Irwin Shaw, americano a Parigi adesso preferisce il suo paese

Irwin Shaw, americano a Parigi adesso preferisce il suo paese L'autore dei "Giovani leoni,, si confessa senza reticenze Irwin Shaw, americano a Parigi adesso preferisce il suo paese LONDRA — «Credevo che solo a una signora si mandassero tanti fiori», dico a Irwin Shaw guardandomi intorno nella sua suite. «Quando uno scrive un best seller, diventa una signora», risponde InvinShaw, uno dei più noti, più prolifici, più letti autori americani. E' a Londra per la pubblicazione di Beggar Man, Thief (Weidenfeld & Nicolson - 4.95 sterline), Mendico, ladro, la continuazione di Rich Man, Poor Man sulla saga della famiglia Jordache. Il grande naso morbido tra le rughe della faccia e gli occhi nocciola, i modi bruschi, americani, Shaw è appena arrivato da Los Angeles, con una infezione a un piede: «Ecco perché non porto le scarpe». Come nella maggior parte della produzione di Shaw, il libro che sta per essere pubblicato, parla di americani, in Europa, negli Stati Uniti: il microscopio è puntato su quella società. «Metà dell'anno lo passo in Svizzera, ormai escludo Parigi. Adesso trascorro molto tempo negli Stati Uniti. Molti amici miei hanno lasciato Parigi e sono tornati in America, mio figlio vive a New York, l'America è di nuovo interessante. Io sono nato a New York, ci sono vissuto per42anni. Una volta volevo viaggiare e vedere il mondo, adesso lo conosco. A Parigi ho passato anni stupendi, con tutta la mia generazione, gli scrittori americani, ma molti adesso sono morti, come James Jones, che era il mio più caro amico. Mary McCarthy la vedo, siamo, diciamo, amici distanti. Ci vedevamo spesso, poi ha scritto delle cose dure sul mio conto. Io la chiamo "il sorriso del coltello"». Vedeva il mondo intellettuale francese? «Non facevo parte di quel gruppo, non conoscevo né Sartre né Camus e Simone De Beauvoir preferisco leggerla che incontrarla. Vedevo Marguerite Duras, ma le ultime cose che ha scritto non mi interessano, come non m'interessa RobbeGrillet. Il mondo intellettuale americano è più vivo di quello francese, più vicino alla realtà, più emozionale e meno politico. Il mondo intellettuale francese è consumato dalla politica. Io non sono un intellettuale, sono un romantico; quando scrivo sono più vicino alle emozioni che non al pensiero». E gh italiani? «Non ne conosco molti, per me il grande talento italiano è nel cinema, Fellini, Germi, la Wertmùller. Mi piace Soldati, come uomo e come scrittore, e un siciliano. Sciascia. Moravia è un ottimo scrittore, molto "francese", in eerto senso». Credeva nel ruolo dell'intellettuale con la I maiuscola? «Un artista non può credere nei sistemi. Molto tempo fa mi avevano chiesto di scrivere sull'Esistenzialismo e mi sono rifiutato. Non ci credevo, non credevo che quello fosse un sistema. Io sono pragmatico, tipicamente americano». In Italia, Shaw è pubblicato da Bompiani. «Lui lo conosco da anni, mi piace il vecchio, è completamente sordo e bisogna urlargli. L'altro giorno ho ricevuto un premio in Italia. Mi han detto che la traduzione dei miei libri è buona. L'unica che posso controllare è quella francese e tormento i miei traduttori, perché non voglio che i miei libri in traduzione abbiano un suono locale, devono mantenere il loro tono americano». E Shaiv come è valutato dai suoi lettori? «Uno scrittore si sente sempre mal compreso dai propri lettori. Anch'io. I miei libri sono spesso letti superficialmente, ma non posso spiegare me stesso al mio pubblico». Cosa voleva comunicare ai propri lettori? Qual era il suo messaggio? «Un critico francese ha* scritto di me la cosa che più mi piace, che io sono il Balzac americano. Io cerco di dire cos'è la società americana, non di spiegarla. Lasciamo agli altri le spiegazioni. Come Balzac. io non parlo di persone anormali o eccezionali». E come mai ha deciso di continuare la storia della famiglia di Rich Man, Poor Man? Lo sapeva, quando ha scritto il suo libro, il suo grande successo, che avrebbe continuato quella storia? E' la prima volta che aggiunge un secondo volume a un romanzo? «Quando avevo finito l'altro, una signora che aveva letto Rich Man, Poor Man mi disse che non potevo abban' donare la saga dei Jordache. Mi era sembrata assurda l'i¬ dea di continuare, ma nei sette anni successivi avevo riempito di note un taccuino che mi hanno permesso di scrivere il libro con grande rapidità. Rich Man, Poor Man aveva avuto un enorme successo alla televisione, una di quelle serie a puntate, ben fatte, ben recitate, vend uta in tutto il mondo. Così ho guadagnato dei soldi, sono diventato ricco». Ma non era già molto ricco? «Lo ero, ma poi ho perso tutto, perché ho affidato i miei beni a un amico. Si può immaginare che sorta di uomo d'affari io possa essere. Non penso mai ai soldi, io scrivo, pubblico il mio ventiduesimo libro e sono a metà di un altro romanzo». Per lei scrivere è un piacere o un tormento? «Mi piace, mi diverte, mi appassiona». Facile o difficile? «Delle volte è facile; scrivo senza esitazione. A volte, invece, è terribile. Tempo fa quando ero a 3/4 dei Giovani Leoni, il libro era quasi fatto, sono arrivato a un paragrafo che mi ha tenuto fermo per 7 settimane, non c'erano santi, non potevo andare avanti. Allora l'ho lasciato da una parte, ho scritto una commedia che non ha avuto nessun successo, e nove mesi più tardi ho ripreso il manoscritto abbandonato. Il paragrafo si è plasmato da solo. Uno scrittore deve sapere aspettare». Si sente molto americano? Che vuol dire essere americano? «Non potrei sentirmi niente altro, è una fortuna essere americani. In Europa si ha sempre il presentimento che qualcuno ti proibirà di dire quello che vuoi. Oggi gli Stati Uniti stanno aprendosi. In Francia uno scrittore è sempre stato stimato, ricevuto all'Eliseo, ricercato dalla società. In America gli scrittori erano considerati dei "giocatori" d'azzardo fino a quando Kennedy diede loro una patina ufficiale, invitandoli alla Casa Bianca: questo ha fatto sì che gli scrittori, anche in America, sono considerati. Una volta, noi scrittori americani emigravamo: un artista, in America, era un essere strano, ai margini della società. La situazione è cambiata. Oggi un artista è rispettato». Cosa intende Shaw con la parola «artista»? «Uno che crea qualcosa da niente, usando lapropriaimmagina- zione. Inventa la verità, non è un reporter, la inventa e la interpreta e la fa capire al lettore. Sa perché la Bibbia è così popolare oggi? Non perché dice la verità, nessuno crede più nella storia della / mela e del re Salomone e le sue mille mogli,- sappiamo quali sono i limiti della virilità maschile. Si legge la Bibbia perché la lingua è bella e le sue storie sono stupende». Quando scrive un romanzo, un racconto, sa come andrà a finire? Conosce tutto lo sviluppo? «Adesso ho capito il processo, scrivo una traccia ben precisa, ma poi la cambio ogni giorno, scrivendo, così da essere disponibile all'ispirazione, alle nuove- idee che arrivano. Per fare lo scrittore, ho bisogno di ispirazione». Gaia Servadio