Miller: l'Eros tra i puritani di Furio Colombo

Miller: l'Eros tra i puritani A 86 anni il profeta di Big Sur non si fa dimenticare Miller: l'Eros tra i puritani Non è molto che l'editore Longanesi ha pubblicato «I giorni di Clichy» di Henry Miller. Ora si apprende che alla casa editrice Einaudi si sta esaminando per la traduzione «Il libro degli amici», ed anche quella serie di plaquettes che Miller va pubblicando presso la Capra Press, a Santa Barbara: noterelle e riflessioni sul piacere di dipingere ad acquarello, sul suicidio dello scrittore Mishima. sui propri anni ottanta... Perché Miller, nel dicembre scorso, ha compiuto 86 anni. Che ne è di lui? Come si avverte la sua presenza in America? NEW YORK — Henry Miller, 86 anni. Vive sereno nel Big Sur con qualcuna delle belle donne che hanno illuminato la sua vita? E' un vecchio disperato che conta i giorni, come si è saputo di Sommerse! Malignarti dopo la sua morie? E ' un pensionuio che gv :da ii mare e pensa ad altri eventi, altri giorni? L'uomo che ha inventato il romanzo erotico in America, ha compiuto anche il nuovo compleanno quasi inosservalo. Eppure basta entrare in una libreria, cercare negli scaffali in ordine alfabetico. A nche se non sono in vetrina, i suoi libri ci sono tulli. Se si fa il gesto di comprarne uno, è facile notare che il commesso, con rapidità provvede alla sostituzione della copia mancante. Miller è uno di quegli autori che — dicono i librai — si vendono sempre, il cui successo non cambia con la moda, con le generazioni e con gli anni. C'è anzi, in termini di vendile, un aumento del suo successo. Eppure questo fatto, come dire, di mercato, non coincide con un ritorno d'immagine della persona. Come mai? Ormai sappiamo che i suoi anni non sono troppi per un uomo in piena salute. L'ambasciatore americano Bush a HO anni era ancora a Pechino. Al suo posto; e l'altro giorno i sindacati americani hanno rieletto a loro presidente George Meany, oliantaquaiirenne. Dunque Miller non è un vecchio dimenticato, i suoi libri sono ancora letti da centinaia di migliaia di persone, la svolta che il suo lavoro ha rappresentato nella vita letteraria e persino nella psicologia americana non solo è viva ma continua a produrre frutti, anche fra coloro che non ne sono consci (giornali, articoli, film, televisione, nuovi autori). Questa è dunque la domanda da fare: in che cosa Henry Miller e la sua letteratura hanno toccato e cambialo l'America? La risposta è resa difficile da un fenomeno che ormai è diventato di massa: l'audace terreno di una nuova frontiera dell'immaginazione indicata da Henrv Miller — pioniere solitario contro le abitudini e i costumi di un paese puritano — è ormai occupato dalla morale e dal comportamento comune. O almeno da uno dei due o tre grandi filoni del comportamento di massa in America. E' il fenomeno della libertà individuale ritrovata, di una delimitazione del bene e del male che non è più in relazione coti oscure paure interiori ma solo con il problema della aggressività e della violenza; è la restituzione alla sfera privata delle decisioni sul modo di vivere la propria vita, a patio che non sia danno e interferenza con quella degli altri. E' un riconoscimento, insieme ovvio e coraggioso del fatto che fra «corpo» e «spirito» non c'è quella differenza ideale, romantica o religiosa sulla cui divisione si è fondata una moralità secolare. Per Miller, c'è identità e persino armonia, e dunque non è un male in sè estendere al corpo e alla sensibilità fisica della realtà quella stessa libertà che la cultura riconosce alla coscienza, al pensiero, alla vita interiore. E' insomma il disegno di una nuova area «privata» che comprende anche il corpo non solo «l'anima» (qualunque sia la definizione spirituale che di anima si vuol dare) e che consente a ciascuno di essere — in questa sfera del privato più tangibile e umana, il giudice e il padrone di se stesso, il