Roncalli di fronte a de Gaulle che voleva epurare i vescovi

Roncalli di fronte a de Gaulle che voleva epurare i vescovi Sta per uscire un libro con documenti inediti sulla Francia appena liberata Roncalli di fronte a de Gaulle che voleva epurare i vescovi Il governo provvisorio chiedeva la testa di un terzo del corpo episcopale accusato di "entusiastica sottomissione,, al regime di Vichy - L'arrivo a Parigi del nuovo nunzio "buonuomo rotondetto„ e la sua opera diplomatica - Dal Vaticano l'accordo per una lista di sette prelati da destituire TRA i non pochi problemi che il governo provvisorio f>resieduto dal generale De e si trovò ad affrontare al momento della liberazione, uno dei più scottanti, anche se dei meno conosciuti, resta quello delle relazioni con la S. Sede e con la Chiesa francese, che si manifestò in tutta la sua urgenza nelle questioni della nunziatura apostolica e dell'«epurazione» dell'episcopato cattolico. Era incontestabile che i vescovi avessero, quasi unanimi, predicato l'ubbidienza al potere «stabilito» e, in grande maggioranza, al governo «legittimo» di Vichy, spesso con ditirambiche Iodi alla persona di Pétain e con l'ammonizione dei recalcitranti, sempre più numerosi nel basso clero e nel laicato cattolico «resistente». Gli avvenimenti dovevano fare di André Latreille — storico illustre dei rapporti tra Chiesa e Rivoluzione, tra Napoleone e la S. Sede, tra forze religiose e vita politica, commentatore per lunghi anni di problemi religiosi su Le Monde, allora professore a Poitiers e membro autorevole del comitato di liberazione della Vienne — il direttore dei culti al ministero dell'Interno e il consigliere ecclesiastico del governo nei mesi da novembre 1944 ad agosto 1945. Latreille mette ora a disposizione un importante volume, basato sui suoi diari e su documentazione assolutamente inedita, su «De Canile, la libération et l'Eglise catholique» (pref. di H. Beuve-Méry, Paris, Ceri), preziosa deposizione di un protagonista per una storia ancora da scrivere. Se la questione dell'epurazione episcopale restava il problema numero uno (che vedeva tra i più convinti sostenitori delle sanzioni i resistenti cattolici, Bidault in testa), quella che più urgentemente andava risolta era la situazione della rappresentanza vaticana. La decisa volontà di De G au Ile di non accettare i diplomatici che avevano rappresentato il loro^Paese a Vichy, rendeva persona «non grata» il nunzio Valeri che Pio XII pretendeva conservare al suo posto. A complicare le cose i «liberatori» avevano rifiutato di ammettere il card. Suhard alle solennità per la liberazione di Parigi e il suo vicario generale era stato pregato di lasciare l'Hotel De Ville dove si era presentato per salutare il generale. La grande massa dei resistenti non poteva dimenticare la presenza di Suhard accanto al maresciallo durante l'ultima visita di Pétain a Parigi e la sua officiatura delle esequie di uno degli esponenti cattolici più in vista di Vichy, Henriot. L'emozione degli ambienti ecclesiastici fu profonda e durevole. La missione a Roma di Charles Flory, ex presidente della gioventù cattolica france-. se, le pressioni dei cardinali Tisserant e Jullien, l'appoggio dell'allora mons. Montini, il timore che l'assenza di un nuovo nunzio comportasse la presentazione degli auguri del corpo diplomatico a De Gaulle da parte dell'ambasciatore sovietico, indussero Pio XII al riconoscimento de jure del nuovo governo e alla nomina di un nuovo nunzio, il cui nome, nota Latreille, «non diceva nulla a nessuno»: mons. Roncalli. Arrivato a Parigi il 30 dicembre, la mattina del 1" gennaio 1945 il nunzio presentava le credenziali e... un'ora dopo, come decano del corpo diplomatico, gli auguri dei suoi colleghi al presidente del governo provvisorio. Adesso si sarebbe potuta affrontare la questione dei vescovi da epurare. La posizione governativa di partenza appariva assai rigida: in un lungo pro-memoria del 26 luglio 1944, proveniente dal gabinetto del ministro degli Esteri Bidault — dopo una drastica analisi delle «generale sottomissione, entusiastica in alcuni» alle consegne di Vichy da parte dell'episcopato, dell'atteggiamento di un buon numero di prelati che avevano «preso pubblicamente posizione in favore dei temi della propaganda tedesca» — si chiedeva la testa di circa un terzo del corpo episcopale e di alcuni tra i più illustri esponenti della gerarchia. Così dei cardinali Liénart e Gerlier, del quale si ricordava solo la famosa esclamazione: «La Francia è Pétain, e Pétain, oggi, è la Francia». Del primo incontrò con Roncalli, Latreille nota nel suo diario: «Accoglienza di una cordialità divertente: un interlocutore vivacissimo, buonuomo, rotonderò, abbondante nel parlare al punto da non lasciarmi dire una parola...», il quale chiede che non gli si domandi di