratti più earatteriologici che politici, nella impulsiva decisione di Schorr, che passa a un concorrente il materiale che la sua rete non vuole trasmettere. Gli elementi personali e psicologici senza dubbio toc¬ cano profondamente una vicenda che, per altri versi, è parente stretta delle grandi rivelazioni sul Watergate. Il lavoro di Schorr, anche se è diretto ad altri fini ed è l'argomentazione di altre tesi, ci porta all'interno di un meccanismo che è almeno altrettanto delicato quanto le macchine da incubo della fantascienza. Ci porta dentro le stanze dove si decide «che cosa va in onda». E quello che va in onda diventa «la realtà» cioè, semplicemente, la vita, per decine di milioni di spettatori. Non solo, ma genera a sua volta comportamenti, reazioni, adattamenti, e trasformazioni di due nature. Una avviene nella massa degli spettatori, si registra in tempi diversi, spesso sconnessi, e di solito al momento della verifica si è persa la traccia della motivazione iniziale. L'altra è la spinta che ciascuna rete, con la sua potenza, esercita sull'altra, cambiando dunque ciò che tutti percepiscono della vita. Come se alle finestre avessimo grandi manifesti a colori della città o della campagna, invece di quello che si vede «davvero» dalla finestra. Ma tutti coloro che ricevono la vita «determinata» dalle fonti di comunicazione di massa non sono solo le famiglie degli alveari urbani e delle fattorie sperdute nello Oklahoma. Sono, ci spiega o meglio ci ricorda il lavoro di Schorr, gli stessi autori delle grandi decisioni: i politici e i vertici del potere. Quante decisioni sono state prese, annullate, modificate, sospese, in relazione al timore che siano note, al desiderio che siano conosciute, all'impulso di un messaggio diffuso su quella scala immensa, o per il desiderio che decine t'. milioni di schermi registrilo quella decisione. E quante reazioni gradevoli, furiose, indignate,consenzienti,scettiche, pratiche, politiche, utilitarie, idealistiche sono avvenute in relazione a ciò che appare sul rettangolino dello schermo tv? Come, in che modo l'immenso materiale che forma gli eventi di una giornata viene filtrato in un'ora di notizie che trasformano il mondo (o almeno una parte di esso?). Non è necessario lasciarsi travolgere dalia parte involontariamente apocalittica della esposizione di Daniel Schorr. Con gli onori che merita, Schorr è un caduto sul campo, è un mutilato che racconta la guerra. Impossibile dedurre la parte epica del racconto collettivo, e la incredibile amarezza privata di queiio che personalmente gli è capitato. Si può anche «bilanciare» questa immagine drammatica, ricordando che un mondo in televisione è meglio di un mondo nascosto dal segreto, e che un interesse «naturale» (cioè anche pratico, commerciale) spinge le «reti» a dire se non la verità almeno una parte di essa. Il Watergate e il Vietnam lo hanno dimostrato. Ma resta questo immenso e misterioso potere: offrire la vita in sequenze montate secondo decisioni la cui portata, la cui influenza appaiono grandissime. A confronto con questo potere, che finisce per definire l'esperienza quotidiana di quasi tutti, la sorveglianza politica (nel senso migliore dell'interesse comune) e quella degli «esperti» appare debole e frammentaria. Furio Colombo

Luoghi citati: America, Boston, New York, Oklahoma, Vietnam