Telex da Betlemme

Telex da Betlemme Telex da Betlemme di Giorgio Manganelli V OLFTF sapere come è andata? Beh. diciamo che è andata all'incirca così. Naturalmente, certe cose non si sa mai come sono cominciate. Mai stato innamorato.1 Mai sposato'? Mai morto? Sono cose che capitano. Certo, un bel colpo, come no. Ma nessuno sa mai come è cominciato Neramente. Grazie, unblended: poca acqua. Così. Ghiaccio. Dunque, il vecchio Doolittle mi manda a chiamare. Allora lavoravo ancora al Kansas Citv Star. Un giornale pulito. Niente parentesi, niente divaga/ioni, asgetti\ i pochi. Ragazzi, un giornale si fa cosi. La gente vuol sapere chi ha ammazzato chi. in che modo e perche ragione. Come diceva De Noto, e lo diceva singhiozzando, non c'era nessuna tragedia che includa la morte vio1 e n t a d i d o d i e i p e r s o n e s e 1 e z i o n a t e. c h e n o n s i possa raccontare in modo esauriente in quaranta righe. De Voto av e\ a una famiglia piccola, e se li avesse ammazzati tutti, sarebbero bastate quindici righe. Era un collega, potevamo metterci la fotografia. Per me. le fotografie sono un perditempo. La gente vuole sapere i particolari. Vuole i gemili dei moribondi: ma quando qualcuno ammazza qualcun altro, i! tecnico del suono e sempre in permesso. Dove eravamo rimasti? Ah. ecco, il vecchio mi fa salire al ter/o piano, dove s'è fatto mettere la scrivania con io stuoino per metterei su i piedi. «Ernest», mi fa: «non so se è una rogna o il colpo del secolo». «Chiacchiera», dico io. «Adam dice che è il colpo del secolo^ «Lo dice Adam?» dico io. No. forse ho detto: «Ah. lo dice Adam». A quel tempo il Kansas Citv Star, il Toronto Star, e una catena di giornali avevano assunto Nostradamus. Un milione di dollari esentasse, un osservatorio con venticinque globi di cristallo, una carrozza con >ei cavalli perché a Nostradamus l'odore della benzina dava fastidio. No. non l'ho mai conosciuto. Gli ho parlato un paio di volte al telefono. Parlava l'inglese, figuratevi, con accento torinese. Mi pare che avesse lavorato alla Fiat, faceva i piani di produzione, e diceva se le carrozzerie andavano bene o male. Dopo av er preso Nostradamus. dov ettero prendere sei interpreti per interpretare le profezie, e un cervello elettronico per fare la media tra le diverse interpretazioni. «Lo so» fa Doolittle. «tu non lo prendi sul serio». «Mai indovinato un cavallo», dico io. «Quello è un profeta. Ernest.» dice. «Come no. un profeta», dico io. «Insomma, ti va'?» dice lui. «Mi va che cosa?» dico io. «D'accordo, sembra una cosa un servizio per da matti, ma se ci stai c'è ventidue giornali» dice lui. «Sputa», dico io. «Sta calmo. Pare che in Palestina stia per nascere il figlio di Dio» dice lui. Io sto calmo. «Lo dice Adam» dico. «Non solo lui», dice. «Lo dicono Naia. Lucia Alberti, il reparto naransicolosiico della Cia. L ri Geller... L'ha detto anche l'ora*. di Delfi». «Ai,. Delfi. dico io. «credevo che non lavorasse più». «E* vero, lavora poco». «Ma in Palestina non c'è la guerra.'» dico io. «Quella la tanno dopo», dice lui. guardando gli appunti. Bene, allora c'era i! culto di Iside, ma i repubblicani stavano con Apollo e con Ar¬ temide. «Quelli di Iside come la prendono?» dico io. «Sono curiosi, mentre quelli di Artemide sono fuori dalla grazia». «Allora ci credono», dico io. Lui si stringe nelle spalle. «Sono dei porci» — disse proprio così — «e sanno di esserlo: hanno paura di tutto». «Conosco Gerusalemme», dico io: «un pianto, niente whisky». «Ti ubriachi prima», fa quello, e ride: io rido. Due ore dopo sono sull'aereo per Tolosa, dove allora c'erano i càtari: a Tolosa dovevo cambiare per Antiochia, poi ci si arrangia. Nell'aereo c'è una sacerdotessa di Iside che lesse 101 consigli per liberarsi dall'angoscia. «Vai giù per il figlio di Dio?» faccio io. Quella fa cenno di sì. ma non