diventare il Torquemada dei vescovi francesi. (Quello che più lo colpirà nei successivi incontri saranno i dieci figli di Latreille che lo richiamano ai tredici fratelli Roncalli...). L'equilibrio di Latreille, l'astuta bonomia del nunzio — che però si lamenta di essere lasciato un po' da parte —, l'azione di Maritain, diventato ambasciatore al Vaticano, la prudenza del ministro dell'Interno, Tixier, e del nuovo Guardasigilli Teitgen portano alla soluzione: a fine maggio Pio XII accetta il principio delle dimissioni dei vescovi più compromessi, ma a fine luglio ci si accorda sulla lista di soli sette prelati da eliminare (i vescovi di Aix-en-Provence, di Arras, di Mende, l'ausiliare di Parigi, i vicari apostolici di Rabat, Saint-Pierre-etMiquelon, Dakar). La S. Sede non concedeva che quello che non poteva proprio rifiutare: l'operazione terminava, scrive. Latreille. «senza grande profitto per la Chiesa, che non si sbarazzava di una serie di personaggi screditati, né per lo Stato, che si impegnava a non dare alcuna pubblicità ai mutamenti». Si presentò subito, però, il problema della nomina dei nuovi vescovi e della porpora da concedere ad alcuni prelati graditi al governo. Latreille sensibilizzò Roncalli quanto meno sulla scelta di personalità che non fossero sgradite al generale. Ma il nunzio reagì immediatamente, protestando la sua incompetenza per le nomine cardinalizie strettamente riservate al pontefice. Qualche mese più tardi, quando arrivò la notizia della porpora per i mons. Saliège, Petit e Roques — i nomi fatti dalla Francia — Roncalli avrebbe accolto a braccia aperte il redattore de «La croix de Paris», gridando: «I nostri tre candidati, padre, i nostri candidati!». La seconda parte del libro affronta il problema della eliminazione della «legislazione ecclesiastica» di Vichy, una legislazione confessionale che aveva stravolto i capisaldi della laicità repubblicana. Dei due principali problemi — il regime degli ordini e delle congregazioni religiose e» il riconoscimento e finanziamento della scuola cattolica — il primo si risolse, anche per l'atteggiamento di collaborazione con la resistenza dei religiosi francesi, sulla base del parere di Latreille, con il mantenimento tacito dello statu quo. Il secondo segnò, invece, il riaccendersi di una antica polemica che renderà difficili i rapporti tra la IV Repubblica e la Chiesa e che, attraverso le leggi del settembre 1951, si concluderà solo con la legge Debrédel 1959. Se Vichy aveva rotto il tradizionale rifiuto di sovvenzioni alla scuola privata, l'assemblea consultiva di Algeri si era subito dichiarata per l'abrogazione di tali sovvenzioni; e p;r il ritorno alla legalità repubblicana si pronunciarono, dopo la liberazione, il partito comunista, la grande maggioranza dei socialisti, i sindacati degli insegnanti, illustri siudiosi, anche cattolici (Marrou scriverà su Esprit che la scuola confessionale non rispondeva ad esigenze di fede), ambienti e personalità religiose. Cercarono una soluzione diversa alcuni esponenti della resistenza e il neonato M.R.P., mentre la gerarchia cattolica spingeva per la difesa intransigente dell'insegnamento «libero». Nonostante i tentativi di una soluzione di compromesso appoggiati dallo stesso Latreille e dal ministro dell'Istruzione, René Capitant, e una assai discreta proposta di Roncalli, la decisa reticenza di De Gaulle, mal disposto verso le insistenze del mondo cattolico per conservare i privilegi ottenuti da Vichy, e la decisa azione comunista in favore dell'eliminazione di un sistema adottato dal «»overno del tradimento», portarono l'assemblea, il 29 marzo, a pronunciarsi, con 128 voli con¬ tro 48, per l'immediata soppressione del finanziamento agli istituti privati d'insegnamento. La Resistenza, osserva Latreille, pur proclamando di volersi sbarazzare delle vecchie polemiche ideologiche, si era spaccata in due e tendeva a tornare sulle posizioni antagoniste della vecchia repubblica dei partiti. Ne derivò l'impossibilità di impostare una vera «politica religiosa» che, fondandosi sulla separazione, traducesse in formule nuove i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica. Roncalli non drammatizzò la situazione e si felicitò di trovarsi in minori difficoltà rispetto al suo predecessore dei tempi di Leone XIII. Latreille, invece, scoraggiato, si dimise dagli incarichi e tornò ai suoi studi e all'università. Lasciò le funzioni di consigliere presso il Quai d'Orsay ad un altro intellettuale, Gabriel Le Bras, che non si stancherà di ripetere: «Il regime di separazione è il migliore dei sistemi... concordatari». Una eloquente lezione per chi crede di trasformare la situazione italiana risolvendo semplicisticamente il sistema pattizio con una astratta separazione tra Stato e confessioni religiose. Francesco Margiotta Broglio