protagonista della propria esistenza, l'autore dei confini dell'esperienza personale. Quando Henry Miller scriveva per teorizzare un nuovo modo di concepire quella che la costituzione americana definisce il «diritto alla felicità» era sembrato a molti il pericoloso tentatore di un nuovo edonismo. Edonismo non è certo la parola per descrivere una società che resta la più laboriosa, la più produttiva e la più orientata verso il successo fra tutte le democrazie industriali. Ma certo lo spazio del «godimento della vita» — espressione quasi peccaminosa e comunque di dubbio gusto negli Anni Trenta, (a parte l'immagine fitzgeraldiana di minoranze dorale) — è certamente aumentato ed è diventalo un valore sociale. E si è abbassata la classica linea di demarcazione tra il «godere la vita» come concezione allegra e semplice del tempo libero, e il «godere» con la partecipazione dei sensi, del corpo e di un partner. Questa affermazione farebbe pensare a Miller come a un maestro di erotismo e libertà sessuale. Sarebbe un giudizio penosamente restrittivo. Henry Miller è colui che ha scoperto — nella cultura americana — che le libertà non sono divisibili, come non è divisibile la vita di una persona in tanti orari e compartimenti. Questa è la parte del messaggio che la generazione degli A imi Sessanta ha scoperto con irruenza e ha usato con entusiasmo contro la «filosofìa» della divisione della vita caratteristica della generazione più anziana. Ma una cosa è importante non trascurare. Henry Miller è diventalo «maestro di vita» attraverso il suo lavoro, la sua scrittura e il suo impegno di autore. E dunque, come ha detto una volta Bunuel in una intervista, un «maestro suo malgrado». Non è al «nuovo filosofo» del comportamento americana che bisogna rendere omaggio, oggi, ma allo scrittore delicato e potente che ha saputo dare indiscussa legittimila letteraria a materiali e argomenti che il pensiero americano —prima di lui — considerava estranei o inferiori. L'A merica non ha mai avuto la raffinata ambiguità di Proust. «Les fleures du mal» e l'audacia, tra mercantile e letteraria, di Georges. Bataille. Henry Miller perciò ha lavorato in un vuoto. Interessante è ii fatto che per ambientare — prima di tutto nella sua vita privata — questo vuoto, abbia scelto la bellezza, la solitudine e gli immensi orizzonti del Big Sur, una splendida zona sul Pacifico che lui stesso una volta ha definito «non-America». Henry Miller ha rovescialo anche nel suo modo di essere scrittore, e all'interno del suo stile una classica tradizione americana. Non lavora da dentro, non esplora il corpo sociale, non tiene ossessivamente conto della rilevazione del reale che dà un toccò sociologico quasi inevitabile a gran parte della letteratura americana. In un certo senso è un poeta «puro», come Emily Dickinson, un poeta della parola, della lingua e della immagine. In un altro senso ricorda il rapporto sanguigno con la realtà, la zuffa con la vita che ha segnato, tanti anni dopo, il lavoro e la vita di, Norman Mailer. Ma le sue qualità restano, insieme, avventura e distacco, un appassionato coinvolgimento e un equilibrio anticipatore dello Zen, della meditazione, di certi atteggiamenti spiritualistici che sono un'altra parte dell'America di oggi. Stranamente dunque Henry Miller appare il profeta di un nuovo senso della vita interiore come lo è di una nuova percezione della vita fisica. Sembra una contraddizione ma non lo è, naturalmente. Henry Miller era intento a scoprire, in una realtà percepita a frammenti, un punto di riferimento interno. Non ha fatto che anticipare la cultura comune di cinquant 'anni. Quanto alla sua esistenza appartata, lui sorride in un mare di rughe r> dice che solo i politici sono obbligati ad apparir, in persona oppure sono dati per moni. Gli scrittori vivono dentro i libri. Io sono, lui dice, nel vostro scaffale. Furio Colombo

Luoghi citati: America, New York, Pechino