Il canto che nasce suIl'aia

Il canto che nasce suIl'aia La oesia popolare raccolta dal Ferraro nell '800 Il canto che nasce suIl'aia Giuseppe Ferraro CANTI POPOLARI PIEMONTESI ED EMILIANI Rizzoli, Milano, collana Bi 599 pagine, 4500 lire QUESTA esauriente e scrupolosa raccolta di ottocento testi di canti popolari piemontesi ed emiliani, che Giuseppe Ferraro. allievo del D'Ancona e del Comparetti, andò trascrivendo dalla viva voce dei vecchi contadini, fra il 1875 e il 1904. rappresenta un patrimonio letterario di grande valore. E' un documento insostituibile della cultura di popolo, se si pensa che ormai, con l'avvento della radio prima e della televisione poi e. ultimamente con l'invadenza capillare del giradischi e del mangianastri, la tradizione canora del popolo italiano, soprattutto il canzoniere popolare di origine contadina, va spegnendosi e ih molte zone scomparendo del tutto. A differenza della canzonetta moderna, comunemente detta di «musica leggera», che nasce per il microfono e per ii disco, ideata e confezionata in serie, il canto popolare è nato da secoli in seno alla civiltà contadina, per un incontenibile bisogno di esprìmere una propria identità culturale, sociale, di classe. ** Caratteristica del canto popolare è la sua aderenza alla realtà quotidiana, alle varie situazioni di vita, che ne suggeriscono i temi e ne ispirano l'atmosfera: il lavoro, la famiglia, l'amore, le feste, il rapporto con la natura, la favola, il mito, raccontati la sera, intorno al focolare, o nel merìggio, sull'aia, da qualche vecchio favolatore o «poeta» contadino. Così la «serenata» o l'«Albata» sono la sceneggiatura di un rituale gentile, in cui il canonico «Af- faccete a In. finestra» non è una finzione retorica, mail riferimento verìstico a una finestra reale, dietro la q itale la bella sta realmente ascoltando il canto notturno dell'innamorato. La raccolta del Ferraro, curata con indiscussa competenza da Roberto Leydi e Franco Castelli, comprende tutta la gamma dei vari «generi» popolari: serenate, canzoni epico-liriche, leggende agiografiche, favole, miti, filastrocche per bambini, cantilene, scioglilingua, ninne nanne, ballate, canti monostrofici, come gli strambotti e gli stornelli, canzoni iterative. E ' commoven te pensare che questi ottocento canti sono stati raccolti dal Ferraro con pazienza da certosino, carta e penna alla mano, fra i casolari più sperduti del Piemonte e dell'Emilia, senza l'ausilio di un fedele registratore magnetico, ormai ferro del mestiere abituale dei moderni raccoglitori di canti popolari, come i compianti Giorgio Nataletti ed Ernesto De Martino, e come i nostri Diego Carpitella, Mario Cirese e lo stesso Roberto Leydi, curatore della presente raccolta. Già nella seconda metà dell'Ottocento Costantino Nigra, ambasciatore dì professione e folklorista per passione, aveva raccolto centinaia di canti popolari del Piemonte, nelle loro varie stesure e contaminazioni. E Giuseppe Pitrè, medico condotto, aveva raccolto, nel suo Archivio Storico, usi e costumi del popolo siciliano: canti, novelle, proverbi, filastrocr che, giochi, superstizioni medicina popolare, detti tradizionali legati alla meteorologia e alle stagioni: un vasto corpus della cultura popolare isolana, reso oggi ancor più prezioso dall'inesorabile tramonto delle tradizioni contadine. Giuseppe Ferraro, professore di ruolo e poi provveditore agli studi, sulla scia di tanti insigni raccoglitori di canti popolari, alleva setacciato le campagne del Monferrato, del Ferrarese, del Parmense, alla ricerca di quei tesori di musica e di poesia popolare, che costituiscono un patrimonio etnico irripetibile. Sono una «cultura dal basso», una «cultura alternativa», a cui la cultura «ufficiale» ha sempre attinto nei secoli, con un «processo ascendente» che affonda le radici nell'etnos. Oggi, con il boom della «canzone folk», numerosi cantanti vanno pescando a piene mani alla tradizione folklorica, in una operazione culturale, che se ha il merito di riesumare certi temi popolari ormai quasi completamente perduti, o relegati in zone periferiche, corre il rischio, molto spesso, di imbrogliare le carte e di alterare inconsapevolmente lo spirito del canto originale. Canzoni epicoliriche come la celebre «Donna Lombarda», in cui la crìtica ravvisa Rosmunda, o come la «Bella Cecilia», il cui tema è ripreso nella -.:Tosca», o come la «Finta monacella», in cui il Marchese (o l'innamorato) si traveste da suora per dormire insieme alla timida monachella, sono vere e proprie «sceneggiature», testi immaginati per una schematica rappresentazione teatrale, senza inutili passaggi narrativi, come il dialogo in un copione da mettere in scena. Sono testi poetici che reggono alla lettura, anche senza la musica, testi non di «parolieri», ma di veri poeti Per questo la raccolta del Ferraro è un libro di poesia, oltre che un documento storico-folklorìco: unico in-' conveniente, la mancanza di una traduzione in lingua per chi non capisce i dialetti piemontesi ed emiliani. Ma sono d'aiuto le note. Bartolomeo Rossetti

Luoghi citati: Emilia, Milano, Monferrato, Piemonte