Scrittore d'onore o di "fama,,?

Scrittore d'onore o di "fama,,? Scrittore d'onore o di "fama,,? Egregio -direttore, se dicessi, scrivendoLe la presente, che io sono lettore di narrativa o di poesia, direi una parte soltanto della verità. Io, in effetti, sono lettore di tutto, a mie spese, ovviamente, con aggravio sul portafogli e anche sul sonno o sul «tempo libero». E potrei anche definirmi come tanti che scrivono al suo giornale e propongono marce contro le case editrici, uno a scrittore». Ma di questa parola ho troppo rispetto: pertanto io non sono scrittore, leggo i libri che posso comperare o reperire in biblioteca, scrivo ciò che voglio e pubblico ciò che posso. Per il resto, mi sono fatto una filosofia, che deriva dalle esperienze vissute, nel mondo del lavoro e della «cultura». Credo esista molta parte di buono nel vasto mare degli inediti, ma credo anche esista molta parte di qualità scadente tra gli scrittori inediti, eppure tanto chiassosi e presuntuosi. Scrivano pure e credano pure nel valore di quanto scrivono: è fondamentale che ci credano essi. Ma perché pretendere a gran voce che ci credano anche coloro che debbono far coincidere i costi di edizione con i ricavi della vendita? Quando si afferma che una raccolta di poesia o un romanzo possiedono qualità tali da avere successo e da rimborsare le spese, si dovrebbe anche dimostrare che tale affermazione non è campata in aria. Questo nostro è uno strano Paese: se si afferma di amare la letteratura e di avere possibilità, anche solo tecniche, di pubblicare qualcosa, si trovano amici e questuanti, «clienti» e consulenti a fare la coda dinanzi alla porta di casa o di laboratorio: e tutti con il loro malloppo di manoscritti da pubblicare. Ma con quale rischio? Con quali mezzi? Accettarli in lettura è quasi come firmare una cambiale: meglio respingere le offerte, su due piedi. Quando ho voluto pubblicare qualcosa di mio, o anche di altri, l'ho fatto a mie spese, e nemmeno ho fatto anticamera dai librai, molto spesso illetterati e spesso anche cattivi commercianti: delle mie piccole pubblicazioni ho fatto omaggio agli amici, e soltanto ad essi, mentre inviavo gli auguri di Natale. E quando qualcuno di questi amici ha voluto recensirmi bene¬ volmente, mi sono trovato ancora alla porta altri questuanti. Questo è troppo: questo è un Paese impossibile. Vale proprio la pena di scrivere e di pubblicare? Ciascuno dia la risposta che crede e ad essa si attenga, a proprie spese e danno: o ci rimette il portafogli, o ci rimette la «fama» cui pare tengano, tanto e troppo, tanti autori inediti. Cordiali saluti. Dino Tebaldi Ferrara

Persone citate: Dino Tebaldi