C'è un dongiovanni nella casa di riposo di Barbara Alberti

C'è un dongiovanni nella casa di riposo C'è un dongiovanni nella casa di riposo Eros e vecchiaia nel romanzo di Barbara Alberti Barbara Alberti DELIRIO Mondadori, Milano 250 pagine, 5000 lire OH, finalmente! Un libro disgustoso, irritante: arduo ed espressivamente perfetto! Non conosco la signora Alberti: il risvolto dell'editore mi aveva signorilmente diffidato: «la signora Alberti sarà anche una scrittrice, ma mi corre l'obbligo d'avvertire che ha al suo attivo un quattro-cinque sceneggiature per la film, come si diceva ai bei tempi; e qualcuna anche un tantino volgare...». Ho attaccato gonfio di diffidenza, e dopo una decina di pagine credevo di trovarmi di fronte ad uno dei nipotini del professor Sanguineti: rampolli indegni di tanto avolo, dei cui geometrici furori tentano una sghemba parodia, co! risultato di sgambetta¬ re in un disordine verminoso. Poi, da quel testardo che sono (ed anche per ossequio al riserbo del Mondadori, che se ti mette in guardia, ci deve pure essere un motivo), ho tirato innanzi, e... Oh turba errante, io ti dico e ridico che il libro c'è! Non il solito manufatto ftntosperimentale del tardo, anzi postremo, neoavanguardismo... No, no, il libro,proprio il libro! L'opera di poesia, come avrebbe detto ai suoi dì, don Benedetto! Che, naturalmente, non piacerà agli avanguardisti d'annata, alle femministe, ai vati e alle driadi della tradizione, perché è isterico viscerale vomitorio schizoide repellente fisiologico nauseabondo fecale feticista (eh, sì, c'è anche del feticismo...). Ma, allora, i venticinquemila acquirenti (non ho detto lettori, non sono così ingenuo) che il Mondadori, perplesso, dichiara (e le cifre sono quelle, non c 'è da dubitarne: quando si.,nasce onesti, onesti si rimane, anche con le piscine e i cigni di Segrate)? Quei venticinquemila, dico, chi sono? E qui casca l'asino del cronista* letterario nostrano, che, invece di gironzolare per viali e boschetti d'Arcadia, avrebbe fatto bene, nel proprio tempo libero, a frequentare i corsi accelerati del professor Escarpit, proprio lui, il sociologo della letteratura... Ma gli acquirenti, vivaddio, sono i vecchi! Le migliaia e migliaia di vecchi, arzilli e arrapaiissimi, che gremiscono i bar, i dopolavoro, i parchi, gli stadi di questa arzilla e arrapatissima penisola! Perché Delino — è ora che lo spieghi ai miei quattro lettori, augurandomi che un paio almeno siano di chioma canuta e di lombi ancora magnanimi — è la storia di un dongiovanni settantenne, Diego D. (forse Diego Delirio?), rinchiuso nella gabbia ovattata di una lussuosa casa di riposo per anziani. Non solo il direttore, la psicologa, le suore hanno le loro brave turbe: tutti gli ospiti, che sono uomini e donne, nonnetti e nonnine in odore di canonicato, sono travolti da una irresistibile febbre dei sensi. Ma il Diego è il più forte di tutti: è davvero il Macho per antonomasia, dinnanzi alla cui membruta possanza le gentili signore sembrano non aspettare altro che d'alzare la gonnella. Ecco, il fiuto è tutto qui: le cose, per Diego D., sembrano e non sono: e subito lo si capisce che quel gran impalare Iti donnesca virtù è frutto della sua inesauribile farneticazione, del suo delirio, appunto. Pinchi', a l i/la Giovanna, così si chiama l'istituto, non arriva Elvira V. E', per Diego, il ponte tra illusione e realtà. Ora. davvero. l'Eros esplode. Se vi raccontassi come va a finire, vi farei torto due volle. La prima, perché vi priverei di quell'attesa crescente che la storia istilla, pagina dopo pagina. La seconda perché questo libro non è la sua vicenda (a dispetto del suspense,), ma la sua scrittura. Non so, con buona pace del risvoltista (sei tu, Domenico? sei tu, Alcide?), se scrivere sceneggiature sia riprovevole. Costato, che in quel lavoro ai fornelli l'Alberti si è fatta un fior d'apprendistato: e che il dilacerato inesausto monologo di Diego (è sua la voce recitante, per oltre duecento pagine filale) è impeccabile per compattezza sintattica, per tenuta ritmica, per varietà tonale. Sintassi, ritmo, tono. Ma dove li trovate così equamente, lucidamente, suggestivamente distribuiti come nella tormentata (a livello grafico) pagina di questo Diario ai confini della follia? Io detesto i premi letterari. Credo d'essere stato, per diciassette anni, il solo dirigente editoriale italiano che non è mai stato Amico della Domenica: e, ..per il niente che può valere, me ne vanto. Ma se a questa signora Alberti non date qualche premio letterario importante, voi, mìei vecchi e venerandi colleghi, che siete amici delle domeniche e di tutti gli altri giorni comandati, cosa state a perdere il vostro tempo all'ombra dei ninfei, dei campielli, delle dorate spiagge? Guido Davico Bonino

Persone citate: Barbara Alberti, Costato, Diego Delirio, Guido Davico Bonino, Mondadori, Sanguineti

Luoghi citati: Milano, Segrate