alza gli occhi dal libro. «Preoccupata?» dico io. «Mi seccherebbe che fosse un altra volta un maschio» dice quella, alzando un momento gli occhi. «Basta con Saturno e Giove». Lei riprende gli esercizi di respirazione rilassanti, e io mi metto a leggere "Addio alle armi". Leggo, dormo e bevo. ★ ★★ A Tolosa, tutti al cesso, e a farsi la barba. Ecco che mi viene incontro Gaspare: un secolo che non lo vedevo. «Hemingway ». mi fa lui: «che ci fai tra i càtari?». «Niente catari», faccio io. e mi taglio storto una basetta. «Io vado in Palestina». «Anche tu?» dice Gaspare. «Ma tu non fai il giornalista», dico io. e lo guardo, e vedo che è vestito in maniera, beh diciamo, un po' fuori moda. on ì ;i chi manto e tutto. «Macche giornalista». . e sospira: «io sono uno dei re Magi». «E ti manda», dico io. «E' una faccenda lunga», fa lui. come un po' a disagio. «Non ti sarai messo a leggere gli oroscopi», faccio io. aNooo». dice quello. «Diciamo cosi, io sono un inviato del Re del Mondo: ma non e proprio esatto». Lo guardo in tralice, sulla destra, mentre mi faccio il contropelo sulla sinistra. «Guénon?» dico io. Quello fa un sesto vago, come a dire «non proprio» oppure «anche». Affari suoi. «Vai anche tu ad Antiochia?» dico io. «Siii... Ho l'aereo speciale dei demoisidèi... Se vuoi c'è posto per un vecchio amico». Ecco, sapete, l'idea di un'altra lagna di viaggio con la preta ansiosa mi dava sulle scatole. «Affare fatto», faccio io. Si sale, sull'aereo, e subito quelli tirano fuori scotch e martini, e caviale, e champagne. Ci sono degli italiani, ben rasati e tutti con la cravatta, e che fan boccuccia quando uno parla di donne, ci sono i tedeschi, grassi e sboccati, i francesi che leggono Voltaire perché loro non vogliono farsi fregare. Bel viaggio, ragazzi, con tutti quei bastardi. Gaspare beve poco, ha l'aria preoccupata, e si tiene stretta una valigetta. Ad Antiochia Gaspare se ne va. ha gente da incontrare. «Ci si vede in Palestina», dico io: e quello sorride, e sorride malinconico. Ragazzi. Antiochia è una baraonda da non credere. Una città che se un gatto acchiappa un topo, fanno subito l'edizione straordinaria: e adesso è piena di gente da non credere. Mica tutta bella gente, si sa. ma insomma c'è chi è arrivato da Hollywood, ci sono i fotografi, e io non li posso sopportare, c'è un teologo apollineo che ha una paura nera, e non fa che attaccar lite con tutti. Finisce che mi trovo un canguro tranquillo, col marsupio pieno di bourbon e di blancde blanc e mi metto in ini canto a fare due chiacchiere. Il canguro mi spiega che. dato che loro camminano sulle zampe di dietro, è v enuto a vedere se la cosa li riguarda: e mi dice che loro, praticamente, campano senza teolosia. e non è una cosa che possa andare avanti all'infinito. «E ti hanno mandato fin qui dall'Australia'?» dico io. «Oh no», fa lui. milito distinto, «io scrivo poesie e ho avuto una borsa di studio per studiare i parallelismi semitici». «Scrivi poesie?» faccio io. e ci mettiamo a parlare di T. S. Eliot, di Valérv. e vien fuori in comune ì che abbiamo qualche conoscenza te. e lui vorrebbe tanto conoscere Carlos Williams che è molto popolare tra i canguri, e Marianne Moore. Arriva la notte, e tutti vanno in strada a vedere la cometa. Ve lo ricordate, il mio pezzo sulla cometa? Allora facevamo i furbi, e chi diceva che era russa, o americana, o magari giapponese. Nessuno osò dire «i marziani» perché sembrava una idea da pivelli.