Aleixandre, il visionario

Aleixandre, il visionario Le nuove poesie dell'ultimo premio Nobel Aleixandre, il visionario Vicente Aleixandre SPADE COME LABBRA Guanda, Milano, 134 pagine, 5000 lire «C ONFONDO Vicente Aleixandre con un torrione rosso-ocra, che ha negli occhi due finestre di cielo e. sopra, capelli di ruca selvatica... Albero uomo torre riflessa sull'acqua del suo mare, il cielo della sua Sierra...». Sono parole tratte da un omaggio lirico rivolto ad Aleixandre dal poeta amico Juan Ramon Jiménez e risalgono al 1932, l'anno in cui uscì la raccolta Espadas corno labios (il poeta sivigliano aveva trentaquattro anni), ora pubblicata da Guanda nell'attenta traduzione, e con la prefazione critica, di Sebastiano Grasso. E' la quarta raccolta di Aleixandre pubblicata in Italia. Francesco Tentori Montalto ha infatti presentato nel '70 La Distruzione o Amore (Einaudi) e nel '72 Poesie della consumai:ione (Rizzoli), struggente punto d'arrivo del poeta settantenne. E nel '71 Dario Puccini ci ha dato, per i tipi della «Nuova Accademia», un'antologia riassuntiva che aggiorna e amplia la sua precedente, pubblicata da Sciascia. Vicente Aleixandre, che l'ultimo premio Nobel ha portato molto fortunatamente alla luce di un pubblico più vasto, con lo stile e il tono della sua poesia, con la sua statura e la sua ispirazione (e anche con questo suo successo su scala mondiale) rappresenta una battaglia vinta in nome di certi grandi valori che il vetusto engagement e ogni genere di pressione antilirica hanno spesso tentato, negli ultimi decenni, di porre-in discussione o francamente di rovesciare. Aleixandre è un'anima ardente, un visionario profondamente intriso di musica, un artigiano sapiente (anche) che affida il suo canto disteso a un verso sensibile e retrattile, con ritmi alterni da risacca, c saccheggia forme, nomi, odori e colori per fonderli nelle più svariate, insolite e suggestive combinazioni. Si trova all'approdo conclusivo, per ora. di quella striscia incandescente, di quella atomizzata galassia che va dai simbolisti a noi, e il suo continuo sforzo di allargare il perimetro fisico delle cose (un fiore da tempo non coincide più con un fiore) lo porta naturalmente a una serie di trasgressioni psichiche e lessicali, a una continua invadenza di campo fra un «oggetto» e l'altro. Così egli realizza^ — come certe poesie di Garcia Lorca e di Rafael Alberti — la definitiva trasformazione del simbolismo in espressionismo-surrealismo (quel surrealismo che sembra aver toccato poco la Spagna), non senza punte di cubismo. E non soltanto per gli accostamenti insoliti o grotteschi, per l'incastro degli oggetti, non soltanto per la ricorrente simbiosi dell'astratto e del concreto, ma anche per l'uso libero e alogico dei verbi, della sintassi, che ora si avviluppa in spirali di luce viva, ora avanza come un radar nel grembo di nebbie profonde. Debitore del filone oscuro che va da Jodelle a Mallarmé passando per le illuminazioni notturne di San Giovanni della Croce, Vicente Aleixandre e la densità del suo stile magmatico saranno, per lo studioso futuro, una miniera pressoché inesauribile. Limitiamoci qui a invitare il lettore all'incanto della sua musica che ci riscatta da tanta aridità e da tanti intellettualismi contemporanei, da tanto «quotidiano» e da tante ironie e dissacrazioni coatte. Così la morte è galleggiare su un ricordo non vita, / su quell'azzurro ultimo fatto di lacrime udite, i di quel labirinto di fili che come mani morte l depongono un giglio... Maria Luisa Spaziani

Luoghi citati: Aleixandre, Italia, Milano, San Giovanni, Spagna