«I tibetani» un tipo magro lo disse, e momenti lo riducevano a un paperback. Bene, una cometa è una cometa, mica puoi stare a guardarla tutta notte, si va a dormire, e la mattina partiamo tutti su. diciamo, venti pullman. Era tutta gente che beveva, anche le donne, e bestemmiava, e cantava sresolatezze. Tutti amici fino a che si arriva in Palestina, e poi nebbia. Il fatto è che. primo, nessuno sapeva se era fin ito dritto dritto nella burla del secolo, e secondo se burla non era c'era poco da scherzare, era la fine del mondo, e terzo, se burla non era. nessuno sapeva dove doveva capitare. Tutti invasero tutte le cliniche della Palestina, e fotografarono tutte le donne prossime a sgravarsi, e man mano che nascevano bambini li fotografavano da tutte le parti. U na cosa stupiuu. eh? F chi non ne fa. di cose stupide? Ma io nelle cliniche non ci ami sapevo se era o non era una buri i donai che se era una burla era inui care, e se non lo era. in clinica non davvero. Quel pupattolo non va in et pubblicità, sta sicuro. Ci scommetto, n nessuna voglia di farsi vedere. Ad osn i • scrissi un pezzo niente male sui giornalisti fotografi che svillaneggiavano i gU portoni delle cliniche e fotografavano neonati. Lo scrivo, lo dò a quelli del tek ojro e mi trovo di fronte il canguro. I fuori una bottiglia di scotch di dodici ■ ln'i' sediamo e si parla. «Che malinconia) «i tuoi simili non capiscono niente», dico «non li considero mica simili. <• som> stupidi. Se questa faccenda ha j'è ro». dico, sul solenne, perché quel can mi intimidiva, «quello nasce dove :<,.-;; l'ha in mente». Lacometa è ferma in cielo, ma una,. come indicazione topografica non e :; .; che: e quella era lunga come tutta la Palestina. 11 canguro dice: «Questa non . . faccenda da uomini», e mi dice di trovai di nuovo tre ore dopo, e d'un balzo è so parso. Faccio un giro, butto giù un artico! di colore sulle abitudini sconvolte della sana ì ospitale sente del luogo, che verameni noi non ne poteva più. e tre ore dopo sono posto che mi ha detto il canguro, ubbidiente come un ragazzino. Ed ecco il canguro, che mi viene incontro: ma non è mica solo; con lui ci sono due sciacalli, un onasro. ire a> un armadillo. tre gatti, un fenicotteri', e quando apre il marsupio, ne vengono fuori tordi, fringuelli, foraspiede è cinciallegre che neanche Giovanni Pascoli. ★ ★★ «Noi si va» fa il cansuro. e strizza l'occhio Ed eccolo già per strada, ed io dietro. Lui andava adagio, e si fermava, ma io avevo ia linsua fuori. Ma dove si andava? E' sera, non so nemmeno da che parte vado, ma vedo che man mano che procedo, attorno al canguro arrivano altri animaletti e animaloni: c'è i! porcospino, il coccodrillo, il dromedario, perfino il leone. Uomini, niente. Si sale, si scende, fa buio, non fosse per la gran cometa. Che vi posso dire? Si volta a destra, si volta a sinistra. C'è un pendio, e in cima qualcosa si muove. Gli animali si mettono a correre e a far gazzarra. Poi. di botto, si fermano: c'era una rondine ferma a mezz'aria, non muoveva nemmeno le ali. C'è una collina, e in cima alla collina c'è un bue e un asino. i! canguro va a parlare con quelli, e vedo, i in pare di vedere che è un discorso da vecchi amici. L'asino ride, qualcuno degli animai ha un leggero trasalimento. Qualcuno ni; tocca la spalla e faccio un salto da tenne niente male per un Hemingway. E' Gaspare. Con lui ci sono altri due che non conosce. Ci facciamo un cenno di saluto, ma neanche una parola. Poi. la sapete anche voi. quella buffi storia, avete letto il mio articolo. Il bue. sino si fanno da parte, e il canguro si abba>> . come per raccogliere qualcosa da terra. F. poi... Do un'occhiata al mio fianco e vedo Gaspare livido, che trema, e tremano gii altri due. e m'accorso,che hanno delle valigette con targhe di viaggi prestigiosi, buttate ai loro piedi. Tra noi e il canguro, ce n'era di spazio, ed era lutto pieno di animali, anche elefanti e leopardi e giraffe. Ma insomma, era impossibile non vedere di che si trattav a. Quando il cansuro si drizzò — e sembrava enorme, in cima alla collina, il più enorme canguro o bestione che abbia mai visto, quello che resseva tra le zampe — una cosa incredibile, impossibile! — era un asnello /- \